mercoledì 16 dicembre 2020
Si festeggia il mezzo secolo della concattedrale voluta dall’arcivescovo Mottoles e progettata da Gio Ponti
La concattedrale di Taranto dedicata alla Gran Madre di Dio

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La città di Taranto ha festeggiato, il 7 dicembre scorso, i 50 anni della sua concattedrale che, dedicata alla Gran Madre di Dio e completata nel 1970, è diventata un simbolo della città. Per celebrare l’anniversario è stata allestita una mostra nel Museo diocesano (in attesa dell’apertura post Covid), creato un sito molto ben fatto (concattedraletaranto2020.it) e il libro Gio Ponti e la concattedrale di Taranto (Silvana Editoriale, pagine 416, euro 26,00) che raccoglie le lettere, spesso vere e proprie opere d’arte, dell’architetto all’arcivescovo Guglielmo Mottolese, committente forte dell’opera.

Una delle massime espressioni dell’architettura contemporanea, la concattedrale tarantina si distingue per l’invenzione della “vela”, l’elemento che sorge a mezzo sul suo volume e si eleva al cielo, confondendosi nella luce e nel vento grazie alla trama che l’attraversa tutta, composta da elaborazioni geometriche sul tema del “diamante”, la figura a esagono allungato che Gio Ponti assumeva come espressione di perfezione e aveva tanto cara da farne il motivo ispiratore dei suoi principali progetti. «Ho pensato: due facciate – spiegava l’architetto – Una, la minore, con le porte per accedere alla chiesa. L’altra, la maggiore, accessibile solo allo sguardo e al vento: una facciata per l’aria, con ottanta finestre aperte all’Immenso, che è la dimensione del mistero... Altrimenti dove si dovrebbero sedere gli angeli?».

Il motivo a diamante ritorna ovunque nel grande edificio: nelle cuspidi che sormontano porte e finestre all’esterno come all’esterno, nei motivi ornamentali, nel disegno della cattedra vescovile e delle sedute dei concelebranti, nelle scansioni dei colonnati che fanno dello spazio interno un ambiente tanto celestiale quanto ricco di rimembranze marinare, visibili per esempio nelle croci che riprendono la figura dell’ancora. Sulla piazza che si dilunga come un viale di fronte alla concattedrale si susseguono, su piani in progressiva sopraelevazione, tre specchi d’acqua che riflettono l’immagine della complessa facciata. Si comprende così come questo straordinario edificio non solo sappia slanciarsi verso il cielo, ma ma con la vela si rivolga allo stesso modo anche al vicino mare. In preparazione del cinquantenario le vasche sono state restaurate, così come anche l’impianto di illuminazione esterna senza il quale non si otterrebbe un magico effetto del rispecchiamento nella notte.

«Gio Ponti – ha detto l’arcivescovo di Taranto Filippo Santoro nel celebrare l’anniversario – ha concepito la concattedrale non come una fortezza ma come un vascello, echeggiante la biblica arca, la cui vela è un’architettonica preghiera che si alza verso il Cielo... A noi che abbiamo ereditato questo patrimonio di arte e di fede, è data la responsabilità di doverlo e saperlo custodire e valorizzare». Ma è un’architettura tanto preziosa quanto delicata. Una decina di anni fa le raffinate trame caratterizzanti le facciate si presentavano in condizioni di forte degrado: il calcestruzzo di cui si compongono, insidiato dalle intemperie aveva subito distacchi, i ferri dell’armatura erano ossidati, la stabilità della vela era minacciata.

Giuseppe Russo, all’epoca direttore del Servizio nazionale per l’edilizia di culto della Cei e conoscitore della concattedrale essendo stato responsabile dei Beni culturali ecclesiastici nell’Arcidiocesi di Taranto, si occupò del suo ripristino e oggi ricorda: «Non solo la vela, ma anche l’aula liturgica negli anni è già stata oggetto di interventi di restauro. Nell’occasione di questo anniversario ho visto Arcidiocesi, Comune e Soprintendenza protesi insieme per riconsegnare l’opera alla città, occupandosi delle condizioni dell’intorno dell’edificio. Infatti bisogna sempre ricordare che le opere di maestri come Gio Ponti non sono mai oggetti isolati, ma attivano una rete di rapporti che definiscono e qualificano tutto l’insieme urbano e positivamente contribuiscono al benessere sociale. Né possiamo ignorare che la concattedrale attende un’azione di conservazione e valorizzazione da parte di tutti, e non solo occasionalmente, ma costantemente». Non v’è città europea che non si riconosca nella propria basilica: la Taranto contemporanea trova proprio nella Concattedrale il suo più importante segno distintivo, il suo araldo agli occhi del mondo.

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