giovedì 15 febbraio 2024
Il 40enne regista romano Stefano Di Pietro firma il documentario “War on Education” che denuncia i danni alla memoria del popolo ucraino
Le scuole ucraine bombardate: scena tratta dal docufilm ”War on Education” diretto dal regista romano Stefano Di Pietro

Le scuole ucraine bombardate: scena tratta dal docufilm ”War on Education” diretto dal regista romano Stefano Di Pietro - Immagine dal docufilm

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Una guerra per colpire la cultura, l’arte, la memoria, la lingua e dunque l’identità di un popolo. Un’ invasione per far tacere le armi del sapere e per riscrivere la Storia perché, come diceva George Owell, «chi controlla il passato controllerà il futuro e chi controlla la lingua controlla il pensiero». È a partire da questo affascinante punto di vista che Stefano Di Pietro ha realizzato il documentario War on Education: attraverso il racconto di un gruppo di insegnati ucraini si mostra come il genocidio culturale di un popolo, tipico di ogni totalitarismo teso a manipolare informazioni e coscienze, fosse già stato teorizzato al tempo degli Zar. La sistematica distruzione di scuole e asili, università, musei e archivi è dunque finalizzata anche nella guerra in corso a quel processo di russificazi8one al quale gli ucraini stanno da decenni tentando di sottrarsi.

«Tutto è cominciato – dice il quarantenne regista romano – quando il direttore di Euroclio, associazione di storici con la quale collaboro da tempo, mi ha parlato di alcuni insegnanti ucraini che gli avevano chiesto aiuto per stampare i libri di storia per i loro studenti, dopo che tutti i fondi destinati alle scuole erano stati sottratti all’istruzione e destinati alla guerra. Per aiutare la raccolta fondi per una riforma del sistema educativo locale realizzai il corto Books not Bombs, presentato all’Osservatorio del Consiglio d’Europa di Bruxelles e vincitore di un Premio consegnatomi da un giudice dal Tribunale della Corte di Giustizia Internazionale dellʼAia. Le incredibili conversazioni avute con gli ucraini in quell’occasione mi hanno fatto capire che c’era ancora moltissimo da raccontare e che la vicenda di questo gruppo si iscriveva in qualcosa di molto più grande. Dieci anni fa gli ucraini erano scesi in piazza perché l’allora presidente Viktor Janukovyč, uomo di Putin, rifiutava l’ingresso in Europa e venne raggiunto da un mandato di arresto perché aveva sparato sulla folla, provocando centinaia di morti. Per evitare l’entrata di Europa dell’Ucraina, che doveva dimostrare di avere i conti in ordine, Mosca promise infatti più soldi e Janukovyč era deciso a accettare offerta di Putin. Le proteste durarono mesi, gli scontri divennero violenti, il governo del presidente fu rovesciato e Janukovyč scappò a Mosca con l’aiuto Putin. L’Ucraina è sempre stata storicamente impegnata a sottrarsi alla sfera di influenza sovietica per accogliere un sistema educativo più libero e moderno. Per questo oggi una delle conseguenze dell’invasione è una vera e propria guerra all’istruzione, all’identità e alla cultura, volta a fermare l’emancipazione di un popolo. I Russi hanno distrutto più di 3mila scuole e rapito più di 10mila bambini ucraini per deportarli nel proprio Paese dove vengono “rieducati” studiando nuovi libri di storia in cui gli Ucraini sono dipinti tutti come neonazisti».

A Kyiv Di Pietro ha incontrato il Ministro dell’Istruzione, Oksen Lisovyi, la responsabile Unicef, un noto giornalista del “Kyiv Independent”, il professor Georgiy Kasianov, oltre a tante persone che hanno perso tutto, ma continuano a lottare per la ricostruzione. «Donne e uomini – continua – accomunati da una forte resilienza e consapevoli che la ricostruzione non avrà senso se non partirà da questa guerra invisibile, una guerra che si combatte per le nuove generazioni, per i figli dei nostri figli, per rompere il cerchio, per cambiare veramente le cose. Gli insegnanti fanno proprio questo: invece che alla propria pelle pensano a stampare nuovi libri e trovare fondi per i ragazzi. La Russia sa bene come utilizzare l’informazione a scopi ideologici, come arma di manipolazione. L’educazione e la cultura hanno invece il potere di creare una coscienza, sono l’antidoto ai totalitarismi».

È un fan del genere distopico Di Pietro, e non di rado guardando il documentario si ha l’impressione di trovarsi in uno di quei film dove un manipolo di eroi è impegnato a salvare il mondo proteggendo l’ultimo grande tesoro dell’umanità: un libro. Uno di quegli incubi che sembrano appartenere solo al passato oppure al futuro, e che invece è il presente, a due passi dai nostri confini. «Primo tra tutti c’è Ray Bradbury, l’autore di Fahrenheit 451, ambientato in un mondo dove la lettura è proibita e la cultura è sotto attacco».

Il film, distribuito nel mondo da Off The Fence, verrà mostrato in occasione dell’anniversario dell’inizio della guerra in diverse città europee, tra cui anche Amsterdam, Bruxelles, Varsavia, Milano, in attesa di un possibile approdo in tv e su piattaforma.




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