venerdì 14 giugno 2013
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Tre scrigni ricchi di tesori che sembrano galleggiare sulle acque. Si presentano così, viste dalla terraferma, l’Isola Bella e l’Isola Madre, che con la più piccola Isola dei Pescatori formano il complesso delle isole Borromee sul lago Maggiore. Il nome dei Borromeo, dopotutto, è strettamente legato a molte località che si affacciano sulle sponde del Verbano.Una gita alla scoperta dei tanti monumenti fatti costruire dalla potente famiglia di origine toscana, trasferitasi a Milano nella seconda metà del 1300, non può che iniziare dalla sponda orientale in provincia di Varese, dove si erge ancora oggi l’imponente Rocca di Angera. Fondata prima del Mille dai Longobardi, venne poi ampliata dai Visconti che verso il 1450 la cedettero ai Borromeo, assieme a un altro castello in posizione speculare sulla riva opposta, sopra al borgo di Arona. Fu proprio qui che nel 1538 nacque san Carlo: in suo onore, alla fine del 1600 venne eretta la colossale statua, nota come el Sancarlùn, che domina il lago dai suoi 23 metri di altezza (che arrivano a 35 con il piedistallo). Se la Rocca di Arona, che pure resistette a numerosi assedi, fu distrutta dall’esercito napoleonico nel 1800, quella di Angera è arrivata fino ai giorni nostri anche se con alcuni rifacimenti. Nota soprattutto per il ciclo di affreschi pre-giotteschi nella Sala della Giustizia (che secondo gli storici si richiamano alla battaglia di Desio del 1277), la fortezza ospita al piano terra un insolito museo dedicato alla Bambola e ai Giocattoli antichi, che nel suo genere è il più grande in Europa. Ideato da Bona Borromeo Arese, presenta migliaia di esemplari rappresentativi dell’"epoca d’oro" del giocattolo industriale in Europa, dal primo ’800 fino a tutto il ’900. La Rocca rientra nel circuito di visita delle Isole Borromee. Da Angera, navigando lungo il versante occidentale, si arriva a Stresa, sotto le pendici del Mottarone che divide il lago Maggiore dal lago d’Orta. È da qui che con un unico colpo d’occhio si vedono "in sequenza" le tre isole: veri e propri scrigni tanto preziosi quanto fragili, esposti a violenti fortunali, come quello della scorsa estate che ha danneggiato il Palazzo Borromeo sull’Isola Bella. Nel maestoso edificio, aperto al pubblico fino a novembre, è possibile ammirare i sontuosi interni con la ricca pinacoteca di famiglia.La novità di quest’anno è nell’ultima galleria: è qui che sono di nuovo esposti sei arazzi fiamminghi cinquecenteschi, dopo due anni di restauri affidati alla Royal Manufacturers De Wit di Mechelen, in Belgio. Un lungo e costoso intervento, necessario a salvare dal tempo e dall’umidità questi capolavori, di proprietà dei principi Borromeo da fine ’700. Secondo gli esperti, sarebbero appartenuti prima al cardinale Mazzarino, che li avrebbe acquistati dalla famiglia di Guisa. I soggetti sono quanto mai complessi: vi sono raffigurati esclusivamente animali mitologici o selvatici come allegorie del peccato e della redenzione. In particolare il Male assume l’aspetto del liocorno, mentre il leone sarebbe un chiaro riferimento a Cristo (l’esecuzione risale alle guerre di religione tra cattolici e ugonotti che sconvolsero la Francia del XVI secolo sotto Caterina de’ Medici). Anche la tecnica è tra le più complesse mai realizzate: ogni arazzo ha una fitta trama di lana e seta con fili d’oro e d’argento e una densità dell’ordito che vede intrecciati ben 9 fili a centimetro. Il Palazzo fronteggia la piccola Isola dei pescatori che prende il nome dal pittoresco villaggio abitato ancora oggi: nel pomeriggio le due isole finiscono coperte dal cono d’ombra del Mottarone, a differenza della terza "perla" del lago, l’Isola Madre, che si trova al centro del Golfo Borromeo. Non è una differenza da poco: proprio questa ottima posizione le garantisce un’illuminazione completa tutto il giorno, e ha fatto sì che i principi vi coltivassero sin dal 1800 piante esotiche come palme, cactus, camelie, persino eucalipti.Altra novità di quest’anno è l’inaugurazione della terrazza delle protee: dopo 30 anni di tentativi, queste delicate piante floreali provenienti dall’Africa sono finalmente riuscite ad attecchire e ora, con l’arrivo dell’estate, è pronta la prima fioritura. Dalle opere d’arte dell’Isola Bella si passa così alle bellezze naturali dell’isola più grande, "scampata" al fortunale dell’estate scorsa ma non a un altro, che nel 2005 ha danneggiato l’albero più celebre: un cipresso proveniente dal Cashmere. In questi mesi di apertura, il parco torna a ospitare un’installazione di Velasco Vitali, la "Foresta rossa": attorno al cippo del cipresso, una grande giostra ricorda il parco giochi e la foresta di Pripyat, la città dove abitavano gli operai della centrale di Chernobyl. Le seggioline vuote rievocano l’abbandono seguito al disastro del 1986, creando un’atmosfera sospesa, quasi surreale. Anche se da quel lontano inferno sovietico all’Eden del Verbano, la distanza è davvero siderale.
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