giovedì 17 dicembre 2009
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Dannarsi l’anima per scrivere una nuova hit con cui accalappiare la generazione dell’iPod non è esattamente l’aspirazione che guida oggi le scelte di Sting. Anche se poi le soddisfazioni di classifica arrivano lo stesso, come dimostra il disco di platino ricevuto dal musicista di Newcastle l’altra sera a Parigi, nei camerini della Salle Pleyel, per le vendite italiane di If on a winter’s night…, l’album con cui riapproda ai lidi della musica colta marchiata Deutsche Grammophon dopo la parentesi rock coi Police. In tutto centomila o giù di lì che con la complicità del Natale potrebbero portarlo al doppio platino consentendogli, bilanci alla mano, di stracciare tanti altri colleghi molto più benvoluti da radio e tv a dimostrazione che con questi tempi di crisi il mercato non è solo in mano ai media. Come spiega il suo stesso autore, questo è un album che fa suoi gli argomenti dell’inverno limitandosi però a sfiorare l’argomento del Natale in maniera solo incidentale. «L’inverno è il tempo delle riflessioni, la stagione in cui l’unica luce a brillare è quella del cuore, ma questo "sonnolento intervallo" è utilissimo a ritemprare il fisico e la mente nell’attesa che la primavera torni ad esplodere» ammette. «Solo dopo aver vinto i fantasmi della stagione buia e fredda, infatti, arriva il tempo della rinascita».L’operazione spazia dal liederismo tedesco a echi di Bach, dal folk gaelico al pop contemporaneo giocando su più piani interpretativi. «Ho puntato su un pugno di canzoni da ascoltare davanti al camino, concepite nella mia casa in Italia durante l’inverno ma poi finite al sole di Los Angeles e di New York in estate» prosegue Sting, che frattanto ha dato alle stampe pure un dvd legato a questo suo nuovo repertorio, girato nella Cattedrale di Durham poco lontano dai posti in cui è nato e cresciuto. «Quel che conta infatti è il sentimento che riescono a trasmettere. Basta guardare la foto di copertina, che sembra scattata in qualche foresta del nord e invece l’abbiamo sull’Appennino toscano, a cinque minuti da casa mia, per di più in aprile». Tutto per non lasciarsi battere dalla noia. «La mia vita non è stata un continuum, ma un percorso a tappe; conquistato un traguardo ne ho sempre individuato uno nuovo e ancor più stimolante da raggiungere.  Ecco perché non so ancora cosa ha in serbo per me il futuro. Mi piacerebbe scrivere per il teatro e tengo da parte idee, appunti, riflessioni. Non è detto che tutto questo non possa trasformarsi in qualcosa».In Italia per il momento questo concerto non transiterà, anche se qualche tempo fa era affiorata addirittura l’idea della Scala. «Cantare nel tempio della musica lirica sarebbe avvincente, ma lo farei con un’opera moderna, non con Verdi o Puccini» prende le distanze lui. «Con la voce che ho, anche se in certi contesti riesce ad assumere un sapore antico, mi sentirei inadeguato». Dici Milano e finisci per parlare anche di politica. «Anche se in Italia mi sento ospite e quindi lontano dalla condizione di poter esprimere giudizi, sono rimasto turbato come chiunque altro dall’aggressione a Berlusconi e dalle sue immagini sanguinante. È che da voi tutto ha il sapore di tragedia shakespeariana, i sentimenti sono così polarizzati che o stai di qua o di là. Come nell’antica Roma».
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