giovedì 28 febbraio 2019
Lo studio dell’Istituto Mario Negri conferma il rischio insorgenza della Sla più elevato tra i calciatori di Serie A che si ammalano di più e molto prima di altre categorie professionali
Stefano Borgonovo con Roberto Baggio nel 2008 (Fotogramma)

Stefano Borgonovo con Roberto Baggio nel 2008 (Fotogramma)

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Che la Sla (Sclerosi laterale amiotrofica) sia anche il “Morbo del pallone”, noi di "Avvenire" lo pensiamo e lo scriviamo da tempo, ovviamente sulla scorta di quelli che sono gli studi scientifici. L’ultimo studio, quello appena completato dall’Istituto Mario Negri di Milano e che da oggi viene divulgato negli Stati Uniti - dall’American Academy of Neurology - non fa che confermare questo tragico sospetto: i calciatori si ammalerebbero di più e temporalmente molto prima delle altre categorie professionali.

Seguendo la prima e unica inchiesta al mondo effettuata sul “calcio malato” dal giudice di Torino Raffaele Guariniello (inchiesta partita nel 1998 e confluita nel processo per doping intentato alla Juventus) quei decessi di calciatori avvenuti a causa della Sla li abbiamo fatti rientrare nella casistica luttuosa delle “morti bianche” del pallone nazionale. E dalle reiterate inchieste di "Avvenire", tra morti bianche e malati di Sla risultano oltre cinquanta casi di calciatori.

Cosa dicevano le ricerche precedenti?

Ma questo accuratissimo studio scientifico condotto dal dottor Ettrore Beghi e dalla dottoressa Elisabetta Pupillo dell’Istituto Mario Negri, realizzato in collaborazione con la dottoressa Letizia Mazzini dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Novara e il dottor Nicola Vanacore dell’Istituto Superiore di Sanità di Roma, di casi accertati di Sla nel calcio italiano ne ha visti emergere 32. «Sono i casi di calciatori morti di Sla che abbiamo riscontrato consultando tutte le collezioni degli album Panini, dalla stagione 1959-’60 a quella del 1999-2000, arrivando fino al 2018 con un follow-up sulla popolazione calcistica allargato rispetto ai due studi epidemiologici precedenti che si fermavano al 2005». Anno di pubblicazione degli studi epidemiologici eseguiti dal dottor Vanacore e lo staff dell’Istituto Superiore di Sanità di Roma e l’altro, dal team del professore Adriano Chiò, neurologo ed epidemiologo dell’Università di Torino.

Lo studio di Vanacore si era basato sui certificati di morte dei calciatori, quello di Chiò sulle cartelle cliniche acquisite. Il cluster di Vanacore verteva su una popolazione di circa 24mila calciatori di Serie A, B e C, in attività tra il 1960 e il 1996. La perizia del professor Chiò invece venne condotta su un cluster di 7.325 calciatori professionisti italiani in attività nei campionati di A e B negli anni che vanno dal 1970 al 2001. In entrambi gli studi, 8 furono i decessi accertati di calciatori morti di Sla: morti che salirono a 24 con quelli riscontrati nell’inchiesta giuridica parallela condotta dal giudice Guariniello.

Le conferme e le novità della nuova ricerca

«Questo del Mario Negri, a cui abbiamo prestato il nostro piccolo contributo, è il primo studio epidemiologico fuori dal contesto giudiziario, in cui si riparte da zero riformulando la coorte dei calciatori», spiega soddisfatto il dottor Vanacore. «Una coorte che si è concentrata su 23.875 calciatori di Serie A, B e C e il rischio ricalcolato sulla popolazione calcistica è circa 2 volte di più rispetto alla popolazione generale. Analizzando la Serie A addirittura il rischio sale a 6 volte di più», interviene il dottor Beghi.

E non è detto che questo sia il dato definitivo perché ci può essere anche «una sottostima, data da casi che sono sfuggiti alle inchieste giornalistiche e quindi anche a quelle giuridiche. E per arrivare a far luce a trecentosessanta gradi sulla relazione Sla e calcio occorrerebbe arrivare alle cartelle cliniche di tutti i calciatori che si sono ammalati e sono morti a causa del morbo», sottolinea il team del Mario Negri.

Ricapitolando, al momento dunque due i dati fondamentali che emergono dallo studio del Negri e che verranno presentati e discussi, a maggio negli Usa, al prossimo convegno di Filadelfia promosso dall’American Academy Neurology. «Il primo dato nuovo che è emerso e assai significativo ed è appunto il fattore rischio e poi il fatto che i calciatori si ammalano di Sla in età più giovane rispetto agli altri malati. L’insorgenza della malattia nella nostra coorte di calciatori si attesta sui 43.3 anni mentre quella della popolazione generale in Europa è di 65.2 anni. Quindi ci troviamo di fronte a un’insorgenza anticipata di 22 anni per quello che attiene ai calciatori» sottolinea la dottoressa Pupillo. Il calciatore si ammala di più e si ammala prima di Sla.

Chi sono i più colpiti?

Il ruolo in campo più colpito dalla Sla sembra essere quello dei centrocampisti (14), oltre il doppio degli attaccanti (6) e poi i difensori 9 (3 i casi di portieri). Un dato che scuote Damiano Tommasi, ex centrocampista della Roma e della Nazionale e attuale presidente dell’Assocalciatori che sta collaborando fattivamente con l’Istituto Mario Negri dove si sta varando un progetto di sorveglianza sanitaria sugli ex calciatori professionisti. «Da parte mia e dell’Aic c’è la massima disponibilità, consapevoli che il mondo del calcio è colpito direttamente da questa malattia e anche del fatto che essendoci in Italia 5mila malati di Sla (molti dei quali chiaramente non hanno giocato a pallone) possiamo dare il nostro personale contributo alla squadra dei ricercatori di cui, da questo momento ci sentiamo parte integrante».

Una squadra che lotta ogni giorno nel nome e nel ricordo di capitani coraggiosi come Armando Segato, Gianluca Signorini e Adriano Lombardi, stroncati prematuramente dalla Sla. L’ultima vittima che ha calcato i nostri campi di gioco è stato l’arbitro Giuseppe Rosica, il primo direttore di gara di Serie A morto di Sla. «E anche sugli arbitri andrà allargato lo spettro degli studi futuri», conclude Vanacore, con il sorriso e con quella speranza che fino all’ultimo giorno ha regalato al mondo anche Stefano Borgonovo, il bomber, ultimo grande testimone della lotta alla Sla, che prima di andarsene (nel 2013) ha detto alla sua famiglia e a tutti coloro che stanno lottando contro il terribile morbo, «ci rivedremo in piedi».

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