martedì 11 novembre 2008
Nel complesso abbaziale delle Tre Fontane successo della "fusion" che ha messo insieme musica e poesia, danza e recitazione, riprese tv e rappresentazione dal vivo. Un amalgama tra testi scritti agli albori del cristianesimo e situazioni odierne: le violenze in India e Medio Oriente, la fede conformata alla mentalità corrente.
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Se fosse stato fisicamente presente, si può essere quasi certi che anche san Paolo si sarebbe unito all’interminabile applauso che ha salutato la conclusione del concerto spirituale, l’Apostolo delle genti, messo in scena sabato sera nel complesso abbaziale delle Tre Fontane, cioè proprio il luogo dove il grande convertito trovò il proprio martirio. Lui che a suoi tempi usò ogni mezzo disponibile per evangelizzare in lungo e in largo, non sarebbe rimasto insensibile – pensiamo – di fronte al modo di tradurre, 2000 anni dopo, la sua stessa metodologia apostolica. Soprattutto avrebbe apprezzato lo sforzo compiuto dagli ideatori, autori e interpreti dello spettacolo, per annunciare la Buona Novella con i linguaggi artistici e tecnologici messi a disposizione dall’ingegno umano all’alba del terzo millennio.Perché in fondo questo è L’Apostolo delle genti. Un grande e riuscito esperimento di quella che nel mondo dello spettacolo viene chiamata "fusion". Fusione tra musica e poesia, tra danza e recitazione, tra immagini, riprese televisive (effettuate da Sat2000, insieme con alcuni contributi filmati) e rappresentazione dal vivo. Fusione persino tra testi scritti e pensati agli albori del cristianesimo (le Lettere di San Paolo, appunto) e le situazioni di oggi, come le persecuzioni dei cristiani nell’Orissa o in Medio Oriente, la fede tiepida e conformata al secolo di tanti cristiani di oggi, la ricerca spirituale (a volte persino inconsapevole) di tanti uomini e donne smarriti in una quotidianità senza slanci trascendenti. Il tutto finalizzato a dimostrare che la Parola di Dio (come hanno ricordato anche i Padri del recente Sinodo) non appartiene al passato, ma conserva una sua permanente attualità.Così il Concerto spirituale promosso dai Servizi nazionali della Cei per il Progetto culturale e per la Pastorale giovanile si colloca come un punto fermo di assoluto valore artistico e spirituale tra le molte iniziative dell’Anno Paolino inaugurato dal Papa lo scorso 29 giugno. Un anno che sta favorendo in tutta la Penisola un fiorire di eventi, curati dalla Cei e dalle diocesi italiane, e che nell’occasione ha rinverdito anche un altro tipo di collaborazione: quello tra la Pastorale giovanile e il Progetto culturale, grazie all’esplorazione creativa di linguaggi che ai giovani sono particolarmente congeniali: musica, danza, poesia e uso delle tecnologie.L’idea di fondo della rappresentazione (che si deve a don Alessandro Amapani, lui l’artefice della serata) innesta, infatti, tutti questi elementi su una struttura di base semplice ma al tempo stesso brillante. Far parlare San Paolo attraverso le sue Lettere, riscritte, però da padre Ermes Ronchi con un occhio alla contemporaneità. L’itinerario si compone così di otto quadri scenici, interpretati da Paolo (l’attore Cristiano Burgio, per la parte recitativa, e il danzatore Rezart Stafa, per le coreografie, entrambi perfettamente calati nella parte). L’Apostolo interagisce con Filemone (Fausto Verginelli) e Gesù (Luca Violini), con i ballerini della Compagnia Balletto Classico di Liliana Cosi (presente alla serata) e Marinel Stefanescu, con il Coro e l’Orchestra dell’Accademia delle Arti, diretti da Fabio Avolio, e con il Gen Verde, gruppo musicale femminile espressione del Movimento dei Focolari. Come si vede, il frutto di un lavoro di équipe che ha coinvolto molte diverse professionalità. A partire dalla direzione artistica oltre che di Alessandro Amapani anche di Paola Stradi, e dalla supervisione di Ernesto Diaco. La parte sonora, poi, si segnala per una scelta di musiche (alcune delle quali composte per l’occasione) estremamente varia e in alcuni casi davvero coraggiosa. Come quella di mettere in scaletta il "Veni creator Spiritus" gregoriano e il jazz del chitarrista Pat Metheny, la musica contemporanea di Duruflé e quella rinascimentale-barocca di Monteverdi, oltre ad altri autori come Einaudi, Enescu, Henderson, Parisi, Puri e Rutter. Armoniosi gli arrangiamenti di Stefano Puri e competente la consulenza di Antonio Parisi e Thérèse Henderson. Le scenografie e i costumi, molto suggetivi, sono stati curati da Enzo Gagliardi, mentre la regia teatrale – puntuale e sobria – è stata affidata a Massimo Masini.Sulla scena l’imponente presenza di Burgio-San Paolo si è alternata ai momenti musicali e danzanti, disseminati lungo l’itinerario come altrettante soste di riflessione. Fino all’approdo del martirio che ha chiuso anche la serata. Una grande tenda nera, che si è aperta su una luce bianca fortissima, mentre orchestra e coro eseguivano il Gloria. Perché in definitiva Paolo, come tutti i santi, continua a dare testimonianza anche oggi della Risurrezione. La vera e unica Buona Novella di ieri, di oggi e di sempre.
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