domenica 4 agosto 2019
Il maestro racconta il lavoro con cinque giovani direttori dell'Italian Opera Academy a Ravenna: "Trasmetto loro metodo e strumenti per creare insieme agli altri"
La giovane cinese Jiannan Cheng sul podio e Riccardo Muti durante le lezioni dell'Italian Opera Academy a Ravenna (Zani-Casadio)

La giovane cinese Jiannan Cheng sul podio e Riccardo Muti durante le lezioni dell'Italian Opera Academy a Ravenna (Zani-Casadio)

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La bacchetta che passa di mano in mano ai cinque direttori d’orchestra sul palco del Teatro Alighieri di Ravenna ti fa pensare al testimone, al tubo di metallo che i velocisti della staffetta si scambiano di corsa sulla pista rossa. E anche se alla fine ci sono i diplomi, consegnati personalmente da Riccardo Muti, il sapore è tutt’altro che quello di una gara. O meglio. Una gara, ma di quelle che si affrontano tutti insieme. Proprio come in una squadra, ognuno a tirare la volata nella sua frazione. Che all’Italian Opera Academy non sono i cento metri della 4x100 delle Olimpiadi, ma qualche decina di pagine della partitura delle mozartiane Nozze di Figaro. Preparate in “allenamento” in teatro nelle due settimane di prove al pianoforte, di letture con i cantanti, di concertazione con l’orchestra prima della “finale”, il concerto di venerdì all’Alighieri quando Jiannan Cheng, Lik-Hin Lam, David Bui, Nicolò Foron e Felix Hornbachner sotto lo sguardo di Muti si sono confrontati con il melodramma più popolare del musicista di Salisburgo.
Dopo il Verdi di Falstaff, Traviata, Aida e Macbeth, il maestro per la quinta edizione della sua scuola dell’opera italiana (iniziativa esportata anche in Giappone dove a marzo 2020 la seconda edizione sarà incentrata sul verdiano Macbeth) ha scelto la storia che Mozart ha messo in musica ispirandosi alla commedia di Beaumarchais.
«Si tratta di un regalo che il compositore fa al repertorio italiano perché non c’è dubbio che si tratti di un capolavoro italiano. Non solo perché composto su un libretto poetico nella nostra lingua, ma perché testimonia di quanto Mozart non solo parlasse e conoscesse l’italiano, ma avesse capito fino in fondo l’incedere tipico della nostra pronuncia, la melodia e il ritmo delle parole, il filo espressivo che attraversa le frasi, sia nei recitativi – che poi saranno l’esempio per la perfezione di quelli verdiani – sia nelle arie» racconta Muti spiegando la scelta del titolo. L’edizione 2019 si è chiusa ieri con un concerto straordinario diretto da Muti (dopo quello di mercoledì a Ravenna) a Rimini alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nella cornice del rinnovato Teatro Galli per l’inaugurazione della Sagra musicale malatestiana. Sul leggio sempre Le nozze di Figaro che dal 20 luglio sono stati il sussidiario dei cinque giovani direttori d’orchestra scelti da Muti per l’Academy tra più di duecento candidati provenienti da tutto il mondo. Quattro ragazzi e una ragazza: la cinese Jiannan Cheng diplomata al Conservatorio di Pechino e il connazionale Lik-Hin Lam formatosi a Vienna dove è già salito più volte sul podio, l’austriaco Felix Hornbachner, il tedesco di origini vietnamite David Quang Tho Bui che si è formato a Berlino studiando direzione d’orchestra, ma anche ingegneria e l’italo-tedesco Nicolò Umberto Foron, nato a Genova in una famiglia di musicisti e sin da piccolo impegnato nello studio del violoncello e del pianoforte. «Si sono formati nelle migliori accademie europee e americane e sono molto preparati, ma allo stesso tempo sanno poco o nulla su come si diriga un’opera italiana » racconta Muti che per due settimane ha messo sotto la lente di ingrandimento la parti- tura di Mozart per spiegare come si dirige il melodramma italiano.
«Oggi il mondo corre, ma per fare l’opera ci vuole tempo. Il tempo di studiare e di analizzare con rigore la partitura; il tempo di comprendere e di trasmettere a orchestra e cantanti il carattere e l’evoluzione dei personaggi, quindi le intenzioni del compositore; il tempo di provare e riprovare l’insieme vocale e strumentale, calibrandone con cura gli equilibri drammaturgico- musicali» spiega Muti ai ragazzi. Tutti seduti intorno al podio a prendere appunti, pronti a impugnare la bacchetta sotto lo sguardo del maestro per dare l’attacco della sinfonia o per non perdere il filo del concertato che chiude il secondo atto. Il “laboratorio” nel quale sperimentarsi è costituito da l’Orchestra giovanile Luigi Cherubini insieme alle voci di Alessio Arduini (Figaro), Luca Micheletti (attore e regista di prosa prima di mettersi in gioco come baritono nei panni del Conte), Damiana Mizzi (Susanna), Serena Gamberoni (la Contessa) e Paola Gardina (Cherubino). Accanto a loro, sul palco dell’Alighieri, i tre maestri collaboratori scelti da Muti Veronica Cornacchio, Clelia Noviello Tommasino e Daniel Strahilevitz per imparare un lavoro che ha ancora il sapore della bottega, del fare, del costruire qualcosa insieme. «Mi sento in dovere di trasmettere ai giovani il metodo e gli strumenti che hanno permesso a me di arrivare fin qui, in particolare credo si debba recuperare la capacità, troppo spesso dimenticata, di concertare, ovvero di costruire la regia musicale di un titolo lavorando a fondo con i cantanti al pianoforte, o ragionando con l’orchestra sulle caratteristiche e sui dettagli anche della partitura» riflette Muti mentre i cinque 'diplomati' rimettono la bacchetta nella loro custodia. Il testimone consegnato loro da Muti, da estrarre quando saliranno sul podio di teatri e sale da concerto di tutto il mondo.

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