sabato 30 ottobre 2010
Forte indignazione per il programma Rai 3. Però c’è chi minimizza, come il portavoce di Articolo 21, Giuseppe Giulietti. Ruffini e Ghezzi: «Abbiamo sbagliato». Merlo, deputato Pd: «Spettacolo blasfemo». Volontè (Udc): si sta davvero toccando il fondo.
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Quando si sbaglia c’è una sola cosa corretta da fare ed è ammettere l’errore, chiedere scusa», fa sapere in una nota Paolo Ruffini, direttore di Raitre, dopo che ieri Avvenire aveva denunciato l’impatto blasfemo e razzista della puntata di Blob di mercoledì scorso. E dopo le scuse, con onestà intellettuale, Ruffini ha aggiunto che l’altro comportamento corretto è «operare in modo che quanto avvenuto non abbia a ripetersi, senza per questo pensare di avere la regola dell’infallibilità».Ancora: «Questo – va avanti Ruffini – è quello che come direttore di Raitre ho il dovere di fare». Considerando Blob «un programma intelligente, irriverente, geniale a volte, sempre spiazzante», però «non è mai intenzione di Blob offendere qualcuno o non rispettare regole e sensibilità», tuttavia «gli errori vanno ammessi. Il finale di mercoledì scorso conteneva un monologo del film di Spike Lee La 25a ora» con la sua lunga invettiva, che però – secondo il direttore di Raitre – «né nel film né in Blob avrebbe voluto mai essere interpretata con una bestemmia. Ma siccome sono state ferite sensibilità che meritano rispetto, è stato comunque un errore. gli errori si commettono e bisogna avere il coraggio di ammetterli. Ne ho parlato con Enrico Ghezzi, che concorda con me». Infine la difesa del programma di Ghezzi: «A chi però dovesse ritenere Blob un problema della tivù italiana, o pensare che un errore possa cancellare una storia, credo sia giusto ricordare sommessamente che, semmai, da quando esiste, Blob ha sempre esercitato una funzione di critica della tv più corriva».Tuttavia l’indignazione è stata forte. «Nel caos che regna nella Rai, le regole saltano quasi automaticamente», annota Giorgio Merlo, deputato Pd e vicepresidente della commissione di Vigilanza, che definisce Blob di mercoledì «uno spettacolo semplicemente blasfemo», ma che sottolinea come anche la fiction Terra ribelle abbia avuto «immagini poco compatibili con la cosiddetta “fascia protetta”». E nel Pd manifesta grande “sopresa” anche il vicepresidente della Commissione Affari Europei, Enrico Farinone: «Apprendo da Avvenire e dall’Aiart con stupore che mercoledì alle venti sono andate in onda bestemmie e insulti a Blob. È il segno di un degrado del servizio pubblico che non può essere sottovalutato. Non penso che nel resto d’Europa succeda altrettanto».Luca Volontè, Udc, va anche oltre: «Non meno scandaloso» della puntata di Blob è che «a denunciare il fatto, avvenuto mercoledì scorso, sia stato Avvenire, segno di una totale assenza di monitoraggio della fascia protetta. Bestemmie, insulti razzisti, trivialità, fiction dai contenuti pornografici: la Rai sta davvero toccando il fondo». Ed è offesa anche l’Upc: «In tv si vede e si sente di tutto, ma che a Blob vadano in onda bestemmie in piena fascia protetta è assurdo e incivile», spiega il segretario nazionale dell’Unione popolare cristiana Antonio Satta (segretario della Vigilanza durante il governo Prodi): «Gli autori di Blob hanno solo minimamente cercato di capire quanti bambini erano davanti alla tv all’ora in cui è andato in onda il programma?».Ma c’è anche chi minimizza: «La risposta civile fornita da Ruffini e da Ghezzi dovrebbe chiudere le polemiche – manda a dire in una nota il portavoce di Articolo 21, Giuseppe Giulietti – anche perché sarebbe sbagliato non ricordare che proprio Blob ha svelato con ironia gli orrori della televisione. Ci auguriamo che la campagna contro la bestemmia in televisione si estenda ora alla lunga sequela di bestemmie arrivate da Avetrana». Anche il  capogrupopo Udc in Commissione di Vigilanza, Roberto Rao, getta acqua sul fuoco: «Ammettere gli errori e chiedere scusa come ha fatto Ruffini, non è segno di debolezza, al contrario è un comportamento da persona seria, rispettosa del proprio ruolo, dei suoi doveri e consapevole del delicato lavoro che svolge chi opera nel servizio pubblico radio–televisivo».
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