mercoledì 18 dicembre 2013
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Strane storie per tempi strani. Tempi in cui è sempre più difficile vivere senza paure. Quella della morte anzitutto: difficile pensarla e nominarla, uscire da quel doppio schema che da un lato ne ha fatto il tabù più resistente, dall’altro la colloca in un quadro di eccessiva spettacolarità e attraente violenza da consumare. Ma il tema resta imbarazzante e allora ecco i discorsi che, aggirandolo e prendendone le distanze, cercano di dagli un senso, reintegrandolo nella dinamica della vita. Talvolta trasformandolo persino in moda, come il dilagare dei teschi tra argenti e lustrini su gioielli, foulard e t-shirt dimostra. Le strane storie che continuiamo a raccontarci parlano di questo tentativo di addomesticare l’orrore con l’orrore stesso: di mostri, cloni o robot dal sentire quasi umano, creature delle notte o di altri mondi, alieni senza identità, fantasmi, zombi, vampiri e post vampiri, morti viventi, ibride creature ferme al limitare dell’aldilà o figure ostili che il confine hanno oltrepassato e poi sono tornate indietro a minacciare i vivi.Per i latini monstrum era il prodigio, lo straordinario e improvviso evento capace di scatenare sorpresa e terrore. L’Altro imprevedibile che manifestandosi in tutta la sua essenza spaventosa riusciva a oggettivare, controllare e vincere la paura. Come le favole truculente per i bambini. «Ciò che colpisce riguarda però la società contemporanea, in cui la pretesa del pensiero razionale di essere efficiente, scientifico e capace di controllare ogni cosa non solo non ha cancellato i mostri ma addirittura li ha moltiplicati. Se ne è circondata». Una sorta di rivincita dei demoni sulla razionalità sociale.Parte dalla seconda rivoluzione industriale – trionfo della scienza e della razionalità contro ogni credulità – la riflessione di Vanni Codeluppi, sociologo e docente di Comunicazione ed Economia all’Università di Modena e Reggio Emilia, nel presentare questa raccolta di saggi da lui curata e intitolata Mostri. Dracula, King Kong, Alien, Twilight e altre figure dell’immaginario (Franco Angeli editore; 124 pagine; 16 euro), un’antologia di testi di autorevoli studiosi – da Alberto Abruzzese a Gianni Canova, da Guido Ferraro a Peppino Ortoleva – dedicata ad alcuni dei miti moderni più cult che, a dispetto di ogni ragionevole dubbio, popolano la nostra fantasia dove si sono conquistati un posto stabile da immortali, grazie alla spinta creativa dei grandi racconti, della letteratura e del cinema. «Sono – racconta Codeluppi – l’altra faccia dello sforzo del pensiero positivo che ha egemonizzato il nostro mondo dopo la seconda rivoluzione industriale con la pretesa di un controllo totalizzante dell’irrazionale. Che in realtà non è affatto sparito, anzi, ha continuato ad agire, a intensificarsi e a riemergere soprattutto nei momenti di grande crisi sociale. Come costanti che ritornano, i mostri sono cresciuti. Una nuova mitologia ha affiancato la vecchia anche se le riproposte hanno adottato profili conformi alle sensibilità del nostro tempo, come i vampiri di Twilight e i loro epigoni». Mitologie queste che forse più di tutte rappresentano le ossessioni contemporanee. Post-vampiri, come vengono definiti, che hanno ben poco in comune con il Dracula raccontato da Stoker nel 1897, e i suoi fratelli, vecchi sopravvissuti al loro tempo tra castelli diroccati, cimiteri e bare scoperchiate; poco da spartire al di là dei richiami commerciali ai personaggi noti e  del sangue. I post-vampiri sono parte di quella mitologia a bassa intensità di cui ci parla Peppino Ortoleva, una formula piuttosto che una storia, un cosmo contraddittorio fatto di prestiti e riciclaggi selvaggi, un mondo facile alle manipolazioni dell’industria culturale, del web, del cinema e dei fan club. Vampiri addomesticati. Adolescenti per sempre, carini e simpatici, vitali e sociali, sospesi tra la vita e la morte, i post-vampiri sembrano rappresentare per i propri fan oltre che una diversità inaccessibile in cerca di riconoscimento, «un ideale o almeno una fantasia attraentissima: una via all’eternità dell’amore oltre e più che all’eternità del vivere». E un’esperienza di autenticità e di verità, paradossalmente non più attinta al sacro. Ma altri temi cruciali, l’ossessione della centralità del corpo, per esempio, o la paura del contagio si manifestano nel successo che stanno riscuotendo le storie di zombi e morti viventi, vendicativi e persecutori a scapito di quelle di fantasmi ridotti piuttosto a proiezioni di personalità disturbate. «La contaminazione è una delle più inquietanti paure legate alle società avanzate, globalizzate e senza confini in cui tutto si mescola. La gente, le merci e le malattie. Nel morso dello zombi, creature sospese tra la vita e la morte – spiega ancora Vanni Codeluppi – c’è il terrore delle malattie, delle epidemie, dei virus o della radioattività. E del contagio incontrollato di massa. Che è poi più in generale la paura del Male inspiegabile e senza regole che che minaccia le nostre esistenze. Come bene impersona Joker, alter ego di Batman». Il lato oscuro della vita con cui continuiamo a giocare, divertendoci persino un po’.
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