martedì 3 dicembre 2019
Il cartellone vede 400 appuntamenti, con un forte coinvolgimento del territorio. Il sindaco Pizzarotti: «L'obiettivo è progettare l'identità del nostro futuro. Vogliamo essere un modello per l'Italia»
La cattedrale il battistero di Parma, Capitale italiana della cultura 2020

La cattedrale il battistero di Parma, Capitale italiana della cultura 2020

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Ha fatto le cose in grande Parma per il suo ruolo di Capitale italiana della cultura 2020. C’è un salto di ambizione e di obiettivi rispetto alle edizioni precedenti (la città emiliana fa seguito a Mantova, Pistoia e Palermo). Due anni e mezzo di lavoro tra preparazione del dossier e poi, dalla vittoria nel febbraio 2018, di costruzione del programma hanno prodotto un progetto ampio, che punta a coinvolgere in modo diretto il territorio, allargato a Piacenza e Reggio Emilia. E soprattutto con uno sguardo lungo, oltre il 31 dicembre 2020: «Perché la sfida è riqualificare per il futuro – ha detto il sindaco Federico Pizzarotti presentando questa mattina a Milano il programma – Parma 2020 è l’occasione per ripensare la città e una piattaforma di pensiero per il futuro del territorio. Anche in questo senso stiamo già lavorando alla candidatura per il premio European Green City per il 2023». Mentre un quadro ancora più ampio è dettato dalla Agenda Urbana 2030 - La città delle idee, documento nato dal lavoro e dal confronto sulla candidatura.

Il programma

Si parte l’11 gennaio con la parata delle “parole della cultura” da Parco Ducale fino a Piazza Garibaldi. Domenica 12 la cerimonia istituzionale di apertura con Sergio Mattarella al Teatro Regio e infine lunedì 13, festa di sant’Ilario patrono di Parma, la città diventerà palcoscenico di narrazioni e concerti. Il programma, posto sotto il motto “La cultura batte il tempo”, conta oltre 400 appuntamenti.

Sono 65 le iniziative proprie del Dossier a cui si aggiungono 150 eventi sviluppati da comuni, provincia, diocesi, imprese e associazioni; l’università ha approntato un calendario specificio di 250 incontri sul tema della conoscenza; Emilia 2020, infine, costituisce il programma coordinato con le province dell’Emilia occidentale. Accanto ad arte e musica, cultura educativa, imprese culturali, agroalimentare, memoria e cinema (sono le terre di Bernardo Bertolucci) costituiscono i “pilastri” dell’offerta.

Nello specifico il Dossier canditatura si articola in due settori: Progetto Pilota e Officine contemporanee. Il primo vede si compone di due mostre, un evento speciale e quattro open call. Le mostre sono Time Machine (Palazzo del Governatore, 11 gennaio - 3 maggio), nata da un’idea dall’assessore alla Cultura Michele Guerra, studioso di cinema, e curata da Antonio Somaini, sviluppa una riflessione su come l’invenzione dell’immagine in movimento abbia modificato la nostra percezione del tempo e dello spazio con opere di artisti come Douglas Gordon, Rosa Barba, Tacita Dean, Stan Douglas, e filmmakers come Martin Arnold, Harun Farocki, Jean-Luc Godard e Bill Morrison. Hospitale – Il futuro della memoria ( 24 aprile – 10 ottobre) è una installazione su grande scala progettata da Studio Azzurro nella Crociera dell’Ospedale Vecchio, recuperata per l’occasione. Una video-narrazione che racconta la storia dell’Hospitale nato dalle acque – i suoi canali, i mulini, le alluvioni – proiettata su otto grandi superfici tessili. Ancora da definire nella pratica il progetto avviato da un confronto con l’artista Anish Kapoor.
Le open call sono quattro bandi finanziati con budget importanti, per promuovere l’accessibilità e la contaminazione tra cultura, imprese, tessuto urbano, periferie e comunità locali: “Cultura per tutti, cultura di tutti” è dedicata alle nuove sfide dei musei e sviluppata in collaborazione con l’Istituto per i beni culturali dell’Emilia Romagna; “Imprese Creative Driven” è invece mirata a per promuovere la contaminazione tra processi industriali e processi culturali. “Temporary Signs” è un progetto di “riscrittura ambientale” che tiene insieme quartieri e artisti under 35; “Creating sustainability”, per far emergere modelli gestionali di successo attraverso il network delle 116 città creative Unesco.

Se si può muovere una critica “culturale” al progetto, lungi da voler apparire sciovinisti, è l’onnipresenza di termini inglesi dettati più dalle mode frettolose del marketing che da reali esigenze comunicative: food & wine, experience, outdoor, taste, slow, nature... Quasi tutti i termini impiegati sono dotati di eccellenti corrispettivi italiani per altro molto più consoni allo spirito verace del territorio (la cui produzione gastronomica è particolarmente colpita, ironia della sorte, dall’italian sounding). La vocazione internazionale è altra cosa dalla patina indifferenziata di un lessico globalizzato e dal sapore merceologico.

Tempo e tradizione

Lingua a parte, appare stimolante l’idea di riflettere attorno al tema del tempo: sia la stratificazione dei tanti volti assunti da Parma nella storia, sia l’idea di restituire all’azione culturale il ruolo di “metronomo” della vita della città, sia il tempo tout court, tema tanto antico quanto centrale nel dibattito attuale.

A quest’ultimo aspetto è dedicato ad esempio il progetto curato dalla diocesi di Parma (“I Mesi e le Stagioni – Piazza Duomo con gli occhin di Benedetto Antelami”, maggio-novembre) con la discesa a terra dei Mesi antelamici del battistero e perciò finalmente visibili a breve distanza. O ancora il cartellone speciale approntato dal Teatro Regio, imperniato sul concetto di tempo nella musica del Novecento con un repertorio non di ascolto usuale, come ammette la stessa Annamaria Meo, direttore generale del teatro, da queste parti.

Il vero punto di interesse sta forse proprio qui: con questo progetto Parma sembra volersi sganciare da un certo modo di intendere la “tradizione” che sembra permearla – in parte davvero, in parte solo per una proiezione esterna che accentua alcuni aspetti a discapito di altri – per lanciarsi a partire da questo patrimonio nella costruzione e nella comunicazione di una nuova identità, più aperta e dinamica, più attenta ai flussi della contemporaneità: in breve più europea. A questo proposito interviene anche la nuova, elegante e ironica, identità visiva curata da Erik Spiekermann (autore di progetti analoghi per Berlino, Glasgow, Londra e Amsterdam) pervasa dal giallo, il "colore di Parma".

Pubblico e privato

Il processo di questa nuova identità dichiara le proprie basi nel metodo adottato nel percorso verso l’anno di Capitale italiana della cultura. Per Pizzarotti è «aver fatto leva sull’orgoglio del territorio», la condivisione «dal quartiere alle grandi istituzioni». Per Guerra «Parma2020 è stata ed è una grande scuola, alla quale abbiamo imparato che cosa vuole dire lavorare veramente insieme, mettendo in relazione ambiti che di solito non sono abituati a dialogare o che potrebbero sembrare distanti dai temi culturali».

Per il sindaco determinante è stato «il rapporto con i privati, dal bar alla multinazionali, un modello vincente che può essere di riferimento per l’Italia», concetto a cui fa eco Alessandro Chiesi, presidente di “Parma, io ci sto!”: «Il mondo delle imprese ha risposto perché non ci è stata chiesta una sponsorizzazione ma una collaborazione a definire il dossier insieme a tutti gli altri. È stata una delle carte vincenti. Abbiamo portato il punto di vista delle imprese, un mondo dove la cultura è importante e che ha un ruolo nel definire la cultura di un territorio».

Lo stesso Comitato per Parma 2020 si è configurato come struttura di carattere privato, con una vistosa agevolazione sotto il profilo della burocrazia e dell'agilità. Dinamicità del privato, bene pubblico. Tra un anno il bilancio di un esperimento che ci si augura vincente.


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