domenica 14 febbraio 2016
​Verso Rio 2016, parla il re del nuovo italiano. "Vorrei che lo sport fosse questo: un aluce, una fonte di ispirazione, un modello di vita da seguire".
Paltrinieri, il faro acceso nell'acqua azzurra
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«“Grazie di cuore, mamma” è un progetto che ho abbracciato subito con grande orgoglio – spiega Gregorio Paltrinieri –: sono davvero felice di poter collaborare con una grande azienda come Procter & Gamble, specie per questa iniziativa che si prende cura delle mamme degli atleti e sottolinea quanto sia importante il ruolo della madre nella vita di un ragazzo, in generale, e di uno sportivo, in particolare». La campagna, lanciata a livello mondiale in occasione delle Olimpiadi di Londra 2012, celebra il ruolo fondamentale che le mamme e con loro le famiglie rivestono nel sostenere ogni giorno gli atleti verso il sogno dei Giochi olimpici. «Attraverso la partnership con il Movimento olimpico intendiamo unire la missione di P&G di essere vicino alle persone, migliorandone la qualità della vita con lo spirito dei Giochi olimpici e di costruire un mondo migliore per mezzo dello sport», spiega Barbara Del Neri, direttore Corporate marketing Procter & Gamble Sud Europa . Come “ambasciatrice' dell’iniziativa”, mamma Lorena (nella foto con il figlio) sarà a Rio de Janeiro per assistere alle gare di Gregorio dei 1.500 metri stile libero in programma il 13 e 14 agosto.«La fase del terremoto dell’Emilia, nel 2012, è stata molto difficile per me, per la mia famiglia e per migliaia di persone. Era importante per me essere al fianco della mia gente, perché sono le origini che ci fanno crescere e diventare ciò che siamo…». Bastano queste poche parole di un ventunenne speciale, qual è l’asso del nuoto azzurro Gregorio Paltrinieri, per comprendere come sia stata giusta l’assegnazione del titolo di “atleta italiano del 2015”. Una medaglia in più nella sua ricca bacheca, frutto del grande lavoro in piscina. Ma a che età ha iniziato a nuotare? «A tre mesi. Mio papà, Luca, gestiva una piscina a Novellara, vicino a Carpi, dove sono nato e cresciuto fino a che il nuoto non mi ha portato altrove per gare e allenamenti. La passione per l’acqua forse mi è stata trasmessa per Dna. Ho cominciato come ranista: ero abbastanza forte, poi a dieci-dodici anni sono diventato troppo alto per avere la coordinazione adatta e sono passato allo stile libero. È stato il fisico a guidarmi». Dicono, la Pellegrini in primis, che questo sia uno «sport alienante», per gli allenamenti massacranti (otto chilometri a seduta per dieci sedute settimanali quelle a cui si sottopone Gregorio in questo periodo) e l’ancestrale solitudine del nuotatore… «In effetti, da piccolo ero attratto dagli sport di squadra, non mi piaceva stare in vasca da solo per ore e ore, ma poi ho scoperto che anche a bordo piscina e negli spogliatoi è possibile socializzare. Oggi, sto bene con la testa sott’acqua, da solo con me e i miei pensieri. Poi, certo, conciliare l’attività agonistica con la vita privata non è facile: la maggior parte della giornata trascorre in piscina. Ma il punto è trovare un equilibrio e incontrare persone che riescono a comprendere ciò che fai. Insomma, fa tutto parte del pacchetto: avere una corretta alimentazione, allenarsi al massimo, andare a letto presto. Per me non è alienazione è spirito di sacrificio, e questa è una componente del nuoto che mi attrae». Il 2015 è stato l’anno della sua consacrazione: titolo mondiale dei 1.500, argento iridato negli 800, record europeo, e primato mondiale in vasca corta: cosa è cambiato dentro Gregorio? «Caratterialmente credo di essere lo stesso ragazzo di sempre: simpatico, determinato, molto legato agli affetti, alla famiglia, in primis a mia mamma Lorena. Poi, certo, le vittorie sono emozioni indescrivibili. Un po’ come quando da adolescente senti che stai diventando adulto… Avverti nettamente che tutti i tuoi sforzi giorno dopo giorno sono ripagati con una gioia che ti dà mille volte tanto rispetto a tutta l’energia, la disciplina e il rigore, che sono gli ingredienti necessari per riuscire e per arrivare ai massimi livelli». È riuscito a svelare il mistero della fuga di Kazan del cinese Sun Yang, che non si presentò alla gara dei 1.500? «La verità secondo me non si saprà mai, a meno che non deciderà di svelarcela lui un giorno… Comunque appena sono ripartito da Kazan con la medaglia al collo, ho deciso che la mia importantissima vittoria era l’unico ricordo che mi doveva rimanere di un’esperienza che è stata intensa e fondamentale per il mio percorso. Mi sono allenato, ci ho creduto e ci sono riuscito, il resto non conta». È pronto per la rivincita di Rio? Ammesso che il cinese si presenti, lei riparte dal quinto posto di Londra 2012. «Non parto con l’idea di temere qualcuno o qualcosa: farsi prendere dall’ansia sarebbe controproducente. Quando sto per iniziare una gara – e a maggior ragione nel caso di un appuntamento così importante – lascio che a guidarmi sia solo il mio carattere, l’ambizione di vincere e il desiderio di regalare un’emozione a tutti quelli che credono in me».  In un’intervista concessa ad “Avvenire” di recente, la Pellegrini si lamentava del doping che circolerebbe ancora nel nuoto e degli scarsi controlli dell’antidoping… «Purtroppo quello del doping è un problema che riguarda tutti gli sport e non solo il nuoto: mi dispiace molto perché è una pratica negativa che offende una disciplina fatta di impegno totale, corpo e mente. Chiaramente è sleale doparsi: ci dovrebbe essere molta più consapevolezza del problema e la volontà di sradicarlo. Gli atleti e le federazioni dovrebbero affrontare questa battaglia giocando per un’unica squadra contro un nemico comune da battere per sempre». Quanto conta la spinta agonistica che le trasmette ogni giorno il suo allenatore Stefano Morini? «Tanto. Io e il “Moro” abbiamo un ottimo feeling, un profondo rapporto di stima e di fiducia reciproca. La sua è una presenza rassicurante e sono molto contento di aver potuto condividere con lui i miei ultimi successi. Ora, abbiamo in testa soltanto un obiettivo, Rio». Pensa di avere più amici o più rivali, fuori e dentro la vasca? «Più amici. I rivali ci sono e penso che mi temano, ma è un sentimento naturale, che comprendo – sorride –. Io mi diverto e mi trovo molto bene con tutta la spedizione azzurra. Ogni collegiale è sì tanto allenamento e sacrifici, ma è soprattutto condivisione, chiacchiere e scherzi. Abbiamo poi un capitano, Filippo Magnini, che è l’esempio perfetto per tutti noi nuotatori. Il “Magno” a 34 anni è un atleta completo che non ha mai mollato». Se non avesse fatto il nuotatore, in quale sport o quale mestiere si sarebbe tuffato? «Eh, bella domanda: sono un ragazzo come tanti, interessato al calcio, ai libri e alla storia dell’arte in particolare. Dall’anno scorso sono iscritto all’Università, facoltà di Scienze politiche e relazioni internazionali alla Link Campus University di Roma. È una cosa che desideravo fare e che intendo portare avanti parallelamente al nuoto. Poi, un domani, chissà». La Pellegrini è l’idolo dei bambini e la stessa popolarità sta ricadendo a cascata anche su “Super Greg”, il più amato dai piccoli fan ma non solo. «In effetti nell’ultimo periodo mi sono capitate due storie molto belle e diverse tra di loro che mi hanno fatto riflettere sulla mia popolarità. La prima, l’emozione di quando mi ha contattato la mia squadra del cuore, la Juventus, per ospitarmi allo Stadium di Torino. Mi hanno accolto con la nuova maglia bianconera, la numero “10” con sulla schiena stampato il mio nome. Io ho ricambiato con la medaglia d’oro in vasca corta del Mondiale di Doha che ora è esposta all’interno del Museo della Juventus». E la seconda storia emozionante? «Durante la mia ultima visita a Carpi, mentre mi allenavo nella nuova piscina che gestisce mio padre, si è avvicinata una bambina con un disegno: rappresentava un bellissimo paesaggio con un faro. Oltre a complimentarmi per quanto era stata brava, le ho chiesto il significato e lei mi ha risposto che mi rappresentava, perché ha detto: “Tu, Greg, ormai sei il mio faro”… Non potete immaginare la gioia che ho provato! Ecco, io vorrei che lo sport fosse questo: una luce – specie nei giorni bui che attraversiamo tutti –, una fonte di ispirazione, un modello di vita da seguire».
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