giovedì 16 luglio 2020
“Oltre la notte – La perdita e il lutto nel cinema”, un progetto realizzato per ripensare la morte davanti al grande schermo
Un progetto su come “La perdita e il lutto” sono stati affrontati dal cinema

Davanti al grande schermo per ripensare la morte, per affrontare il lutto e rielaborare la perdita: è questo il significato di Oltre la notte, l’iniziativa promossa dall’Acec (Associazione cattolica esercenti cinema) e presentata oggi con una conferenza stampa online. «L’idea è venuta in piena pandemia, da una conversazione telefonica con il parroco di Nembro, una delle località della Bergamasca più colpite dal coronavirus – ha spiegato Francesco Giraldo, che dell’Acec è segretario generale –. Ci siamo interrogati su quale contributo potesse venire dal cinema in un momento tanto drammatico».

È nata così un progetto incentrato sulla presenza capillare delle circa 800 Sale della Comunità che trovano in Acec il loro riferimento. «Durante l’estate renderemo disponibili sul nostro sito molti materiali di riflessione, sotto forma di saggi digitali, videorecensioni e schede di approfondimento – ha annunciato la coordinatrice Tiziana Vox –. A ottobre, inoltre, realizzeremo una serie di incontri webinar, ma il vero obiettivo è rappresentato dalle rassegne che ci auguriamo possano essere presto realizzate nelle nostre Sale, per le quali abbiamo selezionato un catalogo tematico di quasi 50 titoli».

Si va da classici indiscutibili come le opere di Ingmar Bergman, Pier Paolo Pasolini e Terrence Malick a uscite più recenti, come 18 regali di Francesco Amato, che durante la conferenza stampa ha ribadito la difficoltà e insieme la necessità di un racconto cinematografico sulla morte. Sostenuto dall’Ufficio nazionale per le Comunicazioni sociali della Cei, Oltre la notte si avvale della collaborazione con le redazione della rivista Filmcronache e con l’Ancci (Associazione nazionale circoli cinematografici italiani). Di particolare interesse il lavoro di scandaglio sulla cinematografia dell’ultimo decennio compiuto dalla critica Arianna Prevedello e dallo psicoanalista Vittorio Lingiardi.

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