venerdì 9 dicembre 2022
Dai Poli alle Alpi: i più recenti studi mostrano che lo scioglimento è molto più rapido di quanto previsto
Iceberg alla deriva in Antartide

Iceberg alla deriva in Antartide - Ansa

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Non c’è più alcun dubbio che tutti i ghiacciai della Terra sono in sofferenza. Che sia colpa dell’uomo o di un’evoluzione naturale, sta di fatto che la velocità con la quale si stanno fondendo non sembra avere uguali nella storia recente del nostro Pianeta. E va sottolineato la “velocità”, perché se è vero che ci sono stati altri periodi storici durante i quali, forse, alcuni ghiacciai si ritirarono ancora più di adesso, quel che preoccupa è la rapidità del fenomeno attuale. L’ultimo allarme arriva dalla Groenlandia. In un lavoro pubblicato sulla rivista scientifica “Nature”, i risultati di una ricerca indicano che i modelli esistenti sulla fusione dei ghiacci della grande isola hanno notevolmente sottovalutato la quantità di ghiaccio che si è persa trasformandosi in acqua nel corso del XXI secolo. E questo significa che le ricadute sull’innalzamento del livello del mare è e sarà significativamente maggiore rispetto a quanto si pensava. Stando al nuovo studio infatti, entro il 2100 solo la fusione dei ghiacci della Groenlandia nord-orientale contribuirà sei volte tanto all’innalzamento del livello del mare rispetto a quanto prevedevano i modelli precedenti, innalzandoli tra i 13,5 e i 15,5 millimetri in più. «Le nostre precedenti proiezioni avevano sottovalutato quel che sta realmente succedendo – ha detto Shfaqat Abbas Khan, professore al Dtu Space – in quanto i modelli lavoravano soprattutto su osservazioni realizzate sulla parte finale della calotta glaciale, che è facilmente accessibile e dove, anche dal punto di vista visivo, stanno succedendo tante cose, come la formazione di veri e propri torrenti durante l’estate. Ma ora abbiamo scoperto che la perdita di ghiaccio si spinge fino a centinaia di chilometri verso l’entroterra». Lo studio ha raccolto dati da una rete di precise stazioni Gps poste fino a 200 chilometri dalla riva di costa, i quali hanno rilevato con precisione il flusso del ghiaccio della Groenlandia nord-orientale, in un’area che comprende i ghiacciai Nioghalvfjerdsfjord Gletscher e Zachariae Isstrøm, una delle aree più ostili e remote della Terra. I dati Gps e quelli raccolti dal satellite CryoSat 2 (che determina con estrema precisione la quota del ghiaccio) sono stati combinati in una modellazione numerica ad alta risoluzione. «I risultati mostrano che ciò che vediamo accadere nella parte anteriore dei ghiacciai succede anche all’interno, nel cuore della calotta glaciale », ha affermato Khan, che ha aggiunto: «Sebbene l’inverno 2021 e l’estate 2022 siano stati particolarmente freddi, i ghiacciai hanno continuato a ritirarsi e poiché la Groenlandia nord-orientale è un cosiddetto deserto artico - in alcuni punti le precipitazioni sono di soli 25 millimetri all’anno - la calotta glaciale non sta rigenerando abbastanza ghiaccio per mitigare la fusione. Non è facile tuttavia, stimare la quantità di ghiaccio perso e fino a che punto nella calotta glaciale si verifica il processo. È peggio di quanto si pensava, ma non sappiamo quanto peggio è. E le nostre ricerche si sono concentrate solo su un settore della Groenlandia, ma tutto fa pensare che ciò stia succedendo anche da altre parti ». È certo dunque, che le stime dell’Ipcc sull’innalzamento del livello del mare globale di 22–98 cm (a seconda dell’aumento della temperatura terrestre dei prossimi anni) dovranno essere corrette verso l’alto in ogni caso. Anche l’altra grande piattaforma di ghiacci, che è l’Antartide, non sembra stare meglio. Uno studio dell’Università di Cambridge e della società di ingegneria austriaca Enveo, ha da poco scoperto che i ghiacci antartici (che sotto il loro peso scivolano lentamente in mare) durante la stagione estiva accelerano la loro velocità del 15 per cento. Sembrerebbe ovvio che in estate i ghiacciai fluiscano più velocemente che in inverno, ma poiché in Antartide le temperature annuali sono tali che si ipotizzava non si arrivasse a sentire gli effetti stagionali, lo studio ha stupito i ricercatori. Quali siano le cause tuttavia, è difficile determinarlo. È possibile infatti, che l’aumento delle temperature superficiali faccia fondere del ghiaccio e l’acqua che si forma finisce in profondità, dove al contatto con le rocce, fa da lubrificante al ghiacciaio sovrastante accelerandone il movimento. L’acqua dolce che arriva in mare poi, più calda dell’acqua marina, aiuta ad erodere da sotto le lingue di ghiaccio galleggianti accelerando così la fusione. Drammatica è la situazione delle Alpi dopo la cocente estate 2022 che ha visto giorni e giorni con lo zero termico ben al di sopra della cima del Monte Bianco. I glaciologi utilizzavano la parola “estremo” per descrivere una perdita di ghiaccio annuale di circa il 2 per cento del volume complessivo di un ghiacciaio. Quest’anno molti ghiacciai alpini hanno perso in media il 6,2 per cento del loro ghiaccio. Alcuni esempi sono testimoni più di tante parole. Il Ghiacciaio di Indren sul Monte Rosa che si trova ad oltre 3.000 metri ha visto un arretramento frontale di 64 metri in soli due anni (nel 2022 è stato di 40 metri). Il Ghiacciaio di Bors, anch’esso sul Monte Rosa, in due anni ha visto un arretramento di 18 metri, quello dei Forni in Valtellina di è ritirato di 40 metri (negli ultimi 10 anni di 400 metri), il Pré de Bar sul Monte Bianco arretra di circa 18 metri all’anno.

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