martedì 8 maggio 2018
Visse il prima, il durante e il dopo-Concilio: fu quindi il Papa della transizione, ma seppe sempre guardare avanti rilanciando il ruolo essenziale della missione
Paolo VI

Paolo VI

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A quarant’anni dalla morte e mentre se ne prepara la canonizzazione, che papa Francesco annuncerà nel Concistoro del 19 maggio, il convegno storico intitolato “Paolo VI e il Vangelo nel mondo contemporaneo” (9 e 10 maggio alla Cattolica di Milano) metterà a fuoco la figura di Giovanni Battista Montini. Parteciperanno tra gli altri il segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin, che parlerà del rapporto tra Vangelo, pace e diplomazia, l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, Andrea Riccardi, presidente della Società Dante Alighieri, e Pierangelo Sequeri, preside del Pontificio istituto “Giovanni Paolo II” di Roma. Introdurrà i lavori il rettore dell’Ateneo, Franco Anelli. Qui sotto pubblichiamo la sintesi dell'intervento di Agostino Giovagnoli. Sulle relazioni di Paolo VI con l’Europa orientale interverrà Roberto Morozzo della Rocca, con l’Africa Angelo Romano e con l’Asia Elisa Giunipero. Si parlerà anche di evangelizzazione ed ecumenismo (Angelo Maffeis), dell’impegno politico dei cattolici (Alfredo Canavero) e dell’opzione per i poveri (Matteo Mennini).

Di Paolo VI, beato e prossimo alla canonizzazione, sono state date tante definizioni, amletico è stata forse la più frequente, che lui rifiutava e che di certo è ingiustamente riduttiva. Ma, più che correggere questa definizione o darne altre, è importante avvicinare questa figura con un approccio storico. Perché un convegno storico su Paolo VI?

Una prima risposta viene proprio da Giovanni Battista Montini, che considerava molto importante la prospettiva della storia, percependola come una componente essenziale dell’«atmosfera della vita cattolica romana», anche se pochi se ne rendevano conto. In un discorso del 1951, raccomandò «la formazione a un senso storico, molto ricco e profondo», non cioè un’informazione arida e frammentaria, non una somma di nomi e di date, ma l’educazione a una contemplazione degli eventi umani per coglierne la concatenazione intrinseca e le linee di sviluppo che li attraversano. Montini non esitava a usare in questo senso il termine storicismo, che molta filosofia cattolica guardava con sospetto. Esortava, infatti, a una immersione nella storia come un’atmosfera in cui vivere «e della quale [nutrire] la […] stessa vita spirituale facendo della storia una guida all’esperienza».

In una visione ampia, spiegava ancora Montini, il tempo «acquista una coerenza, una logica, una sicurezza luminosa […] mostra […] di essere guidato da una Provvidenza, di obbedire a dei destini, che non sono soltanto preparati dagli uomini, ma da Dio».

Nutrirsi di storia significa perciò anche trovare un senso alla propria esistenza individuale, riconnettere i frammenti della propria vita in un ordine provvidenziale. La storia, concludeva, riguarda il futuro più del passato, specie per la Chiesa. «Una storia così concepita, così vissuta, fa vedere […] quello che deve essere, […] proietta davanti l’avvenire della Chiesa e con fiducia: la Chiesa potrà avere mille vicissitudini, ma ha davanti a sé l’avvenire». Sono parole che illuminano anche l’itinerario di Giovanni Battista Montini, intenso e combattuto, segnato da fratture profonde: nel 1933 l’interruzione del suo servizio alla Fuci, cui era molto legato e attraverso cui si esprimeva quell’identità di prete e di formatore che aveva scelto come suo profilo principale, al di là del lavoro in Curia; nel 1954 il trasferimento a Milano, che sembrò mettere fine al suo grande impegno per una Chiesa amica della modernità, a vantaggio del disegno del 'partito romano' di una Chiesa baluardo; nel 1959 la convocazione del Concilio che inizialmente lo sorprese e lo preoccupò, anche per l’assenza di obiettivi chiari e di un programma preciso; tra la fine degli anni sessanta e l’inizio degli anni settanta, la crisi della Chiesa, dopo che il Vaticano II era sembrato sancire una pacificazione con le attese esigenti dell’umanesimo contemporaneo.

Ma c’è stato anche un 'ultimo' squarcio del suo pontificato che si è collocato oltre tutto questo e in cui - malgrado altre dolorose vicende, come quella di Moro - un senso di fiducia e di speranza nel futuro è apparso prevalente su tutto il resto. Credo si possa immaginare che questa fiducia e questa speranza si colleghino a quella visione profonda della storia che emerge dalla concatenazione degli eventi, al di là della frammentarietà delle singole vicende.

Il Paolo VI degli ultimi anni ha raccolto in modo unitario il suo lungo itinerario, comprese le molteplici fratture, guardando al futuro della Chiesa «al di là di mille vicissitudini». Il futuro di cui parlava Giovanni Battista Montini è per noi già storia: quella della Chiesa negli ultimi quarant’anni.

È la storia dei pontificati che si sono succeduti dopo il suo, tanto diversi l’uno dall’altro e, tutti, dopo quello brevissimo di Giovanni Paolo I, di non italiani. Con Paolo VI è sostanzialmente finito il 'papato italiano' durato ben quattrocentocinquant’anni, ma ciò non significa che Montini appartenga a un’epoca lontana e completamente diversa dalla nostra. Il suo itinerario, sofferto e tormentato, lo dimostra. È un papa che ha vissuto le stagioni del pre-Concilio del Concilio e del post-Concilio, un papa cioè che è vissuto nella transizione, una transizione in cui, per molti versi siamo ancora immersi oggi. Nell’ultimo Montini, però, c’è una prospettiva, c’è una luce che illumina molte cose: è quella dell’evangelizzazione, di cui l’esortazione post-sinodale Evangelii Nuntiandi ha costituito una sorta di manifesto.

È questo il Montini che ci appare più attuale. Come ha detto Papa Francesco: «l’esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi con la quale Paolo VI ha inteso risvegliare lo slancio e l’impegno per la missione nella Chiesa è ancora attuale, ha tutta la sua attualità». Papa Francesco lo ha sottolineato due volte, durante l’Angelus seguito alla messa di beatificazione di Giovanni Battista Montini. «Paolo VI è stato uno strenuo sostenitore della missionarietà della Chiesa» ha aggiunto. Questo convegno non si propone di esaurire la figura di Paolo VI, su cui molto ha lavorato la Fondazione a lui dedicata e su cui sono già stato scritti ampi lavori biografici, come quelli di Giselda Adornato, Andrea Tornielli, Fulvio De Giorgi, Philippe Chenaux e altri.

Non rappresenta neanche una ricostruzione completa del suo pontificato, su cui ha scritto pagine illuminanti Andrea Riccardi. Si propone piuttosto di tornare su alcuni aspetti dell’itinerario di Giovani Battista Montini in Segreteria di Stato, poi come arcivescovo di Milano e, infine, come Papa. È stato scelto il filo conduttore del 'Vangelo nel mondo contemporaneo', con riferimento all’Evangelii nuntiandi, ma non solo. L’intento è quello di esplorare i diversi modi in cui, nelle varie fasi della sua esistenza e sui terreni molto differenti tra loro, Montini si è interrogato sul tema dell’evangelizzazione - anche senza usare questa parola - del mondo contemporaneo.

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