lunedì 21 novembre 2016
Nell’incontro organizzato a Roma dall’Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Cei esperti a confronto sul ruolo delle collezioni statali e diocesane
Le biblioteche che parlano alle persone
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La parola d’ordine è dialogo. Dialogo e confronto fra gli operatori; comunicazione efficace e coinvolgente con l’esterno; capacità di relazionarsi con le più diverse realtà dal punto di vista sociale, ideologico e religioso. Tutto questo all’interno di un progetto in grado di mettere insieme la tradizione con le più moderne tecnologie, per trasmetterne il senso profondo alla modernità. Si è parlato soprattutto di questo al grande convegno che alla Biblioteca nazionale centrale di Roma ha celebrato i trent’anni del Servizio bibliotecario nazionale e i dieci della rete del Polo di biblioteche ecclesiastiche.

Obiettivo dell’iniziativa è stato fare il punto su quanto ha prodotto l’integrazione e la collaborazione fra queste due entità per comprendere in che direzione dovrebbero muoversi le iniziative future e quelle che stanno maturando per fornire un più efficiente servizio al territorio; ma anche con l’idea di un più efficace scenario di relazioni internazionali e di un più alto livello di servizio scientifico. Il convegno, che ha visto la presenza di bibliotecari e amministratori di gran parte delle 204 biblioteche ecclesiastiche aderenti al Polo, è stato organizzato dall’Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto della Cei, in collaborazione con l’Istituto centrale per il Catalogo unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche del ministero dei Beni culturali.

Il tema della biblioteca come luogo della relazione e della crescita culturale del territorio e delle comunità ecclesiali è stato toccato in varie relazioni, a cominciare da quella iniziale del vescovo di Fabriano-Matelica monsignor Stefano Russo, che dieci anni fa aveva dato l’avvio al progetto del Polo. Sullo stesso argomento hanno battuto l’attuale responsabile dell’Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto della Cei, don Valerio Pennasso, e monsignor Francesco Milito, vescovo di Oppido Mamertina-Palmi, che è il presidente dell’Associazione dei bibliotecari ecclesiastici italiani.

Don Pennasso, in particolare, ha invitato a non disperdere quanto emerso dal Convegno nazionale ecclesiale del 2015 a Firenze in cui papa Francesco ha parlato della Chiesa umile che trova la sua felicità ponendo al centro la persona e la sua relazione col Signore. Insomma, il patrimonio storico e culturale è capace di raccontarsi diventando significativo per l’oggi solo se si fa comprendere che è frutto di una storia viva di uomini e donne, che è stata capace di attraversare i secoli, così le biblioteche ecclesiastiche devono saper parlare alle persone. Devono saperle incontrare, diventare un riferimento sul territorio per la comunità ecclesiale e per tutte le realtà culturali. Soprattutto devono essere capaci di raccontare il passato senza mai perdere di vista la loro missione di evangelizzare il futuro. Devono essere luoghi vivi della cultura in grado di contribuire al fermento del Vangelo nella società. In questo senso si è parlato di rinnovamento dei processi di comunicazione, di incremento delle relazioni fra le biblioteche e i bibliotecari per fare in modo che le poche risorse a disposizione possano giovarsi di economia di scala.

La biblioteca, come il bibliotecario, ha sottolineato monsignor Milito, deve essere cosciente di operare per l’incremento del sapere della comunità. Il bibliotecario diocesano, ha aggiunto, ha una sua identità ecclesiale, una funzione pastorale fondamentale e per un vescovo la sua nomina dovrebbe essere alla stregua di quella di un parroco. Per questo, ha detto Amalia Russo, della Pontificia facoltà teologica di Napoli, i bibliotecari ecclesiastici, proprio per la complessità del loro compito, devono poter acquisire competenze che vanno ben oltre quelle tradizionali. Purtroppo, però, ha sottolineato, al grande interesse dei giovani per questo ambito corrisponde la carenza di molti corsi universitari. Una scuola di vera eccellenza è quella di Biblioteconomia della Biblioteca apostolica vaticana, ma c’è l’assurda situazione che i suoi titoli di studio non sono equiparati a quelli delle facoltà italiane.

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