venerdì 3 giugno 2022
Alla Goulette, la Piccola Sicilia, si vuol far rivivere, nonostante il rischio attentati, la processione che fino agli anni Sessanta univa cristiani e islamici
Il quartiere della Goulette, la Piccola Sicilia di Tunisi

Il quartiere della Goulette, la Piccola Sicilia di Tunisi - Chiara Zappa

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Nicola cammina lento per le strade sonnolente della Goulette, avamporto di Tunisi inondato dalla luce abbagliante del Mediterraneo. E anche se il peso degli anni rende il passo esitante, la precisione con cui racconta la storia di ogni angolo del quartiere, salutando in arabo passanti e bottegai, dimostra la sua familiarità con questo microcosmo speciale alle porte della capitale tunisina. «Per forza, sono nato e cresciuto qui! Questa è casa mia», constata, in un italiano dal forte accento siculo. Nicola Piazza, classe 1939, genitori originari di Marsala, è tra gli ultimi eredi delle migliaia di siciliani che, un secolo e mezzo fa, attraversarono il mare in cerca di fortuna a Sud, seguendo la rotta inversa rispetto a quella battuta oggi dalle masse di migranti che partono dall’Africa con il miraggio dell’Europa. Proprio i pescatori arrivati dalla Sicilia, insieme a fornai, sarti, tipografi e falegnami, alla fine dell’Ottocento rappresentavano la comunità più numerosa della Goulette, dove «si conviveva pacificamente con gli ebrei, i francesi, i maltesi e naturalmente gli arabi», racconta. Una presenza tanto significativa che il quartiere fiorito intorno alla bianca chiesa dei santi Agostino e Fedele, sul cui sagrato giocava da bambina anche Claudia Cardinale, fu ribattezzato 'Piccola Sicilia', un nome conservato ancora oggi che di italiani, qui, non ne sono rimasti praticamente più.

Una immagine del quartiere della Goulette, la Piccola Sicilia di Tunisi

Una immagine del quartiere della Goulette, la Piccola Sicilia di Tunisi - Chiara Zappa

C’è Nicola, che vive quasi in povertà in una stanza affittata con la pensione di trecento dinari - circa cento euro garantitagli dagli anni di lavoro come meccanico, e ci sono i pochissimi anziani soli ospitati nella casa di riposo di Rades per i discendenti degli europei, o accuditi dalle suore di Madre Teresa con l’aiuto della Caritas. Soprattutto, però, c’è lei, la 'Bedda matri' di Trapani: la Madonna portata via mare dall’Italia e conservata da sempre sopra l’altare di marmo di Carrara che campeggia sul lato destro della chiesa della Goulette, sopravvissuta alla distruzione delle vecchie case dei pescatori, sostituite da moderne palazzine. Per decenni, fino agli inizi degli anni Sessanta, questa statua di Maria con in braccio il Bambino, copia di quella conservata nella città siciliana che secondo la leg- genda scampò prodigiosamente a un naufragio, è stata la protagonista di una tradizione unica, emblema del métissage che caratterizzava la Piccola Sicilia. Ogni 15 agosto, in occasione della festa dell’Assunta, la Madonna, adornata di gioielli ed ex voto e sistemata su un baldacchino caricato in spalla da dodici uomini, veniva portata in processione per le vie della città fino al porto, dove si teneva la benedizione delle imbarcazioni e del mare. E, tra le donne che si accalcavano intorno alla 'Bedda matri' per lanciare un fiore, mandare un bacio e chiedere una grazia, c’erano anche molte musulmane - del resto Maria è venerata pure nella tradizione islamica -, mentre i loro mariti consideravano un onore portare sulle spalle la statua della Vergine. «Era bellissimo: si immergeva la Madonna nel mare e i bambini raccoglievano offerte», racconta Mounira, una signora velata che ricorda con nostalgia i fuochi d’artificio e il concerto della banda in piazza. «Il corteo era seguito da migliaia di persone – si entusiasma Nicola –: fedeli a piedi scalzi e pellegrini provenienti anche da lontano. Tutti tenevamo in mano ceri accesi e gridavamo 'Viva la Madonna di Trapani!', mentre le ragazze arabe alzavano la voce nei tradizionali youyou. Alla fine, in chiesa il vescovo celebrava la Messa solenne». Poi, i tempi cambiarono. Nel 1956 l’indipendenza della Tunisia portò con sé una scia di restrizioni per le comunità straniere, oltre alla nazionalizzazione delle terre dei coloni europei, e anche gli italiani cominciarono ad abbandonare il Paese.

L’Institut des Belles Lettres Arabes (Ibla)

L’Institut des Belles Lettres Arabes (Ibla) - Chiara Zappa

In quindici anni il loro numero si ridusse da circa centomila ad appena diecimila. Quasi tutti gli amici di Nicola, uno dopo l’altro, lasciarono la Piccola Sicilia: «Emigrarono in Francia, in America... un po’ dappertutto». E anche la Vergine di Trapani, alla fine, non uscì più dalla chiesa. Il ricordo della grande processione dell’Assunta, tuttavia, non si è mai spento tra i residenti. Tanto che, quando la chiesa della Goulette ha cominciato a riempirsi di nuovo, questa volta grazie ai migranti cristiani provenienti dall’Africa subsahariana, il parroco ciadiano, il missionario lazzarista padre Narcisse Djerambete, ha avuto un’idea forse ardita - ai tempi in cui il terrorismo a matrice islamista non risparmiava la Tunisia, nel periodo turbolento post Primavere arabe : perché non riportare in vita la tradizione? «Il clima qui è sereno – racconta il corpulento religioso africano –, non abbiamo mai avuto problemi. Da quando sono arrivato, otto anni fa, ho sempre avuto l’abitudine di visitare le famiglie musulmane del quartiere: loro mi invitano a prendere un caffè, chiacchieriamo, a volte mi confidano i loro problemi. Sono stati proprio i vicini a parlarmi con entusiasmo dell’antica festa, a raccontarmi dettagli e ricordi». Così, padre Narcisse si è consultato con i suoi parrocchiani - «immigrati ma anche dipendenti di ambasciate, studenti, impiegati della sede locale della Bank of Africa...» - e naturalmente con Nicola. Insieme, hanno deciso di riportare in processione la Vergine di Trapani, che nel 2017, per la prima volta dopo 55 anni, ha lasciato la sua nicchia per essere accolta, sul sagrato, da centinaia di fedeli: africani, indiani, europei e, come un tempo, soprattutto tunisini musulmani, sindaca in testa (che ha partecipato anche alla Messa celebrata da monsignor Ilario Antoniazzi). Proprio l’amministrazione comunale ora vorrebbe che la statua tornasse a percorrere le vie della città. «Sarebbe molto bello - commenta il parroco, che dopo due anni di pausa causa pandemia si prepara a un’edizione 2022 di nuovo in pompa magna - ma purtroppo non possiamo escludere il gesto isolato di qualche estremista». Per osare un passo in più, l’arcivescovo vorrebbe l’ok del governo, che potrebbe garantire le misure di sicurezza adeguate. Ma vista la paralisi politica causata dal colpo di mano del presidente Saied, oggi di fatto capo assoluto del Paese, anche il prossimo agosto probabilmente la Madonna di Trapani non si allontanerà dal sagrato. In attesa, però, di poter tornare a immergersi nelle acque del Mediterraneo, protettrice dei migranti di ieri e di oggi.

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