Sciare per vivere, per spostarsi sulla neve: lo si faceva nel 3000 avanti Cristo, e lo testimoniano pitture rupestri norvegesi.
Sciare nella speranza di sopravvivere, inquadrati in un battaglione d’alta quota: toccò ai soldati durante la Guerra dei trent’anni (1618-1648), agli alpini che cent’anni fa arrossarono le nevi dolomitiche nel cuore della Grande guerra, e a tanti altri volti della storia rapiti dall’odio umano.
Una cosa è certa, per la Fondazione museo storico del Trentino che ha studiato la materia:
fino al 1860, nessuno sa dire se qualcuno sciava per divertirsi. E’ di quell’anno la prima notizia sicura: sempre in Norvegia, il
re Carlo IV organizza una competizione ufficiale.
E 41 anni più tardi, l’alpinista svizzero
Adolf Kind fonda il primo sci club d’Italia: Torino, anno 1901. E’ questo l’evento da cui ha preso le mosse “
SciVolando sul Novecento”, la nuova iniziativa culturale che ripercorre la storia recente del solcar la neve. Unisce Madonna di Campiglio e Ziano di Fiemme, dona un contesto alle 2 loro massime competizioni: all’ombra del Brenta la 3Tre (“inventata” nel 1949, tappa di Coppa del mondo: non c’é gara italiana di sci alpino più risalente), ai piedi di Latemar e Lagorai la Marcialonga (dal 1971 a oggi riferimento internazionale per i fondisti). Due località, due kermesse.
E da quest’anno anche 2 appuntamenti culturali, promossi unitariamente dai comitati delle 2 competizioni: “Scivolando sul Novecento” a Campiglio ha scandito ieri la vigilia della 3Tre, nel salone “Hofer” del Grand Hotel “Des alpes”. A Ziano arriverà invece il 29 gennaio, per riempire la sua Piazza Italia. Storia, sport, emozioni: nella località della Val Rendena l’epopea sciistica del Novecento é stata raccontata da Massimo Bernardini (su Rai 3 conduttore di “Il tempo e la storia”) e testimoniata da Giorgio Rocca (campione italiano di sci alpino) in compagnia di Gabriella Paruzzi (campionessa italiana di fondo); in Val di Fiemme, invece, sarà la volta di Paolo Mei (speaker ufficiale del giro d’Italia) e Claudia Morandini (ex atleta e commentatrice sportiva).

Sci alpino o sci alpinismo? Comode risalite in seggiovia e divertenti discese a tutta velocità, oppure sudati passi con le pelli di foca incollate sotto le lamine degli sci e millimetrici slalom tra alberi, rocce e slavine? E’ una questione di filosofia. O di stili di vita, se si preferisce. Certo è che lo scivolar sulla neve, dagli albori del mondo e fino a Novecento inoltrato, ha declinato l’eterno rapporto dell’uomo inerme al cospetto della montagna.
Niente impianti, niente comodità. Ma solo “lunghi zoccoli di legno in punta ritorti all’insù”: nell’“Historia de gentibus septentrionalibus” (Storia dei popoli nordici) così descrive gli sci Olaus Magnus, arcivescovo di Uppsala e plenipotenziario del re di Svezia presso la Santa sede. Nulla di particolarmente originale, nelle parole almeno, se si considera che già nel V secolo avanti Cristo erano state vergate parole molti simili: lo storico greco Erodoto, parlando nelle sue “Historiae” dei popoli nordici, aveva infatti riferito della loro strana abitudine di spostarsi nella neve con “scarpe di legno”.

E chissà quanto sarà sembrato fuori da ogni umana comprensione, ai montanari del borgo torinese di Giaveno, veder scendere dal “loro” Alpetto il pioniere Kind: tradizione vuole che, vedendolo scivolare sci ai piedi, guance rosse e barba bianca, attorno al 1890, ebbero a urlare atterriti “il diavolo, il diavolo!”. Avevano invece pensato alla mano di Dio, i monaci del Gran San Bernardo: nel 1883, un norvegese di passaggio si era presentato al loro ospizio con un paio di sci, mostrando i "prodigi" di quegli attrezzi.
Fatto sta che, dieci anni dopo, il monastero ne possedeva ben 12 paia. Nel 1936, la prima seggiovia arriva a Sun Valley (Idaho, Usa). A Madonna di Campiglio, 12 anni dopo. Collega il paese con il monte Spinale, quello stesso che nel 1910 era stato risalito a suon di pelli a olio di gomito dai primi “skiatori” inglesi avventuratisi in loco. Ed è bello, oggi, scivolare sulle loro orme. Risalire con le pelli quel dolce pendio, aggirarlo dalla conca di malga Fevri. E doppiare, dieci metri sopra il tuo capo, le telecabine 12 posti che volano dritte a 6 metri al secondo.
