venerdì 13 dicembre 2019
Il burattino di Collodi torna sul grande schermo. Il regista: «Una favola senza tempo densa di significati». Protagonista il piccolo Federico Ielapi. Geppetto è Roberto Benigni
Foto di scena del film “Pinocchio” di Matteo Garrone: il piccolo Federico Ielapi interpreta il celebre burattino, con  Roberto Benigni-Geppetto

Foto di scena del film “Pinocchio” di Matteo Garrone: il piccolo Federico Ielapi interpreta il celebre burattino, con Roberto Benigni-Geppetto - Ansa

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Quella tra Matteo Garrone e Pinocchio è una storia d’amore che dura da 45 anni. Era solo un bambino infatti quando il futuro regista cominciò a disegnare il romanzo pubblicato da Collodi nel 1883 e da allora quella scintilla non si è mai spenta, tanto che trucioli del celebre burattino di legno sono sparsi i tutti i film dell’autore. Basti pensare che il Grillo Parlante compariva già in Reality. E così, a quattro anni dal suo concepimento, il Pinocchio di Garrone arriva sul grande schermo interpretato dal piccolo Federico Ielapi, Roberto Benigni, Gigi Proietti, Massimo Ceccherini, Rocco Papaleo, Massimiliano Gallo, Gianfranco Gallo, Teclo Celio, Marine Vacht, Alida Calabria (già nel cast di Dogman), Alessio Di Domenicantonio, Maria Pia Timo, Davide Marotta, Paolo Graziosi. Un gran numero di attori per dare vita a una favola senza tempo che, come sottolinea il regista stesso, è ricca di leggerezza, ironia e comicità, adatta a un pubblico vastissimo sulle orme di un romanzo dalla vocazione popolare. Prodotto da Archimede, Rai Cinema, Le Pacte e Recorded Picture Company, il film sarà in 600 sale dal 19 dicembre, distribuito da 01, ma le copie saliranno a 700 a Natale. La storia è nota: Geppetto, un falegname povero e affamato, riceve in regalo da Mastro Ciliegia un pezzo di legno con il quale realizza un burattino, che chiama Pinocchio. Ma in quel ciocco batte forte un cuore: appena avrà una bocca Pinocchio dirà «Babbo!» e appena avrà le gambe comincerà a correre per il mondo, curioso, puro, con la voglia di divertirsi, incapace di credere all’esistenza del male. Sul suo cammino incontrerà Mangiafuoco e il Grillo Parlante, il Gatto e la Volpe, la Fata Turchina, Lucignolo, la Balena e molti altri personaggi che tra tante avventure, alcune delle quali anche brutali (come la scena dell’impiccagione e quella della trasformazione in asino) consentiranno la sua educazione alla vita e la sua rinascita come bambino vero. La scelta del regista, che ha sceneggiato il film insieme a Massimo Ceccherini («Garrone è la mia Fata Turchina», ha detto l’attore), è quella di rimanere fedele alla storia originale contando anche sul make up e gli effetti speciali del premio Oscar Mark Coulier, che sul volto di Ielapi, ogni giorno sottoposto a quattro ore di trucco, ha modellato una maschera di silicone disegnata da Pietro Scola simulando una texture legnosa che non coprisse però le espressioni facciali e le emozioni del giovanissimo attore, otto anni appena.

Le scenografie sono di Dimitri Capuani, i costumi di Massimo Cantini Parini, le musiche di Dario Marianelli, la fotografia di Nicolaj Brüel e il mon- taggio di Marco Spoletini. Garrone non nasconde la sua grande fascinazione per la favola. «È cominciata con Il racconto dei racconti che mi ha permesso di esplorare il soprannaturale, un territorio dove realtà e fantastico si mescolano, e ora continua con Pinocchio, un grande classico, riportato in vita per sorprendere e incantare il pubblico». Anche tra Benigni e Pinocchio c’è un legame speciale: prima di diventare Geppetto, l’attore era stato il celebre burattino nel film da lui stesso diretto nel 2002. Ma prima ancora sua madre e Federico Fellini lo avevano ribattezzato Pinocchietto. «Ora mi dicono che mi resta da interpretare solo la Fata Turchina – scherza – ma io farei anche la Balena o il Tonno. La storia di Pinocchio appartiene a tutti, ci avvolge e affronta molti temi cruciali, primo fra tutti il rapporto tra padre e figlio, che io avevo già raccontato ne La vita è bella. Insieme a san Giuseppe, Geppetto è il padre più famoso del mondo: i due sono entrambi falegnami, hanno un figlio “adottivo” che fugge per il mondo, che muore e che risorge. Il mio Geppetto, segnato dalla vita e dall’età, è un uomo povero, di una povertà meravigliosa però, che fa sembrare la vita un miracolo. Una dignitosa povertà, come quella di Chaplin, che si trasforma nella più grande ricchezza. Pinocchio guadagna la vita e non potrebbe essere più ricco». «La storia di Pinocchio – commenta Garrone – può essere letta in molti modi. Racconta la ribellione all’ordine, la forza delle tentazioni, l’importanza dell’amore e della redenzione ». E Benigni aggiunge: «Pinocchio va oltre la classicità, è una storia densa di significati, simboli, metafore, allegorie, insegnamenti. Ci invita a non mentire, e lo fa attraverso la meravigliosa trovata del naso che si allunga, a diffidare di chi ci promette ricchezza in breve tempo, a credere nei miracoli, ad amare e rispettare chi ci ama, a cominciare dai genitori».

Sulle influenze esterne, Garrone non ha dubbi. «Amo i registi come Tim Burton, che conosco bene, ma per costruire sullo schermo il mondo di Pinocchio sono partito dalle origini, e cioè dai disegni di Enrico Mazzanti, il primo illustratore della favola di Collodi. Sono poi stato ispirato dalla semplicità cromatica dei macchiaioli e dalle atmosfere del Pinocchio di Comencini». E aggiunge: «Sono fiero che questo film sia stato fatto in Italia con facce italiane e attori capaci di restituire tutte le sfumature dei personaggi di Collodi. Mi piace pensare che ne sarebbe felice anche a lui».

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