domenica 29 marzo 2020
Il tempo del coronavirus con la chiusura forzata delle sale si sta rivelando un formidabile incubatore di produzione culturale online
Il coronavirus e il salto evolutivo dei musei digitali
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Se il pubblico non va al museo, il museo va al pubblico. È ormai quasi impossibile contare le iniziative online messe in atto da istituzioni museali ed espositive per fare fronte alla inaccessibilità da Covid–19. Subito nelle prime ore della fase emergenziale sui social network sono girati listoni di siti di musei. Nel corso dei giorni si è invece strutturata un’offerta sempre più organica.

Per quanto questa fase stia portando a visibilità e attenzione a un ben più lungo lavoro pregresso di vita digitale del mondo museale (ragione per cui chi già era piuttosto attivo non si è trovato impreparato) il tempo del Coronavirus si sta rivelando come un formidabile incubatore per l’evoluzione della presenza digitale della cultura – in senso lato, non solo quella dell’arte: vanno naturalmente contemplati i musei scientifici, le biblioteche e (senza contare musica e teatro, degli universi a sé stanti) si stanno muovendo sul web anche istituti apparentemente più rigidi come gli archivi. A riprova che il mondo della cultura è assai meno polveroso dei cliché con cui viene spesso dipinto.

La tipologia delle proposte è davvero molto varia. Ci sono video di visite guidate, come ad esempio per la mostra di Raffaello alle Scuderie del Quirinale (con approfondimenti di curatori e backstage), oppure pillole video sui social come hanno scelto gli Uffizi o il Museo della scienza e della tecnologia di Milano. Nella maggioranza dei casi, però, le mostre online sono composte di immagini e testi, “allestite” sui propri siti. Un collettore di esperienze, una vera miniera, è invece Google Arts & Culture: qui, tra le realtà italiane, si trovano ad esempio le mostre digitali dell’Hangar Bicocca, molto ben fatte. La piattaforma di Google è ricca di tour museali e schede. In generale sul web i tour virtuali (recentissimo quello degli affreschi di Giotto ad Assisi) con vedute a 360° sono sempre più diffusi, ma per quanto affascinanti sono spesso poveri di informazioni, con il rischio di essere il gioco di una volta sola.

C’è poi lo sforzo di produrre contenuti di approfondimento sia sfruttando l’archivio sia con testi e video realizzati ad hoc, magari dallo studio di casa: addio paludamenti, la cultura si mostra nella sua quotidianità. Da sottolineare l’offerta per i più piccoli: ad esempio il Maxxi propone laboratori a distanza con video e materiale da scaricare (tra cui un pop up da Kentridge), il Museo di Trento tutorial di coding mentre i servizi educativi dei Musei Civici di Venezia hanno una agguerritissima pagina Facebook. D’altronde i musei stanno sfruttando ampiamente i canali social e anche piattaforme apparentemente meno immediate come Spotify (da sempre più musei usato come strumento integrato di visita): c’è una forte componente audio nel museo digitale.

Tra i social sembra essere Instagram la piattaforma preferita. Qui ad esempio la Triennale sta proponendo un suo quotidiano Decameron di incontri. Su Instagram è Radio Gamec, promossa dal museo bergamasco ogni mattina in diretta alle 11.30. Su Instagram il Mibact ha lanciato per oggi “ArT you ready?” in cui si invita a postare con l’hashtag #artyouready foto realizzate all’interno di musei, parchi archeologici, biblioteche e archivi d’Italia, meglio se senza persone.

La linea forse maggiormente intrigante è quella, più particolare, della produzione di opere d’arte per la fruizione online. È la direzione in cui si muove ad esempio la Fondazione Nicola Trussardi – la quale non ha una sede espositiva ma organizza mostre e installazioni in musei e spazi urbani – che proprio ieri ha lanciato “Viaggi da camera”, progetto online che raccoglie e distribuisce immagini, video e testi, scelti da artisti chiamati a raccontare il proprio spazio domestico e privato. Hanno già aderito tra gli altri Cattelan, Isgrò, Masbedo, Migliora, Penone, Pivi. Il Madre a Napoli ha invitato artisti e creativi a reinterpretare alcune parole chiave di questo momento. L’iniziativa è solo parte di un programma digitale più ampio, che comprende ad esempio una selezione dalla collezione di videoarte.

Resta da capire quanto il moltiplicarsi delle iniziative, non senza una certa foga, abbia una risposta in termini di fruizione. Non è difficile immaginare un boom emotivo: fino a che punto si assesterà in abitudine? Sarebbe interessante capire anche i tempi e i modi del “consumo” di questa offerta online. Il tempo dedicato alla cultura, fosse anche leggere un libro, ha come fattore determinante anche lo stacco, un vero e proprio cambio d’aria che coinci (senza contare il suo valore relazionale e comunitario: la cultura è qualcosa che “si fa” insieme). Qui si tratta di restare nello stesso ambiente, concreto ed elettronico, in una casa diventata luogo di lavoro e di confino. Forse è più facile ipotizzare fughe temporanee, intervalli che rendano disomogeneo un tempo indistinto che ha perso i suoi marcatori.

Sono dati che sarà possibile raccogliere e analizzare con completezza più avanti. Eppure la sensazione è che questo fenomeno, a livello di proposta, abbia un valore strutturale. Se, come molti ripetono non senza gli automatismi della retorica, dopo non sarà più come prima, cosa accadrà sul fronte della cultura? Quando tutto finalmente ripartirà la difficile ricostruzione non potrà che comportare una revisione strutturale dei modelli di gestione, produzione, fruizione. In ogni caso una sempre maggiore integrazione tra quello che un tempo chiamavamo virtuale e realtà.

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