domenica 19 giugno 2016
 Il totalitarismo ideologico della SCIENZA
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In ogni epoca storica le filosofie vengono sottoposte a delle prove cruciali. La prova cruciale nell’Antichità era la loro capacità di produrre saggi; nel Medioevo di razionalizzare il dogma; nell’età moderna di fondare la scienza; nel XX secolo, come ha annotato Foucault, di rendere ragione dei massacri. Anche Hélène Metzger, laureata in cristallografia e studiosa della storia della chimica, morta ad Auschwitz nel 1944 per le sue origini ebraiche, in questo breve, ma denso e attuale scritto, La scienza, l’appello alla religione e la volontà umana (a cura di Mario Castellana, Pensa MultiMedia, pp.141, euro 15), nel quale ha espresso le sue ultime considerazioni sulla scienza e la filosofia prima della deportazione, si interroga sull’influenza dello scientismo positivista e del determinismo meccanicista sulla «sterilizzazione della mente» e «la distruzione di ogni ideale religioso e di ogni valore metafisico o morale», che hanno aperto la strada al nichilismo del senso e della verità e alla disintegrazione della volontà e della libertà e hanno prodotto il totalitarismo e l’olocausto. È una lucida e ben argomentata critica allo scientismo e al positivismo, che, riducendo la verità alla pura constatazione fenomenica della realtà, hanno prodotto «una sorta di passività dello spirito». L’atteggiamento positivista «considera la nostra volontà e il nostro ideale come dei fatti completamente simili ai fenomeni della natura». Il conseguente determinismo ha depotenziato anche la morale e la libertà della volontà umana. Se l’immagine del mondo è quella di un insieme di fatti e i loro legami sono leggi fisse, se non vi è nessun «progetto superiore e fuori dal mondo sensibile», le domande sull’ «inconoscibile » (Spencer), le aspirazioni infinite verso gli ideali, ridotti essi stessi a fatti, vengono ignorate, neutralizzate con gravi effetti sulla società, condannata ad una inerzia spaventosa simile a una dannazione. La morale, annota la Metzger, «perderà la sua autorità e la sua forza cogente», se veniamo a sapere che «la nostra coscienza morale, intellettuale e religiosa non è altro che il risultato delle forze vitali e sociali che agiscono tramite noi e in noi». In questa ottica anche la conoscenza del determinismo è essa stessa un ingranaggio del determinismo, rendendo vacuo il libero arbitrio e quindi la nostra volontà, che «sembra improvvisamente emergere, senza sapere veramente perché, da un abisso insondabile perché vuoto». «Lo scetticismo delle folle ha reso il pubblico sempre più credulone, perché accetta o combatte, senza sapere perché, le ideologie, le superstizioni, le verità che non ha strumenti per distinguerle dall’errore, dall’ipotesi o dalla fantasia ». La Metzger analizza le cause metafisiche del totalitarismo e ritiene tale malessere non «definitivo », né fatale, e invita a liberarsi «dalle catene che ci tengono imprigionati». «Perché l’anima umana non è caduta interamente nell’animalità », è ancora possibile cercare la verità andando oltre l’apparenza. Le nostre aspirazioni più innate, più incoercibili, più fondamentali continuano a sussistere in noi, «anche se siamo caduti nelle trappole che forse abbiamo creato noi stessi». C’è «un rifiuto che il nostro animo oppone segretamente alle dottrine che riducono l’intero essere umano all’ordine biologico e sociale; è un rifiuto semicosciente che assomiglia ad un malessere persistente, ad una timida protesta la cui giustificazione conduce ad una forma di resistenza immediatamente vincente». Questo rifiuto è «una molla potente» per farci riscoprire nuovamente «l’equilibrio del nostro pensiero e della nostra azione, l’attrazione magnetica del nostro essere verso il bene e verso Dio, la saggezza personale e sociale». Il pensiero della Metzger, come afferma Mario Castellana, che ha il merito di aver curato questo volume e scritto un documentato e raffinato saggio introduttivo, può essere accostato insieme a quello di altri «cuori pensanti», per usare l’espressione di Laura Boella, come Simone Weil, Hanna Arendt, Edith Stein, Padre Florenskij, Etty Hillesum, Maria Zambrano, segnati tutti da una comune «epoca tremenda ». Grazie alla comune sofferenza e alla loro volontà di «continuare a pensare», questi “cuori pensanti” «hanno dato un contributo decisivo alla costituzione di quella che la Metzger chiamava “repubblica delle menti” in polemica con tutti coloro che in un modo o nell’altro ambivano a imporle scelte di vita o idee». Era convinta che «solo coltivando un progetto corale di natura cognitiva si gettavano le basi per far fronte alle patologie della ragione e per pensare un futuro più democratico libero dai condizionamenti in cui il primo Novecento nel suo complesso si era trovato invischiato ».
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