domenica 1 maggio 2016
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«Non sono uno di quelli che pensa che il teatro sia in crisi. Lo frequento da vent’anni e vedo sempre più gente appassionata correre a teatro». In effetti il regista tedesco Thomas Ostermeier ha ragione. Chi da decenni si muove fra platee, foyer, retroscena sa bene quanto l’espressione “il teatro è in crisi” sia divenuta col tempo uno stucchevole mantra o una lamentosa posa. Finché ci sarà gente che rischierà la vita o la libertà per “fare teatro” clandestino (un esempio su tutti quello del Belarus Free Theatre in Bielorussia), ma anche finché ci sarà più normalmente gente disposta a macinare chilometri per assistere a uno spettacolo dal vivo, allora vuol dire che, come diceva Grotowski, «il teatro non sarà indispensabile», ma risponde a un insopprimibile desiderio: «attraversare le frontiere fra te e me». È questo anche il fascino e la peculiarità del Premio Europa per il Teatro che dopo cinque anni di silenzio si ripresenta ridimensionato, confuso e un po’ infelice, a Craiova in Romania. Il prestigio di questo premio e il suo respiro internazionale comunque resistono anche in questa quindicesima edizione, nonostante affanni organizzativi e inevitabili tagli. Cinque i vincitori del Premio Europa Realtà teatrli: l’ungherese Viktor Bodò, il tedesco Andreas Kriegenburg, lo spagnolo Juan Mayorga, il collettivo del National Theatre of Scotland e il francese Joël Pommerat. In più premio speciale al regista rumeno Silviu Purcarete e celebrati due “ritorni” (ex premiati delle precedenti edizioni): Thomas Ostermeier e il nostro Romeo Castellucci. Il riconoscimento principale è stato conferito al “guru” della danza, il coreografo e regista svedese di fama mondiale Mats Ek, che ha ribadito il suo addio all’arte coreutica. Quattro giorni di full immersion da cui se ne esce piuttosto storditi ma con alcuni squarci immaginifici e lacerti verbali indelebili. Come il Julius Caesar. Spared Parts (Giulio Cesare. Pezzi staccati), frammenti dello storico allestimento del 1997 di Castellucci, ispirato alla tragedia di Shakespeare, e che ancora nel 2016 mostra tutta la sua potenza iconografica e il dramma di un’arte retorica afasica e sgolata. Impressionanti e inquietanti il discorso di Antonio pronunciato dall’attore tracheotomizzato e lo scoppio progressivo e inesorabile delle nove lampadine provocato dal sofisticato marchingegno-macchina di tortura. Potente e prepotente anche il Riccardo III di Ostermeier, tanto vizioso e odioso, quanto ammiccante e seducente: «Alla fine lo spettatore ne esce turbato – ci svela il regista tedesco – perché scopre che in ognuno di noi si può nascondere un Riccardo III». Geniale e originale Last Dream on Earth degli scozzesi del Teatro Nazionale, un racconto parallelo fruito con audiocuffie che con musica ed effetti sonori dal vivo sviluppa simultaneamente due viaggi drammatici: nello spazio verso l’ignoto e nel mare verso la sopravvivenza. Memorabile poi la poesia e l’elegia della coppia profusa col balletto Axe - Ascia, offerto dal vincitore Mats Ek a conclusione della serata di premiazione. Infine si torna dalla Romania con due spinte contrarie e necessarie: quella del premio Europa che vuole ritrovare sede stabile in Italia e l’appello di Armando Punzo, il regista della Compagnia della Fortezza affinché la sua rinomata realtà teatrale della Casa di reclusione di Volterra possa travalicare i confini nazionali per andare in tournée in Europa. Dopo cinque anni, ricompare in Romania e in edizione ridotta, ma il segnale è importante Attendendo il rientro in Italia © RIPRODUZIONE RISERVATA
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