domenica 27 ottobre 2013
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Il Gattopardo torna in Sicilia. E da domani anche in settanta sale italiane, su iniziativa della Cineteca di Bologna. In questi giorni, intanto, il film di Luchino Visconti è stato celebrato ad Agrigento, la città che dal 1979 ospita le attività dell’Efebo d’Oro: un premio interamente dedicato al rapporto fra letteratura e cinema, in una prospettiva che ha portato a valorizzare, tra gli altri, Pupi Avati, Piero Chiara, Michelangelo Antonioni e Vincenzo Cerami. Scrittori, cineasti e scrittori-cineasti, in un incrocio reso quest’anno particolarmente interessante dal cinquantesimo anniversario del Gattopardo cinematografico. Il romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa uscì, postumo, nel 1958 e fu subito al centro di un caso politico-culturale culminato nel 1963 con il film diretto da Visconti. È la vicenda ricostruita da Alberto Anile e Maria Gabriella Giannice in Operazione Gattopardo (Le Mani), premiato ad Agrigento come miglior saggio sul cinema. «Visconti sceglie una lettura molto personale – hanno spiegato gli autori nel corso del dibattito organizzato nell’ambito dell’Efebo d’Oro – e si sofferma in modo esclusivo su una sola delle linee percorse da Tomasi di Lampedusa: quella, diventata poi proverbiale, del trasformismo». Che l’opera del principe-scrittore sia molto più complessa è la convinzione di Roberto Andò, che con Viva la libertà!, tratto dal suo romanzo Il trono vuoto, si è aggiudicato il premio per il miglior film di ispirazione letteraria: «Il confronto con il Gattopardo aiutò Visconti ad affrancarsi del tutto dal neorealismo, a conferma del ruolo di Tomasi di Lampedusa come maestro paradossale».

Anche Graziano Diana, vincitore dell’Efebo d’Oro per la miglior fiction televisiva con Edda Ciano e il comunista (dal romanzo di Marcello Sorgi che riceve qui il premio alla carriera), segnala il prodigioso allineamento fra romanziere, regista e protagonista: «Nel Gattopardo – dice – Visconti abbandona l’oggettività per assumere, per la prima volta, il punto di vista di un personaggio, il principe di Salina interpretato da Burt Lancaster». Da parte sua, il critico Piero Violante è persuaso che l’idea centrale del film («La denuncia di una Sicilia irredimibile, prigioniera di un mutamento immobile») conservi ancora oggi una validità degna di attenzione. Resta da verificare il piccolo mistero delle sequenze tagliate da Visconti: le poche immagini superstiti sono visibili nel documentario di Anile e Giannice, I due Gattopardi, che da domani accompagna in sala il capolavoro ritrovato.

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