mercoledì 9 dicembre 2009
Dall’Olivetti di Ivrea alla Piaggio di Pontedera, i musei aziendali mettono in mostra l’Italian Style Gli allestimenti riconciliano l’antica opposizione tra vita attiva e vita contemplativa e riaffermano il valore profondamente sociale del fare impresa.
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Turismo. Industria. Museo. Sono termini non più distanti: nell’era postindustriale l’industria diventa cultura, e questa in Italia, com’è noto, è da tempo il fattore principale che attira il turismo. I musei di impresa esistono da tempo ma da qualche anno a questa parte stanno proliferando, al punto che l’associazione Museimpresa, nata nel 2001, cinque anni dopo l’uscita della prima guida sulle collezioni aziendali, ne pubblica ora una nuova edizione, Turismo industriale in Italia ( Touring club italiano, pagine 224, euro 16,00). «I musei si qualificano come espressioni di identità di una comunità, come sintesi del genius loci », scrive Salvatore Carrubba nell’introduzione al volume. Nel museo d’impresa si riconcilia l’antica opposizione tra vita attiva e vita contemplativa e si riafferma, per dirla ancora con Carrubba, «il valore profondamente sociale del fare impresa». Particolarmente interessante risulta in quest’ambito l’associazione Archivio storico Olivetti di Ivrea ( Torino): nelle migliaia di volumi raccolti si dipana non solo il racconto di un’azienda che è quasi sinonimo dello scrivere nell’epoca moderna (chi non associa le immagini di Indro Montanelli e Enzo Biagi alla famosa Lettera 22, da tempo in esposizione permanente al Moma di New York come immagine del genio del design italiano?), ma anche quello dell’impegno di un uomo come Adriano Olivetti che ha cercato di tratteggiare una città nuova in cui industria, essere umano e macchina non fossero contrapposti, e in cui architettura e urbanismo collaborassero per rendere accogliente e funzionale il luogo del vivere associato. La biblioteca dell’Archivio storico permette di accedere a tutti gli studi realizzati nell’ambito del movimento Comunità lasciato da Adriano Olivetti; il museo mostra la macchine per scrivere prodotte dai primi del Novecento fino ai calcolatori elettronici degli anni più recenti. E la sede di tale apparato espositivo e documentale si trova entro un museo a cielo aperto dell’architettura moderna attorno alla fabbrica e ai suoi uffici, dall’asilo nido e la casa popolare di Figini e Pollini (1939-41) alla mensa aziendale firmata da Gardella (1961), all’unità residenziale progettata da Gabetti e Isola (1971). Se invece siete fanatici di quel mito contemporaneo che è il motore, avete di che sbizzarrirvi. C’è per esempio il Museo Alfa Romeo ad Arese (Milano), che espone auto da corsa e da turismo a partire dal 1906 e presenta anche i motori per aeroplani, quali il modello 110 che azionava l’aereo Grifo Sai Ambrosini con cui Leonardo Bonzi e Maner Lualdi compirono a trasvolata da Milano a Buenos Aires per raccogliere fondi per la Casa del piccolo mutilato di don Gnocchi. E la guida non manca di informarvi anche sul quattro­cinquecentesco santuario della Madonna dei Miracoli che troverete vicino, presso Saronno ( Varese), e sulla altrettanto vicina Villa Arconati, i suoi rutilanti giardini e le sue molteplici iniziative concertistiche. E su rombanti e futuristici argomenti consimili ecco l’Archivio Fiat di Tor ino, o il Museo della motocicletta Frera di Tradate ( Varese), il Museo Nicolis dell’Auto, della tecnica e della meccanica a Villafranca di Verona, il Museo Ducati a Bologna, la Galleria Ferrari a Maranello (Modena) – ma se ci passate non vorrete negligere di dare anche un’occhiata alla cattedrale di Modena, con i preziosi bassorilievi di Wiligelmo... –, il Museo Piaggio Giovanni Alberto Agnelli di Pontedera (Pisa), che oltre alle innumerevoli motociclette e motori aerei di offre anche l’occasione di una visita alla Certosa di Pisa, e poi, citati ma non illustrati, trovate la Collezione Pininfarina a Cambiano ( Torino), il Museo della Sidecar a Cingoli (Macerata) il Museo dell’Automobile Bonfanti Vimar a Romano d’Ezzelino ( Vicenza), il Museo dell’Automobile Carlo Biscaretti di Ruffia a Torino, il Museo Lamborghini a Sant’Agata Bolognese (Bologna), il Museo Quattroruote a Rozzano (Milano), il Museo Moto Guzzi a Mandello del Lario (Lecco), lo Spazio Iso Rivolta a Bresso (Milano)... In tutti si manifesta il connubio che rende particolare il nostro Paese: la tecnologia si associa all’estetica, la macchina si ritrova addosso un’anima nella forma elaborata non solo per rispondere a prestazioni tecnologiche, ma anche per esprimere la propria finalità e appagare lo sguardo. Si può dire che in tutti i musei d’impresa italiani il design sia aspetto centrale, ma ve ne sono alcuni per i quali questo è assolutamente predominante: da Casa Zegna di Trivero (Biella) al Zucchi Collection Museum di Milano nel campo del tessile, dal Museo Alessi di Crusinallo di Omegna ( Verbania) al Kartellmuseo di Noviglio (Mi) per l’oggettistica d’arredo. Per questo il museo d’impresa è narrazione ascrivibile non solo al settore economico, ma più in generale a quello culturale. In ogni oggetto si manifesta lo stato di avanzamento della tecnologia, insieme con la sensibilità diffusa del momento: un aspetto che usualmente è associato al percorso della storia dell’arte. Adriano Olivetti tra gli operai della sua azienda, negli anni ’50 Una Vespa 125 del 1948, oggi esposta a Pontedera
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