martedì 23 gennaio 2024
Il profondo legame con una terra e un popolo nelle voci di tre giocatori "storici" rossoblu: Beppe Tomasini, che con lui vinse lo scudetto, e i sardi Gianfranco Matteoli e Gigi Piras
Fiori davanti al murales dedicato a Gigi Riva allo Stadio Amsicora di Cagliari, dove i rossoblu vinsero lo scudetto del 1970

Fiori davanti al murales dedicato a Gigi Riva allo Stadio Amsicora di Cagliari, dove i rossoblu vinsero lo scudetto del 1970 - Ansa

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La notizia è piombata poco prima dell'ora di cena di lunedì: Gigi Riva ha concluso la sua vita terrena non avendo superato la crisi cardiaca che lo aveva colpito domenica. Il simbolo della Sardegna e dell'Italia calcistica è stato maestro e testimone di umanità e di sportività.

Lo ricordano ex calciatori del Cagliari Calcio, come Beppe Tomasini, suo compagno nella storica vittoria dello scudetto nella stagione 1969/1970. «Gigi ha concluso la sua vita in maniera serena – dice l'ex difensore rossoblu –, dopo aver dialogato tranquillamente con i medici. Per me è stato un grande amico, oltre che un compagno di squadra. La nostra era una formazione composta per la maggior parte da non sardi, otto su undici: a fine carriera, tutti e otto siamo rimasti sull'Isola, perché qui la vita è tranquilla, ti sembra sempre di stare in vacanza. Vivo qui da 54 anni e penso che la Sardegna sia la regione più bella d’Italia». «L'impresa che abbiamo realizzato – conclude – è rimasta storica, per una regione che aveva necessità di riscatto e di rispetto. Il calcio è riuscito a fare un miracolo per questa gente. E le persone ci sono ancora vicine, come testimonia il grande affetto che hanno per ciascuno di noi, e in particolare per Gigi».


Dello stesso avviso è Gianfranco Matteoli, storico capitano dei colori rossoblu: «Sono cresciuto con Riva – dice –, ero ragazzo quando lui era il grande campione da ammirare. Ora è come se fosse mancato uno di famiglia. Serberò per sempre il rapporto costruito con lui. Gigi è stato uno sportivo serio e dedito al suo impegno. Non parlava molto, ma in compenso quando lo faceva le sue parole ti segnavano. Ha scelto la Sardegna e Cagliari, perché in fondo era come noi: poche parole, sempre ben dosate e mai fuori luogo, sempre attento alla persona che aveva di fronte. Per me è stato un amico, una guida, uno che ha segnato la mia vita di calciatore ma soprattutto di uomo. Uno che ha regalato un sogno a un popolo, dal quale ha ricevuto sempre grande affetto, proprio per il suo essere autentico: uno che diceva le cose con schiettezza e non si abbassava a compromessi».

Gigi Piras, centravanti del Cagliari negli anni immediatamente dopo la conclusione della carriera di Riva così lo ricorda: «Sia come giocatore che come dirigente – dice – ha sempre insegnato a stare con i piedi ben piantati per terra. Io come giocatore sardo, venuto subito dopo di lui, ho trovato la strada già spianata da Riva e da tutti gli altri campioni che hanno vinto lo scudetto. Un traguardo che ha permesso al Cagliari di essere una squadra amata non solo in Sardegna ma in tutta Italia». «All'esordio con la maglia rossoblù – aggiunge – sostituii Nené giocando vicino a lui e segnando il mio primo gol. Anche in quell'occasione mi ricordò di rimanere comunque umile, di volare sempre basso».

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