venerdì 13 novembre 2020
Un volume racconta i “livres d’artiste” realizzati dal pittore francese durante gli anni della guerra: la scelta degli autori assume una valenza politica. Fino al liberatorio e autobiografico “Jazz”
Henri Matisse, “Jazz”, pagine 54-55 (“Icare”)

Henri Matisse, “Jazz”, pagine 54-55 (“Icare”) - Succession H Matisse / Dacs 2020 / Einaudi

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Uno dei massimi capolavori dell’arte del Novecento misura solo 42 x 32,3 centimetri ed è un libro. Si intitola Jazz e il suo autore è Henri Matisse. Si tratta di un livre d’artiste che l’autore, ormai anziano, pubblica nel 1947 ma avendovi lavorato fin dal 1941. È un’opera rivoluzionaria anche per Matisse stesso che per la prima volta vi sperimenta la tecnica dei papiers découpés, ossia di collage di forme ritagliate in carta colorata a gouache (e riprodotti in stampa attraverso la tecnica del pochoir). Diverse delle venti immagini che lo compongono sono tra le più note e riprodotte dell’artista, a partire dal-l’Icaro nero su un fondo blu stellato. Ma anche le pagine di testo sono a loro modo delle immagini: Matisse le verga con la sua larga e tonda grafia, raccontando se stesso e la propria arte.

Ma Jazz non è il solo libro d’artista di Matisse, è anzi in ottima compagnia. L’intero corpus, da Poésiés de Stéphane Mallarmé a, appunto, Jazz, è raccontato e analizzato da Louise Rogers Lalaurie in un sontuoso volume pubblicato in Italia da Einaudi. Matisse. I libri si focalizza solo sui livres d’artiste pubblicati in vita, lasciando da parte singoli frontespizi e illustrazioni per riviste o volumi veri e propri (come ad esempio Ulisse di Joyce). In questi ultimi casi l’intervento di Matisse è quello di un “illustratore”. Qui invece l’artista adotta un approccio integrato in un unicum di testo – scelto dall’artista stesso – e immagine. La forza di queste ultime ha portato spesso a scorporarle dal contesto. Rogers Lalaurie si focalizza invece su un dato essenziale: «L’intento – scrive – è quello di restituire in qualche modo la sensazione che si prova maneggiando e leggendo i libri di Matisse in quanto libri».

Henri Matisse, “Jazz”, pagine 90-91 (“L’avaleur de sabres”)

Henri Matisse, “Jazz”, pagine 90-91 (“L’avaleur de sabres”) - Succession H Matisse / Dacs 2020 / Einaudi

Quella del livre d’artiste è una tradizione che appartiene alla modernità francese: Parallèlement, pubblicato da Ambroise Vollard nel 1900 con poesie di Paul Verlaine e litografie di Pierre Bonnard, è un vero e proprio incunabolo di un genere nuovo che suscitò le proteste (di tecnica tipografica) dei bibliofili francesi. Se la norma è una sequenza relativamente tradizionale di parola e immagine d’autore, il genere conta anche prove pirotecniche come La prose du transsibérien et de la petite Jehanne de France di Blaise Cendrars e Sonia Delaunay (1913), che si fatica persino a chiamare “libro”. È questa per altro anche la radice della parte più affascinante della “biblioteca” contemporanea per l’infanzia, che ha sviluppato l’integrazione di diversi codici linguistici ampliandoli a forme e materiali. Non è un caso che spesso siano stati dei designer a sviluppare le potenzialità dell’oggetto libro per bambini, basti pensare in Italia ai pionieri Bruno Munari ed Enzo Mari.

In alcuni casi l’irresolubile integrazione in pagina di testo, motivi decorativi e immagini adottata da Matisse è tale da avere forse in William Blake la sola pietra di paragone. Certo, Blake era anche autore dei testi, Matisse – Jazz a parte – no. Ma è altrettanto vero che Matisse più che operare una scelta compie una acquisizione dei testi facendoli propri. «In diciotto anni – scriveva Louis Aragon nel 1948 – rinnovando il concetto stesso di illustrazione, questo grande pittore nei suoi libri principali si è sempre identificato con un aspetto del testo cui si interessava… Tutto si svolgeva come se, sul tardi della sua vita, Henri Matisse, in occasione dei suoi libri, raccontasse la sua vita».

L’entusiasmo con cui si dedicò a questa produzione è tale che Matisse stesso definì questa strada la sua “seconda vita”. E ha ragione l’autrice quando sostiene che «probabilmente senza l’impegnativa prova degli anni della guerra, corroborata dall’esperienza della scrittura e del disegno specificamente eseguiti per le pagine a stampa (...) Matisse non avrebbe mai avuto la rivelazione dei monumentali papiers decoupés o della Cappella del Rosario di Vence – la perfetta antitesi dei libri, in termini di scala dimensionale».

Louise Rogers Lalaurie osserva come «con l’eccezione delle Poésies de Stéphane Mallarmé ( 1932) i grandi libri di Matisse vennero creati negli anni bui della Seconda guerra mondiale». La loro pubblicazione sarebbe avvenuta in buona parte solo a conflitto concluso, con una cronologia che non corrisponde a quella di lavorazione. L’arte del pittore francese non è tra quelle che appaiono particolarmente interessate alle vicissitudini della storia. Eppure la scelta di restare nella Francia di Vichy anziché partire per il Brasile (le valigie erano già pronte) per il settantenne Matisse, tra i principali esponenti dell’arte degenerata, significa resistenza a quel regime delle Beaux-Arts nelle quali si identificava l’estetica del nazismo fatta propria dall’Académie collaborazionista.

“Pasiphaé”, pp. 58-59 (“Elle y pose sa joue... Elle l’embrasse...”)

“Pasiphaé”, pp. 58-59 (“Elle y pose sa joue... Elle l’embrasse...”) - Succession H Matisse / Dacs 2020 / Einaudi

In questa ottica rientra la selezione degli autori, che spazia dal Quattrocento al presente, inanellando le glorie della letteratura francese: dal poeta guerriero Charles d’Orleans e il gentiluomo rinascimentale Pierre de Ronsard su fino a Baudelaire e Mallarmé per approdare (è il 1943) al resistente Louis Aragon, che di Matisse scrive: «Nell’ora più buia della notte, si dirà, egli disegnava quei disegni chiari». «Quale migliore dichiarazione di opposizione alle tendenze arianizzanti del governo di Vichy – osserva Rogers Lalaurie – di Fleurs du mal di Baudelaire, con quell’orchestrazione di confronti tra le bellezze femminili ariane e quelle esotiche? Chi meglio di Ronsard, patriota dalla rinomata sensualità, cortigiano e gentiluomo di campagna, poteva celebrare gli “autentici valori francesi”»? O ancora chi meglio di Charles d’Orleans, che guidò i Francesi nella battaglia di Azincourt e trascorse venticinque anni da prigioniero degli Inglesi, perseguendo il proprio atto di resistenza con la poesia?».

La “reclusione” assolata e mediaticamente esposta nella “ Nice dominée”, come la chiamava Aragon, diventa così «una performance di libertà nella “cattività”, sotto il vigile occhio delle autorità di Vichy ». Jazz (titolo, si noti, “americano” e degenerato), si configura allora come la trionfale liberazione, visiva e tecnica, verso – come recita il titolo del penultimo capitolo del capolavoro – la “vita futura”.

Louise Rogers Lalaurie
Matisse. I libri
Einaudi. Pagine 320. Euro 85,00

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