lunedì 17 gennaio 2022
Il giocatore serbo torna in patria ma il futuro è da decifrare: a rischio anche il Roland Garros. Intanto gli italiani Giorgi e Berrettini vanno al secondo turno
Una squalifica dall'Atp potrebbe aprire a Djokovic la porta della politica

Una squalifica dall'Atp potrebbe aprire a Djokovic la porta della politica - Reuters

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Uno stanco e triste Novak Djokovic è atterrato a Belgrado, dopo essere stato espulso dall'Australia a causa delle regole di vaccinazione contro il coronavirus, accolto dai suoi compatrioti al grido di "Nole, Nole... Nole".

Il numero 1 del mondo di tennis ha lasciato l’aereo con due borse e una mascherina, dopo essere atterrato all'aeroporto della capitale della Serbia, in arrivo dallo scalo intermedio di Dubai, negli Emirati Arabi. Djokovic avrebbe dovuto essere stamani il protagonista del match di apertura degli Australian Open, ma il serbo non vaccinato non difenderà il suo titolo dopo che la Corte federale australiana ha respinto la sua richiesta di appello contro la cancellazione del suo visto, portando alla sua espulsione dal Paese. Nole ha lasciato ieri Melbourne con i suoi allenatori alle 22:51 ora locale (le 12:51 di ieri in Italia), senza far sapere quale sarà la sua destinazione finale, che poi si è svelato essere il suo Paese d'origine. Ad ora, come ha confermato la stessa madre del giocatore, non sono in agenda conferenze stampa.


Questa ingloriosa partenza, quando aspirava al decimo titolo degli Australian Open e al 21mo di uno slam, è l'epilogo di una telenovela di 11 giorni che mescola politica e diplomazia sullo sfondo dell'opposizione alla vaccinazione anti-Covid.
Adesso il futuro del giocatore è tutto da decifrare. Perché a fianco del provvedimento preso dall’Australia nei suoi confronti, ovvero l’espulsione e l’interdizione a tornare nel “Paese del canguri” per almeno 3 anni e addirittura una possibile coda penale per tutta la vicenda si potrebbe aprire un nuovo contenzioso legale davanti all’Atp, l’associazione dei giocatori professionistici che gestiste il tennis mondiale. Il rischio è quello di una lunga squalifica che metterebbe fine alla carriera dell’attuale numero uno al mondo del tennis, ormai prossimo a compiere 35 anni. Tra l'altro anche la prossima partecipazione ad un torneo del grande slam è già in dubbio: Parigi è intenzionata a interdire l'ingresso nel paese agli sportivi non vaccinati. Significherebbe addio al Roland Garros e un epilogo rapido alla fine della carriera. Per questo l’ipotesi che quanto successo in Australia, possa portare a Nole un indubbio vantaggio politico, al punto da ambire alla presidenza della Serbia non è affatto da scartare. Anzi.
Un Paese piccolo e per molti poco conosciuto, ma estremamente fiero del suo passato e della sua storia, e soprattutto fortemente orgoglioso dei suoi campioni e successi sportivi. La Serbia, nei dieci giorni che hanno sconvolto la vita e la carriera del suo Novak Djokovic, ha confermato più che mai il suo fortissimo orgoglio nazionale,
alimentato in questi ultimi anni dalla politica assertiva e muscolare del presidente Aleksandar Vucic, sempre più propenso a posizioni nazionalpatriottiche e desideroso di fare del suo Paese il “primo della classe”, una sorta di mini-potenza regionale nei Balcani. "Djokovic può tornare in Serbia a testa alta e guardare tutti negli occhi", ha detto Vucic dopo il decreto di espulsione del campione serbo dall'Australia. Una decisione questa accolta come un grave affronto, quasi un sacrilegio nei confronti del numero uno del tennis mondiale, un supercampione che in Serbia è considerato un’icona, alla stregua di un eroe, e a sostegno del quale nei giorni scorsi a Belgrado a migliaia avevano manifestato sfidando il gelo. Negli anni scorsi un sondaggio aveva rivelato che nel caso di una sua candidatura alla presidenza della repubblica, il cui voto in Serbia è a suffragio universale, l'amato Nole vincerebbe agevolmente con un enorme distacco. Ciò spiega le reazioni dure e perentorie di Belgrado all'espulsione del campione decretata dalle autorità australiane. Una decisione definita "scandalosa, politica, inaccettabile", con Djokovic vessato e trattato alla stregua di un "assassino seriale". I media serbi in questi giorni, sulla scia delle emozioni e di quello che viene ritenuto un accanimento del mondo intero contro la piccola nazione balcanica, si è spinta fino a ricordare i raid aerei della Nato nella primavera 1999 contro il regime di Slobodan Milosevic, e quella che viene considerata una eccessiva severità del Tribunale dell'Aja nei confronti quasi esclusivamente dei criminali di guerra serbi e non invece di quelli croati, bosniaci o kosovari. Tuttavia Novak, sottolineano tutti, lungi dall’essere stato umiliato, ne uscirà ancora più forte, pronto a nuove battaglie eroiche, come quella combattuta fino alla fine a Melbourne.



Intanto, il tabellone principale degli Australian Open ha preso il via con l’italiano Salvatore Caruso che ha sostituito nel “main draw” proprio Djokovic. Il giocatore italiano ha però perso contro il russo Miomir Kecmanovic per 6-4 6-2 6-1. Matteo Berrettini e Camila Giorgi sono invece usciti già vincitori dalle loro partite: il 25enne romano, n.7 del ranking Atp e del seeding australiano, ha faticato contro il 20enne statunitense Brandon Nakashima (n.68), superandolo alla fine per 4-6 6-2 7-6(7-5) 6-3. La 30enne maceratese, n.33 in Wta e 30 del tabellone, ha battuto invece la 20enne russa Anastasia Potapova (n.68) per 6-4 6-0. Atteso oggi l'esordio agli Australian Open di altri sei azzurri: Lorenzo Sonego, Fabio Fognini, Jasmine Paolini, Martina Trevisan e Lucia Bronzetti. Bene Sonego che ha superato "nonno" Sam Querrey per 7-5 6-3 6-3.


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