domenica 3 maggio 2009
Dei primati del Banco di San Giorgio i libri di storia economica sono digiuni. Colpa dei Medici e del fascino che continuano a esercitare, in particolare nel mondo anglosassone. Eppure secondo due ricercatori non c’è dubbio: fu questa la prima moderna azienda di credito
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Bisognerebbe guardare a Genova, dove tutto è cominciato. Ora che si vorrebbero ridefinire a livello globale regole e prassi della finanza, proprio quando si pensa – dopo una crisi paragonabile a quella del 1929 – di assegnare nuovi compiti alle Banche centrali o al Fondo monetario, converrebbe forse prestare maggior attenzione a quanto accaduto verso la fine del 1407 nella Casa di San Giorgio, lo splendido palazzo medievale in faccia al mare dove Marco Polo, prigioniero della Repubblica rivale, dettò a Rustichello da Pisa le sue memorie di viaggio e così nacque Il milione. Il Consiglio degli anziani autorizzò quell’anno otto grandi mercanti genovesi, rappresentanti delle famiglie più influenti e ricche della città, a fondare una banca che salvasse Genova, vicina al collasso finanziario, dopo l’estenuante conflitto con Venezia. Gli azionisti erano garantiti – come in una moderna Società per azioni – da un interesse del 7%. Nacque così il prototipo delle odierne aziende di credito. E non solo delle banche commerciali: anche della Banca d’Inghilterra, la banca delle banche, fondata quasi tre secoli dopo nel 1694, e quindi di tutti gli Istituti centrali come oggi li conosciamo. Eppure, del primato genovese e del suo Banco, i libri di storia economica sono pressoché digiuni. Tutta colpa dei Medici e del fascino che continuano a esercitare sugli storici, in particolare anglosassoni. La banca 'di famiglia' fiorentina, fondata nel 1397, è sì precedente a quella genovese.Ma non ebbe altrettanta fortuna – fallì nel 1494 – e soprattutto non può vantare le numerose invenzioni di tecnica bancaria e addirittura di finanza pubblica che hanno contraddistinto invece l’attività del Banco alle origini. C’è voluto l’incontro fra un professore universitario in pensione, Giuseppe Felloni, e un uomo d’affari che si divide fra Londra e la sua Genova, Guido Laura, per restituire al Banco di San Giorgio l’onore e il merito di essere stata la prima vera e propria banca pubblica moderna. «Rarefatti i contatti accademici e cessata l’attività didattica – si presenta in terza persona Felloni al suo indirizzo in Rete (www.giuseppefelloni.it) – ritiene di non avere ancora esaurito il proprio ruolo nel campo delle scienze storiche. Ha pensato perciò di utilizzare le straordinarie possibilità di internet per offrire i risultati di ricerche e di riflessioni a quanti condividono interessi simili». Tra le offerte, quella di scaricare uno sfizioso volumetto scritto appunto con Guido Laura intitolato Genova e la storia della finanza: una serie di primati? Il Banco, durante i quattro secoli della sua esistenza (1407-1805), ha combinato infatti alcune prerogative proprie di un’amministrazione statale – ad esempio la gestione della fiscalità e del debito pubblico – con un’attività finanziaria, iniziata nel 1408, che fu la prima del suo genere in Italia. L’attività era esercitata mediante i 'banchi', materialmente rappresentati da altrettanti tavoli posti nel palazzo di San Giorgio. La convergenza di funzioni diverse ma non incompatibili ha plasmato un ente unico e multiforme, nel quale si sono ravvisati, di volta in volta, i connotati di uno Stato, un prototipo delle odierne Spa e una fucina di tecniche finanziarie. Nonché l’embrione delle Banche centrali. Notava fra i primi Montesquieu: «San Giorgio è una specie di Monte di pietà, che, avendo fatto prestiti alla Repubblica e avendo ricevuto in cambio fondi di garanzia, paga il 2 e mezzo per cento a coloro che lo hanno sovvenzionato». È sorprendente l’analogia con il ruolo svolto proprio in questi mesi da istituzioni come la Federal Reserve americana o la Banca centrale europea nel porre un argine all’esondazione finanziaria e far fronte alla crisi economica. Come a Genova seicento anni fa. «Anche la Banca d’Inghilterra quando viene fondata nel 1694 – spiega Laura – ha un capitale sociale, costituito da un prestito alla Corona, remunerato con il gettito di un gruppo di imposte, esattamente specificate nella legge istitutiva. La differenza sta nella circostanza che l’interesse dei luoghi genovesi varia con i gettiti fiscali, mentre quello spettante alle azioni della Banca d’Inghilterra, pur provenendo da introiti simili, è garantito dal Tesoro nella misura del 6%. Non basta: i biglietti di cartulario di San Giorgio, che circolano dal 1630 circa, sono nominativi, pagabili a vista e trasferibili con girata. Ma lo sono anche le famose goldsmith’s notes diffuse a Londra nella seconda metà del ’600 e lo sono pure, per diversi anni, le notes della Banca d’Inghilterra. Sono forse azzardato – si chiede allora Laura – se ritengo che la Banca d’Inghilterra, nel suo cammino verso la Banca centrale, ha ripreso lo stesso percorso iniziato quasi tre secoli prima dalla Casa di San Giorgio?». Dal 1903 Palazzo San Giorgio ospita gli uffici dell’Autorità portuale. Negli ampi saloni ci sono tuttora le statue dei protettori delle Compere. Anche la sterminata documentazione del Banco è rimasta intatta ed è depositata attualmente presso l’Archivio di Stato di Genova. Felloni ha rovistato per trent’anni fra gli oltre 39.000 pezzi tra registri, filze e faldoni. E in questo modo ha ricostruito i dieci primati del Banco. «Le vicende della finanza genovese nel corso dei secoli – spiega Felloni – sono accompagnate infatti dall’applicazione di alcuni istituti che si trovano anche in altri Paesi, ma che vi sono documentati in epoca più tarda». Il collegamento, in particolare, tra le turbolenze della finanza pubblica e i capitali privati, è stato realizzato con il ricorso al credito. Anzitutto Genova ha inventato il debito pubblico. «Storicamente – dimostra Felloni recuperando un atto ufficiale del Comune di Genova datato gennaio 1150 – erano chiamati 'compere' i primi prestiti pubblici genovesi, in quanto il Comune concedeva ai sottoscrittori i proventi di alcune gabelle, per cui il prestito diveniva una specie di acquisto delle entrate fiscali del Comune». Tra gli atti dei notai genovesi ce n’è poi uno, risalente al 22 gennaio 1214, che costituisce il primo esempio di titolo di Stato, quello che noi oggi chiamiamo Bot. Ed è ancora genovese la prima lotteria abbinata al sorteggio delle cariche pubbliche: fu la «povera serva Catalina» a vincere nel 1417 un premio di mille lire. Che non sarà stato come centrare oggi un 6+1 al Superenalotto, ma corrispondeva comunque allo stipendio annuale di dieci cancellieri. Come spetta a Genova l’ideazione delle «stanze di compensazione», quelle istituzione che facilitano tuttora gli scambi a Piazza Affari o al New York Stock Exchange: se la prima clearing house – questo il nome tecnico – è stata inaugurata nel 1773 a Londra, già tra il 1580 e il 1630 comparvero delle stanze di compensazione annesse alle fiere genovesi di cambio. Alla Casa di San Giorgio va attribuito infine il primo esempio di ristrutturazione del debito statale, nel 1412, e, qualche decennio dopo, il rimborso del debito pubblico mediante i fondi di ammortamento, strumenti chiamati oggi sinking fund, di cui la finanza globale fa tuttora largo uso. Sono almeno dieci, allora, i motivi per cui il Banco non dovrebbe essere ricordato, come spesso accade, solo per aver avuto il pur celebre Cristoforo Colombo tra i clienti affezionati.
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