venerdì 19 giugno 2020
La Fondazione Imago Mundi riapre le Gallerie delle Prigioni a Treviso con #InsideOut, progetto in cui la finestra e la clausura appena conclusa diventano metafora e momento di riflessione
Toni Thorimbert, “Finestra”. «Costretti a guardarci allo specchio mentre guardiamo dalla finestra». Milano, 9 maggio 2020

Toni Thorimbert, “Finestra”. «Costretti a guardarci allo specchio mentre guardiamo dalla finestra». Milano, 9 maggio 2020 - © Toni Thorimbert

La Fondazione Imago Mundi riapre le Gallerie delle Prigioni, realizzata nelle antiche carceri asburgiche di Treviso, con #InsideOut, progetto in cui un gruppo di trenta fotografi internazionali esplora la metafora della finestra interpretando con la forza poetica del linguaggio visivo le percezioni individuali e collettive nel tempo del coronavirus, .

La finestra e le "prigioni" come punto di vista sul mondo, ma soprattutto come metafora, da Gianni Berengo Gardin a Guido Harari a Francesco Zizola a Shahidul Alam che rievoca, attraverso la foto di un plastico, la sua permanenza in prigione in Bangladesh a causa del suo attivismo per i diritti umani.

Shahidul Alam. «Più di tutto, desideravo fotografare i miei passeri. Altri prigionieri mi avevano portato delle scatole di cartone con cui ho creato delle piattaforme per farli appollaiare. Per farlo ho dovuto togliere la zanzariera dalle sbarre della cella, ma desideravo così tanto far entrare i miei nuovi amici pennuti che ero pronto a sopportare qualche puntura di zanzara. All’inizio erano timorosi, e ci ho messo un po’ di tempo a capire le loro preferenze alimentari, ma presto siamo diventati amici e loro hanno preso a volare dentro e fuori dalla mia cella. Ciascuno aveva il suo verso, e presto ho imparato a distinguerli l’uno dall’altro»

Shahidul Alam. «Più di tutto, desideravo fotografare i miei passeri. Altri prigionieri mi avevano portato delle scatole di cartone con cui ho creato delle piattaforme per farli appollaiare. Per farlo ho dovuto togliere la zanzariera dalle sbarre della cella, ma desideravo così tanto far entrare i miei nuovi amici pennuti che ero pronto a sopportare qualche puntura di zanzara. All’inizio erano timorosi, e ci ho messo un po’ di tempo a capire le loro preferenze alimentari, ma presto siamo diventati amici e loro hanno preso a volare dentro e fuori dalla mia cella. Ciascuno aveva il suo verso, e presto ho imparato a distinguerli l’uno dall’altro» - © Shahidul Alam/Drik/Majority World

Masahiro Usami, International departure gate, Tokyo 2020. «È capitato che la top model Naomi Campbell è stata vista attraversare l'aeroporto di Los Angeles con addosso una tuta, occhiali e mascherina chirurgica e questo è diventato argomento di discussione anche perché intanto all’aeroporto di Haneda erano stati cancellati tutti i voli internazionali. Anche se i gate continuavano a rimanere aperti, nessuno era in grado di lasciare il Giappone pur indossando tutte le protezioni possibili. La cornice in questa foto è una finestra che spiega lo stato di Tokio ma è anche una finestra attraverso la quale osserviamo insieme quest’epoca»

Masahiro Usami, International departure gate, Tokyo 2020. «È capitato che la top model Naomi Campbell è stata vista attraversare l'aeroporto di Los Angeles con addosso una tuta, occhiali e mascherina chirurgica e questo è diventato argomento di discussione anche perché intanto all’aeroporto di Haneda erano stati cancellati tutti i voli internazionali. Anche se i gate continuavano a rimanere aperti, nessuno era in grado di lasciare il Giappone pur indossando tutte le protezioni possibili. La cornice in questa foto è una finestra che spiega lo stato di Tokio ma è anche una finestra attraverso la quale osserviamo insieme quest’epoca» - © Masahiro Usami


Mattia Zoppellaro. «Ogni sera a casa mia organizzo un cineforum, molto esclusivo, con soli due posti disponibili, uno per me e uno per la mia ragazza. È anche meglio del cinema, visto che si può fumare… Ieri abbiamo visto Raging Bull (Toro Scatenato). Durante la visione, abbiamo discusso assai poco amabilmente sul personaggio centrale, Jake La Motta. La bellezza del cinema sta nell’essere soggettivo, aperto a interpretazioni influenzate dalle proprie esperienze e conoscenze, dagli stimoli che ci arrivano dal mondo intorno. Recepire quel che gli altri ci trasmettono, rimeditando insieme con la persona che si ama penso sia il modo migliore per iniziare a guardare oltre quella finestra».

Mattia Zoppellaro. «Ogni sera a casa mia organizzo un cineforum, molto esclusivo, con soli due posti disponibili, uno per me e uno per la mia ragazza. È anche meglio del cinema, visto che si può fumare… Ieri abbiamo visto Raging Bull (Toro Scatenato). Durante la visione, abbiamo discusso assai poco amabilmente sul personaggio centrale, Jake La Motta. La bellezza del cinema sta nell’essere soggettivo, aperto a interpretazioni influenzate dalle proprie esperienze e conoscenze, dagli stimoli che ci arrivano dal mondo intorno. Recepire quel che gli altri ci trasmettono, rimeditando insieme con la persona che si ama penso sia il modo migliore per iniziare a guardare oltre quella finestra». - © Mattia Zoppellaro


Philipp Ebeling. «Una tazza di camomilla alle tre del mattino durante la quarantena a Londra»

Philipp Ebeling. «Una tazza di camomilla alle tre del mattino durante la quarantena a Londra» - © Philipp Ebeling


Fabio Cuttica. «Amalia (4 anni) mentre gioca, guarda verso il parco sotto casa attraverso la finestra della nostra casa a Bogotá. Dall’inizio di questa lunga quarantena, ho deciso di fotografare e creare un piccolo diario sulla mia famiglia, (la mia compagna Diana, la nostra figlia Amalia e il nostro sempre presente compagno a quattro zampe Rocco) cercando di raccontare in che modo ognuno di noi, nel nostro piccolo spazio, sta vivendo questo momento, unico, inaspettato e speriamo irripetibile. La fotografia anche questa volta è stata la mia compagna di “viaggio”, il mezzo per poter raccontare e riscoprire il nostro, apparentemente piccolo ma significativo mondo, una finestra immaginaria attraverso la quale poter osservare, senza farmi troppo notare, il crescere veloce e le infinite emozioni di mia figlia, la nostra nuova quotidianità, le nostre paure verso il presente che senz’altro ci obbliga a ripensare al nostro prossimo futuro in un modo diverso. Bogotá , Colombia, 27 aprile 2020»

Fabio Cuttica. «Amalia (4 anni) mentre gioca, guarda verso il parco sotto casa attraverso la finestra della nostra casa a Bogotá. Dall’inizio di questa lunga quarantena, ho deciso di fotografare e creare un piccolo diario sulla mia famiglia, (la mia compagna Diana, la nostra figlia Amalia e il nostro sempre presente compagno a quattro zampe Rocco) cercando di raccontare in che modo ognuno di noi, nel nostro piccolo spazio, sta vivendo questo momento, unico, inaspettato e speriamo irripetibile. La fotografia anche questa volta è stata la mia compagna di “viaggio”, il mezzo per poter raccontare e riscoprire il nostro, apparentemente piccolo ma significativo mondo, una finestra immaginaria attraverso la quale poter osservare, senza farmi troppo notare, il crescere veloce e le infinite emozioni di mia figlia, la nostra nuova quotidianità, le nostre paure verso il presente che senz’altro ci obbliga a ripensare al nostro prossimo futuro in un modo diverso. Bogotá , Colombia, 27 aprile 2020» - © Fabio Cuttica


Tommaso Bonaventura, “Adressed to the Nation”. «Questa immagine è un estratto di un lavoro che sto facendo in questo periodo di reclusione forzata. È una riflessione sull’iconografia del potere, a partire dai discorsi che ogni leader ha fatto alla nazione nelle settimane scorse. È stata la prima volta in cui, in epoca moderna, un numero così alto di capi di stato e sovrani ha fatto un discorso alla nazione. Sto raccogliendo decine di immagini tratte da questi momenti, di cui fotografo il primo secondo in cui il leader appare in TV».

Tommaso Bonaventura, “Adressed to the Nation”. «Questa immagine è un estratto di un lavoro che sto facendo in questo periodo di reclusione forzata. È una riflessione sull’iconografia del potere, a partire dai discorsi che ogni leader ha fatto alla nazione nelle settimane scorse. È stata la prima volta in cui, in epoca moderna, un numero così alto di capi di stato e sovrani ha fatto un discorso alla nazione. Sto raccogliendo decine di immagini tratte da questi momenti, di cui fotografo il primo secondo in cui il leader appare in TV». - © Tommaso Bonaventura

Olivia Arthur. “Confinement series, 15 days”

Olivia Arthur. “Confinement series, 15 days” - © Olivia Arthur/Magnum Photos


Gianni Berengo Gardin, “Camogli (Italia), 2020”. «Non avrei mai pensato che un giorno avrei dovuto fare una foto in digitale, tanto meno con un cellulare. Per colpa del virus sono bloccato in Liguria lontano da Milano. Ho con me una Leica a pellicola, con la quale faccio molte foto dalle mie finestre, ma non potendole far sviluppare ho dovuto ricorrere al cellulare di mia moglie. Tengo a dire che con il mio posso solo telefonare e mandare messaggi. Mai più spero di vedermi costretto a usare un cellulare per fare una fotografia»

Gianni Berengo Gardin, “Camogli (Italia), 2020”. «Non avrei mai pensato che un giorno avrei dovuto fare una foto in digitale, tanto meno con un cellulare. Per colpa del virus sono bloccato in Liguria lontano da Milano. Ho con me una Leica a pellicola, con la quale faccio molte foto dalle mie finestre, ma non potendole far sviluppare ho dovuto ricorrere al cellulare di mia moglie. Tengo a dire che con il mio posso solo telefonare e mandare messaggi. Mai più spero di vedermi costretto a usare un cellulare per fare una fotografia» - © Gianni Berengo Gardin

Pep Bonet, “Smelling Flowers”. «Adoro ciò che vedo attraverso la finestra della mia casa a Maiorca, mia moglie e mio figlio, le cose che amo di più, il fiore ... un segno d'amore. Durante il lock periodo li ho fotografati molto e  questo è uno scatto che per me rappresenta la bellezza di ciò che significa costruire e amare la tua famiglia».

Pep Bonet, “Smelling Flowers”. «Adoro ciò che vedo attraverso la finestra della mia casa a Maiorca, mia moglie e mio figlio, le cose che amo di più, il fiore ... un segno d'amore. Durante il lock periodo li ho fotografati molto e questo è uno scatto che per me rappresenta la bellezza di ciò che significa costruire e amare la tua famiglia». - © Pep Bonet/Noor Images

Francesco Zizola. «Io ti guardo nell’ombra e sembra non esserci altro che amore in questo tempo sospeso sul presente».

Francesco Zizola. «Io ti guardo nell’ombra e sembra non esserci altro che amore in questo tempo sospeso sul presente». - © Francesco Zizola/Noor Images


Bénédicte Kurzen, “Window”. «Tutte quelle strade mi hanno consumato e io le ho consumate. Il passato, il presente, qui e là sono tutti in me e i miei occhi sono dentro e fuori. Oggi l’orizzonte ha lo stesso blu, la stessa luce che mi ha penetrato per così tanto tempo altrove. Oggi l’orizzonte è l’estensione del mio sguardo e il mio sguardo è un’estensione del mio amore. Come sempre. Quando il sole diventa rosso, blu o giallo, guardo il mio presente permanente, ciò che è diventato parte di me. Oggi l’orizzonte brilla il mio amore». Lisbona, aprile 2020.

Bénédicte Kurzen, “Window”. «Tutte quelle strade mi hanno consumato e io le ho consumate. Il passato, il presente, qui e là sono tutti in me e i miei occhi sono dentro e fuori. Oggi l’orizzonte ha lo stesso blu, la stessa luce che mi ha penetrato per così tanto tempo altrove. Oggi l’orizzonte è l’estensione del mio sguardo e il mio sguardo è un’estensione del mio amore. Come sempre. Quando il sole diventa rosso, blu o giallo, guardo il mio presente permanente, ciò che è diventato parte di me. Oggi l’orizzonte brilla il mio amore». Lisbona, aprile 2020. - © Bénédicte Kurzen/Noor Images


Alessio Iacovone. «Chi è causa del suo mal pianga se stesso, dicono, ed io ho pianto e scavato solchi nel mio cuore che ho poi colmato di rimpianto. Oggi il mio corpo è una promessa disattesa che mi incatena alla colpa quotidiana. Chi è causa del suo mal pianga se stesso, dicono, ma che ne sanno di questa ferita nel cielo, il mio conforto e la mia maledizione». Milano, 2020

Alessio Iacovone. «Chi è causa del suo mal pianga se stesso, dicono, ed io ho pianto e scavato solchi nel mio cuore che ho poi colmato di rimpianto. Oggi il mio corpo è una promessa disattesa che mi incatena alla colpa quotidiana. Chi è causa del suo mal pianga se stesso, dicono, ma che ne sanno di questa ferita nel cielo, il mio conforto e la mia maledizione». Milano, 2020 - © Alessio Iacovone

Guido Harari, “Atro'città”. «Avevo negli occhi le immagini di Michael Wolf e delle sue “atro'città” orientali, quando ho fotografato questo edificio. Ero attratto, e al contempo affranto, dalla disumanità del claustrofobico reticolo di finestre e interspazi, domandandomi fino a che punto abitare in un edificio simile potesse alterare lo stato psichico dei suoi inquilini. Poi l’esperienza di alcuni mesi di lockdown mi ha suggerito una lettura più aspra.  Mentre il periodo della quarantena miracolosamente dischiudeva e liberava spazi interiori – la “finestra dentro” - la pandemia e le sue restrizioni fisiche ci trasformavano in fantasmi di noi stessi. Ho ripensato a quell’edificio e al desolato modernismo della sua architettura. Mi pareva sancire l’assoluta irrilevanza di sogni, di ideali, perfino delle parole. Questo era lo scheletro di un’umanità sparita, una griglia di cecità. Un perfetto ritratto del nulla».

Guido Harari, “Atro/città”. «Avevo negli occhi le immagini di Michael Wolf e delle sue “atro/città” orientali, quando ho fotografato questo edificio. Ero attratto, e al contempo affranto, dalla disumanità del claustrofobico reticolo di finestre e interspazi, domandandomi fino a che punto abitare in un edificio simile potesse alterare lo stato psichico dei suoi inquilini. Poi l’esperienza di alcuni mesi di lockdown mi ha suggerito una lettura più aspra. Mentre il periodo della quarantena miracolosamente dischiudeva e liberava spazi interiori – la “finestra dentro” - la pandemia e le sue restrizioni fisiche ci trasformavano in fantasmi di noi stessi. Ho ripensato a quell’edificio e al desolato modernismo della sua architettura. Mi pareva sancire l’assoluta irrilevanza di sogni, di ideali, perfino delle parole. Questo era lo scheletro di un’umanità sparita, una griglia di cecità. Un perfetto ritratto del nulla». - © Guido Harari


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