giovedì 9 giugno 2016
Europei, scende in campo la classe operaia
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Il Bataclan, la Senna e lo Sciopero introducono a un Europeo francese - inventato dai francesi nel 1960 - a dir poco inquieto. La Francia sta da giorni - inutilmente - cercando di risvegliare la passione dei calciofili, invitandoli a ignorare le notizie sempre più preoccupanti e a nutrirsi dei sorrisi di Super Victor, il bimbo-mascotte gioioso e pimpante. In tutti i media - blog e social compresi - c’è spreco di diversivi come Ibrahimovic, il campione per tutte le bandiere (e tutte le stagioni) che in fondo è il Vero Europeo, avendo giocato in Svezia, Italia, Spagna, Francia mentre s’appresta a sbarcare in Inghilterra. E intanto l’Uefa pompa l’evento arricchendolo di dettagli storici come la Supersquadra di tutti i tempi votata da circa quattro milioni di sportivi, un formazione anagraficamente e tecnicamente molto italiana: Buffon, Paolo Maldini, Beckenbauer, Puyol, Lahm, Iniesta, Pirlo, Zidane, Henry, Van Basten, Ronaldo, sei su undici sono eroi del nostro campionato (senza alcuna memoria per l’Undici che vinse l’Europeo Sessantotto: se c’è Beckenbauer, uno fra Rivera, Mazzola e Riva l’avrei inserito). Il tutto è per noi motivo di platonico orgoglio e di sicuro rimpianto mentre ci presentiamo al torneo continentale con una Nazionale che gode forse di tanta simpatia patriottica ma di scarsa fiducia tecnica. Che non sia una novità ve lo dice un vecchio navigatore che ha riscontrato in mezzo secolo abituali atteggiamenti disfattisti smentiti non solo dai campioni europei del ’68 e dai mondiali dell’82 e del 2006 ma anche in altre occasioni in cui abbiamo perduto il titolo all’ultimo respiro per un rigore, un golden gol oppure - come quattro anni fa - per un incredibile complesso d’inferiorità accusato nel confronto con la Spagna. Non avremo una grande Nazionale perché il campionato è povero, ma mi chiedo perché tanta povertà di pedatori continentali di riguardo (come quelli dell’All Stars su riportata) abbia riscontro con la presenza agli Europei di ben trentatrè “stranieri d’Italia” che vi elenco, sperando di non averne persi per strada: sono Berisha, Hysaj, Memushaj, Evra, Digne, Pogba, Tatarusanu, Chiriches, Lichtsteiner, Dzemaili, Hamsik, Kucka, Khedira, Szczesny, Cionek, Glick, Salamon (dal Cagliari), Blaszczykowski, Zielinski, Vrsaljko, Strinic, Perisic, Badelj, Kalinic, Mandzukic, Cop, Morata, Jansson, Hiljemark, Nainggolan, Mertens, Magnusson e Hallfredsson. I nostri avversari sono tanto più forti? Fra i trentatré estraggo due belgi, Mertens e Nainggolan, che ci faranno soffrire all’esordio, lo slovacco Hamsik e Pogba, Mandzukic e Morata, i soliti juventini di qualità, per poter parlare di campioni.  Come sempre, il pronostico suggerisce di temere i soliti noti - tedeschi e spagnoli - anche se la stima è suggerita dalle imprese di Bayern, Real e Barcellona nei campionati nazionali in cui giocano imbottiti di extracomunitari campionissimi; concetto che vale soprattutto per la Francia, luogo dato al- le imprese della multinazionale euroaraba Paris St. Germain; incuriosiscono l’Inghilterra - arricchita al volo di Vardy, creatura di Ranieri - gestita da quel Roy Hodgson ch’è un simpatico perdente, e l’Albania-miracolo di Gianni De Biasi, squadra operaia per eccellenza. Ho già detto da tempo che in siffatto quadro mi piace dare una presenza di rilievo all’Italia di Conte. Ribadisco: di Conte. Antonio è il valore aggiunto di una Nazionale che non esibisce stelle ma, come si è visto anche nei recenti test, è una squadra forte di due straordinarie virtù: tanta umiltà e una difesa solida, direi mondiale, “prestata” dalla Juventus. Partiamo senza esibire sicumera - come in occasione delle grandi sconfitte, da Germania ’74 a Sudafrica 2010 - con lavori in corso soprattutto dal punto di vista tattico, perché non ci affideremo soltanto alla difesa ma anche a una spinta agonistica da “bolgia infernale” - l’ormai stranota intensità come il Ct ci ha fatto vedere negli anni juventini.  È una fiducia comunque intrisa di sogni non proibiti, di una speranza che va oltre gli Europei: nel momento in cui Conte affronta il torneo continentale dando paradossalmente l’addio al calcio italiano, ci auguriamo che da questa avventura nasca una squadra capace di facilitare il lavoro del sostituto già annunciato, il “vecchio” Ventura. Il tecnico più provinciale d’Italia, come suggerisce il suo curriculum di venti squadre dirette in quarant’anni, è stato paragonato a Fulvio Bernardini, il “Dottor Pedata” che ebbe l’incarico di chiudere un’epoca dopo il disastro del ’74 e consegnò a Bearzot una Nazionale ringiovanita e ricca di talenti inediti; ma il confronto non esiste, per motivi che non approfondisco, e soprattutto non me lo auguro: il 1974 di Azzurro tenebra, la dolorosa favola di Giovanni Arpino, ci punì più di quanto non avesse fatto la Corea del Nord a Middlesbrough nel ’66, dopo che con Italia-Germania 4-3 eravamo tornati a riveder le stelle. Giochiamoci l’Europeo senza iattanza ma senza paura, da bravi operai che cercano il Paradiso.
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