mercoledì 26 giugno 2019
L'enfant prodige degli studi sull'esoterismo rinascimentale, il maestro della storia delle religioni, il filosofo che finì al confino con Ceausescu: l'editoria li riscopre. Uno snodo culturale europeo
Lo studioso romeno Ioan Petru Culianu

Lo studioso romeno Ioan Petru Culianu

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Quel pomeriggio del 21 maggio del 1991 sono da poco passate le 13 alla Divinity School dell’università di Chicago quando un colpo sordo rimbomba nei bagni dell’edifico. Un corpo esanime, riverso e sanguinante, è la conseguenza di quello sparo, inatteso e misterioso come le sue ragioni. Ma pone fine alla vita poco più che quarantenne di Ioan Petru Culianu. Ancora oggi nulla si sa di quella morte improvvisa se non illazioni che condurrebbero, secondo alcune ricostruzioni, a una spy story al cui centro si troverebbero i servizi segreti romeni. Ma Culianu non era certo una spia. Era solo preoccupato per le sorti del suo paese dopo la caduta del Muro di Berlino come testimoniano alcuni suoi interventi engagé proprio di quei mesi. Al tempo stesso, e soprattutto, Culianu era anche uno dei più promettenti allievi di Mircea Eliade nonché autore di uno dei più straordinari libri del secolo scorso, Eros e magia nel Rinascimento, dove alla parte storico-filologica si accompagna una teorica che meriterebbe approfondita riflessione proprio oggi con lo sviluppo delle neuroscienze e delle nuove tecnologie della comunicazione e dell’informazione.

La parola allievo, proprio per queste ragioni, non rende certamente giustizia a Culianu come si evince dall’importante monografia di Roberta Moretti, Il sacro, la conoscenza e la morte. Le molte latitudini di Ioan Petru Culianu (Il Cerchio, pagine 174, euro 18) che permette di gettare uno sguardo su un laboratorio di ricerca che avrebbe riservato numerose sorprese, in virtù del suo slancio interdisciplinare, se non fosse stato prematuramente sigillato dalla violenta morte occorsa allo studioso di origini romene. Nato nel gennaio del 1950 a Iasi, il giovane storico si dette, da poco ventiduenne, alla fuga dal regime comunista di Ceausescu.

Dopo aver frequentato dei corsi all’università di Perugia per approfondire i suoi studi sul Rinascimento italiano chiede asilo politico all’Italia e trascorre mesi complicati nei campi profughi di Trieste e Latina. La redenzione dall’affanno avviene quando è accolto, nel 1972, da Ugo Bianchi alla Cattolica di Milano. Lì avrà modo di scandagliare in profondità i mille volti dello gnosticismo e di avviare una riflessione sull’opera di Hans Jonas a cui dedicherà tre anni dopo la tesi. Nel 1975 Culianu migra di nuovo, invitato all’università di Groninga a tenere corsi di letteratura romena, altra passione che lo accosta al più noto maestro. Contemporaneamente lo studioso frequenta Parigi dove incontra più volte Eliade e prosegue il dottorato alla Sorbona sulle esperienze dell’estasi nel mondo greco.

Nel 1986 avviene finalmente la svolta. Riesce a trasferirsi a Chicago per affiancare Eliade nella preparazione dell’Enciclopedia delle religioni, di cui Jaca Book ora sta pubblicando una versione tematica, e proseguire i suoi studi incrociando le pagine di neoplatonici, ermetici, gnostici, con quelle di Borges, Abbott, l’Eliade narratore e gli studi di Einstein, Riemann e autorevoli studiosi di scienze cognitive. Non ne deriva alcun miscuglio confuso ma un progetto di ricerca che oggi, in anni di specialismi autoreferenziali, tornerebbe molto utile. Nelle indagini condotte nel corso della sua vita, Culianu mette in luce come una caratteristica dell’esperienza religiosa di tutti i tempi e di tutti i luoghi fossero proprio i viaggi dell’anima. Questa scoperta lo conduce a interessarsi non solo delle esperienze dell’estasi e dell’“entasi” condotte nel corso dei millenni dagli uomini nelle diverse culture. Ma anche a quei viaggi ultraterreni anticipati da certa letteratura e suffragati dagli sviluppi delle geometrie non euclidee e dalla teoria della relatività che prospettano l’esistenza di spazi multidimensionali e paralleli.

Dal confronto con queste ipotesi, negli ultimi mesi di lavoro, Culianu comincia a ipotizzare una concezione della storia che nasce dall’interdipendenza tra mondo della mente e mondo esterno per definirla come «uno scenario messo in atto dall’interazione di più menti». Nella stessa direzione muove anche la sua poetica di narratore che ben si intreccia, come era già accaduto a Eliade, con la sua riflessione di storico delle religioni. Persuaso che «l’artista, lo scienziato, il dormiente contribuiscono alla creazione di una storia partecipando a un universo di immagini pre-elaborate, un universo di carattere archetipale, eventualmente astorico», Culianu suggerisce una visione del mondo in cui la storia non batte un cammino predefinito ma è l’intreccio di trama e ordito, tra mondo interno all’uomo e mondo esterno.

E CONSTANTIN NOICA DISSE: LASCIATE GOETHE E TORNATE ALLA FILOSOFIA

«Non è dunque arrivato il momento di indagare, ben oltre questo autore, le responsabilità e le concezioni di Goethe in nome delle quali una parte dell’umanità odierna, precisamente quella occidentale e prospera, sembra sprofondare nella zoologia?» si chiede Constantin Noica (1909-1987) nel suo Congedo da Goethe appena pubblicato da Rubbettino (pagine 312, euro 24) con ottime introduzione e traduzione di Davide Zaffi. Nel Belpaese il nome di Noica dice poco anche se alcuni suoi testi sono disponibili in lingua italiana. Dopo una breve fiammata di interesse negli anni Novanta l’attenzione si è subito spenta. Eppure il filosofo romeno è stato compagno di strada per un significativo periodo dei più celebri, e celebrati, Mircea Eliade, Emil Cioran, Eugène Ionesco nel periodo più rutilante per la cultura romena, gli anni Trenta. A differenza dei suoi sodali d’un tempo, però, nel 1945 Noica decide di scegliere la via dell’esilio interno e di non riparare all’estero. All’origine della decisione vibra una sua forte convinzione. Per Noica, seppure mai davvero impegnato in politica, esiste una inossidabile responsabilità degli intellettuali verso la propria comunità politica. Neppure nei dieci anni di confino nel comune di Câmpulung-Muscel, una piccola località dei Carpazi meridionali, Noica disattese a questo imperativo. Poi le vicende politiche interne, gli attriti tra Bucarest e Mosca e la ricerca di una via rumena al socialismo portano ad alcune aperture nei confronti degli intellettuali non allineati col regime anche allo scopo di lanciare un segnale all’Occidente. Così dopo il domicilio coatto e sei anni in campo di prigionia le sbarre della sua prigione cominciano ad allargasi e alcune sue opere iniziano a circolare in Romania quantunque sotto il controllo occhiuto della Securitate. Fu proprio quanto tocca in sorte a Congedo da Goethe, delle cui ottocento pagine iniziali scritte a Câmpulung-Muscel appena un terzo rientra in possesso del filosofo dopo il sequestro. Malgrado il titolo, il lavoro non è una sfida filologica col grande poeta tedesco. È invece una disamina della situazione della cultura europea che si sarebbe forgiata proprio intorno ai modelli cantati da Goethe. Il rifiuto della filosofia, l’esaltazione dell’osservazione del reale e non la distanza da esso, la ricerca dell’immediatezza e la ripulsa per ogni intermediazione proposti dal poeta di Francoforte avrebbero informato completamente la cultura europea. È dal congedo da questi tratti che occorre muovere per evitare all’Europa e al mondo occidentale di sprofondare nell’abisso. «Goethe ha detto una volta – ammonisce Noica –: il mondo ha più genio di me. Se il mondo occidentale non ha più genio di Goethe, allora è morto spiritualmente il 22 marzo del 1832» insieme al poeta. Il grande passo da compiere ora, per Constantin Noica, essendone capaci, permetterà alla cultura europea di «prendere congedo dall’uomo naturale, dopo una sua stagnazione di seimila o ventimila anni, cioè dall’uomo dei cinque sensi con i quali Goethe se lo figurava anche in paradiso».



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