martedì 1 aprile 2014
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Tanta gioia, tanta bellezza, ma anche tanta paura, che questi Mondiali di calcio da grande festa si trasformino in un "flop mortale". È un’alba apparentemente radiosa, di libertà, a San Paolo, con il Brasile che non dimentica: 50 anni fa - era il 1 aprile del 1964 - le forze armate con il golpe destituirono il governo di Joao Goulart, instaurando il ventennio buio del regime militare. È un Brasile certamente lontano da quei giorni di guerriglia dittatoriale, ma qualcosa tra le pagine scure della storia, purtroppo rimane. Vedi un’intera squadra di poliziotti, 11, tanti sono rimasti uccisi negli scontri fratricidi nelle favelas "bonificate", per lasciare spazio alle infrastrutture e ad alcuni dei 12 stadi di Brasile 2014.Quella odierna, è una San Paolo più giovane e rampante che mai. La città che anche alla domenica mattina (giorno di festa e di Messa nelle centinaia di chiese sparse nella megalopoli) procede a passo svelto e produce incessantemente nella "city" finanziaria di Avenida Paulista. Ma c’è sempre da fare i conti con l’altra faccia, quella del "povo" , del popolo, che arranca a fine giornata - altro che al fine mese italico ed europeo - e che è costretto ad aggiornare ancora le sue "vittime da stadio". «Si chiamava Fabio Hamilton da Cruz, 23 anni, lui il Mondiale del Brasile non lo vedrà mai, se non da lassù, dal cielo». È questo il buon giorno che riceviamo, e a darcelo, è il taxista Adilson, tifoso del San Paolo, ma che tutti i giorni, sportivamente, al volante della sua Fiat Panda 4x4 prodotta allo stabilimento di Belo Horizonte, conduce i primi turisti del Mondiale a vedere come procedono i lavori nello stadio dei "nemici", all’Arena Corinthians. È lì, da un’impalcatura, che il giovane muratore è scivolato compiendo un volo letale di quindici metri. E’ l’ottava vittima dei cantieri degli stadi mondiali, dove quando non c’è il morto, settimanalmente non manca mai il ferito grave. «La terza morte nell’Arena Corinthians», gridano allarmati i media locali, con San Paolo che da capitale finanziaria e culturale del Paese sta tristemente tenendo il passo alla fizcarraldiana Manaus, la sede amazzonica (in cui giocherà l’Italia di Prandelli) che finora vanta il tragico primato delle "morti bianche", quattro nell’Arena Amazonia, inaugurato, a fatica, il 9 marzo scorso. Non è un 4-3 da ricordare, quello tra Manaus e San Paolo, con la striscia luttuosa che si allunga fino allo stadio di Brasilia (un operaio morto) che porta il nome dell’eroe triste e solitario della Seleçao, l’ "Alegria do povo" Manè Garrincha. A San Paolo non più tardi di una settimana fa, la protesta degli indignados contro il "grande spreco" di dollari (13 miliardi di dollari investiti nella macchina mondiale, record assoluto) e di vite umane sacrificate alla kermesse iridata, è ripresa veemente sotto la bandiera del "Che Guevara del fùtbol bailado", l’eterna icona Socrates. Un autunno caldissimo (oltre i 30 gradi) quello della torcida "Gavioes da Fiel" che forte dell’esperienza unica e rivoluzionaria della "Democracia Cortinthiana" capeggiata dal "Dottore" Socrates (prematuramente scomparso due anni fa a 57 anni) chiedono di essere ascoltati dalla premier Dilma Rousseff alla quale rivolgono un utopico appello: «Stop al Mondiale». «Non è bastato bloccare le strade e i mezzi pubblici, durante la Confederations Cup della scorsa estate, il governo non ci ascolta...», tuonano gli esponenti della torcida capeggiati dall’italico-paulista Paolo Marconi. Per l’opinione pubblica si tratta di semplici provocatori, animatori esagitati dei centri sociali paulisti in cerca di pubblicità, ma intanto sono l’unica sirena accesa su una realtà non del tutto chiara ed univoca che suscita perplessità.«Si lavora notte e giorno da mesi, qui allo stadio Itaquerao, perché i boss hanno detto che dobbiamo consegnare l’impianto entro il 15 aprile, non un giorno di più», dice Lorenzinho uno dei tanti sciuscià della fabbrica dei sogni di cuoio. Data che la Fifa ha già prorogato al 15 maggio, in pratica a meno di un mese dalla partita inaugurale, visto che i lavori resteranno fermi per almeno tre giorni per l’inchiesta degli ispettori del lavoro dopo l’incidente mortale di queste ore.Nel frattempo tutto scorre apparentemente in allegria, a ritmo di samba e Bossa nova come alla boteguita Josè Menino, con i locali di Vila Madalena che di notte alimentano la movida festaiola dove è già iniziato il conto alla rovescia per il fischio d’inizio del 12 giugno. Quel giorno, la maggioranza che vive solo per i Verdeoro del ct Felipao Scolari, spera di vedere uno stadio Itaguerao lindo e lustrato a festa, per la partita inaugurale tra gli idoli di casa del Brasile contro la Croazia. Ma dalla favela di Heliòpolis, fino ai ritrovi sotterranei del bairro Libertade, cresce silente il malcontento della minoranza che non ha nessuna intenzione di festeggiare come fece gran parte del Paese nel 2007, quando venne assegnato il Mondiale al Brasile. Il sogno si è stoppato, come un pallone tra i piedi di Neymar, perché le grandi opportunità sbandierate, quelle di un ulteriore crescita economica e quindi dell’ "azzeramento" della povertà, sono state smentite, disilluse, dall’attuale caro vita che va a colpire sempre le fasce più deboli.Il "povo" di San Paolo, il nuovo ceto medio di fatto, non del tutto allucinato dall’oppio popolare del fùtbol, osserva tanti aerei volare sopra la sua testa, ma vede anche l’aeroporto Gru, che sembra lo stesso dei giorni del golpe del ’64, un altro cantiere aperto difficile da chiudere per il fatidico fischio d’inizio del Mundial. Così, tra le lacrime dei contribuenti vessati dall’onerosa "tassa sul calcio" e il sangue degli operai morti versato sui gradoni dei nuovi "maracanà", si chiede: come potrà lì dentro, cominciare la grande festa Mondiale? Poi, la festa come sempre per volere della corte del duce Blatter e del suo fido Valcke si farà, ma in questo preciso istante, è notte fonda a San Paolo e su tutto il Brasile che aspetta il Mondiale.
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