lunedì 29 luglio 2013
COMMENTA E CONDIVIDI
Tradizione esige che una grande invenzione debba essere supportata da una leggenda che in qualche modo la giustifichi. E fu così anche per la mitica penna “biro”, uno strumento a diffusione planetaria che ha del tutto rivoluzionato il nostro modo di scrivere. E la leggenda è questa. È un giorno d’estate dell’ormai lontano 1936 quando l’ungherese László Bíró, di professione giornalista con la passione del pennello, mentre osserva alcuni ragazzini che stanno giocando con delle biglie nota che una di esse, dopo aver attraversato una chiazza di bitume, proseguiva la sua corsa lasciandosi dietro una traccia. Da questa osservazione gli balenò in testa l’idea di creare una penna dove il tradizionale pennino sarebbe stato sostituito da una sferetta e già nel 1938, dunque settantacinque anni fa, quella prima penna a sfera aveva già ottenuto il brevetto. A onor del vero, però, bisogna ricordare che il principio della penna a sfera era già stato scoperto una cinquantina di anni prima, quando nel 1888 un conciatore di pelli di nome Loud aveva brevettato una penna per poter scrivere su superfici scabre: ma, come succede per le invenzioni troppo in anticipo sui tempi, la penna “con la biglia” non ebbe successo e venne utilizzata solamente per marcare il cuoio e i tessuti. Una volta inventata la penna si presentò ben presto il problema dell’inchiostro, che purtroppo al contatto con l’aria solidificava e non consentiva alla penna di fare il proprio dovere. Bíró allora, grazie anche alle competenze del fratello György – che di professione era chimico – riuscì a produrre un inchiostro a base di olio che non solidificava. Con in tasca questa nuova invenzione i due fratelli salparono per l’Argentina, intenzionati a far fruttare la loro invenzione, ma, poco pratici di affari, la loro impresa fallì e Bíró si vide costretto a vendere il suo brevetto. Da questo momento la storia della biro è un complicato intreccio di brevetti difficile da districare. Ma ciò che interessa alla nostra storia è l’irrompere sul mercato di questo nuovo oggetto, che avviene la vigilia di Natale del 1945, accompagnata da uno slogan che annunciava, magari esagerando un po’, che si trattava di una penna che poteva scrivere per due anni senza bisogno di caricarla; e inoltre il suo particolare inchiostro eliminava il pericolo delle macchie sul foglio. La biro, dunque, non macchiava, ma il suo inchiostro era praticamente indelebile e, se per inavvertenza si tracciava una riga su un tessuto, cancellare la traccia non era facile. Ma nel clima di promozione del prodotto venivano ovviamente esaltate solamente le virtù. Il successo fu straordinario. In una sola giornata furono vendute diecimila penne mentre le richieste e i buoni d’ordine salivano sempre più. E le sferette della biro cominciarono a rotolare su fogli, lettere, block notes… Poi entrò in scena il barone francese, ma torinese di nascita, Marcel Bich, il futuro re dell’usa e getta come stanno a dimostrare tre sue geniali invenzioni: il rasoio monouso, l’accendino senza ricarica e la nuova biro, tutti e tre marcati “Bic”, dal nome del suo inventore. Nonostante il successo delle vendite, però, la biro dovette lottare non poco per imporsi in certi uffici e, soprattutto, nelle scuole. In epoca in cui i banchi delle scuole elementari avevano ancora il calamaio incorporato per consentire di intingervi la cannetta provvista di pennino, la biro fu messa al bando dagli insegnanti e stentò a trovare un posto dentro all’astuccio degli scolari insieme alla gomma, al righello e al “netta-penne”. La biro era vietata anche nelle pubbliche amministrazioni, dove i documenti dovevano essere redatti esclusivamente con la penna tradizionale. Pure le banche dichiararono guerra alle biro, ma poi dovettero ricredersi tant’è che oggi, al fine di evitare il rischio della falsificazione degli assegni, le stesse banche suggeriscono di redigere gli assegni utilizzando di preferenza una penna biro o comunque un inchiostro che non si cancelli facilmente. Poi il progresso avrebbe fatto cadere il tabù della biro, che cominciò a essere utilizzata anche dagli studenti: e non fu un caso se ai primi di ottobre del 1957 la Bic occupava le pagine dei settimanali presentandosi come «un gioiello di micrometrica precisione meccanica» con il quale si poteva scrivere per tre chilometri e con qualsiasi inclinazione della mano. Era l’anno del primo Sputnik e anche la penna biro stava andando in orbita. La stessa cosa, purtroppo, non si può dire per il suo inventore. László Bíró, infatti, visse i suoi ultimi anni nella miseria più nera. Con l’intenzione di dargli una mano, la Commissione nazionale argentina per l’energia atomica gli aveva conferito negli anni Sessanta un modesto incarico che però non contribuì a risollevare le sue finanze. E László morì poverissimo, il 25 ottobre del 1985, a Buenos Aires.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: