mercoledì 21 maggio 2014
Dopo 37 anni di gestione Matarrese, una cordata che fa capo all’ex arbitro Gianluca Paparesta rileva il club pugliese all’asta fallimentare per 4,8 milioni.
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«Comprate la Bari». Il tormentone sul web è finito: in tribunale, al­l’asta, Gianluca Paparesta si è ag­giudicato il tito­lo sportivo del Bari. L’ex arbitro è a capo di una cordata misteriosa: «Saprete tutto al mo­mento della stipula davanti al notaio. Ab­biamo un grande progetto per una grande piazza e per una grande tifoseria», ha detto ieri. Le indiscrezioni girano: si parla di inve­stitori irlandesi. Gioia. Piazza al settimo cie­lo. Anche se qualche maligno, sui siti, ha co­minciato a fare battute: «A breve l’annun­cio: Moggi direttore generale… Fate un con­trollo  fiscale… ». Ovviamente, i deliri degli estremisti lascia­no il tempo che trovano: la depressione gra­ve dei baresi è guarita di botto. Specie dopo le emozioni di un’asta giudiziaria in cui sem­brava si dovesse aggiudicare un quadro di Pi­casso o di Van Gogh. Prima offerta di Anto­nio Rosati, busta da 2 milioni. Seconda of­ferta, Società la Bari calcio 2014, rappresen­tata dall’imprenditore Cipolloni: 2,2. Terza offerta, Izzo-Canonico, da quantificare. Quarta offerta, Paparesta, Fc Bari 1908: 2,2. A questo punto è asta, a colpi di rilanci da 200 mila euro. Paparesta offre 4,8 milioni Cipol­loni non rilancia e il povero Bari fallito va al­l’ex arbitro Atteso dal notaio giorno 23. Che storia infinita quella del Bari, versione famiglia Matarrese, iniziata quasi 37 anni fa, all’aeroporto di Palese, quando Antonio an­nunciò la discesa in campo dei “Kennedy di Puglia”. Alti e bassi, nella tradizione: il Bari ha il glorioso appellativo di “squadra ascenso­re”. E i Matarrese hanno sempre fatto in mo­do di tenere verde cotanta gloria. Ruspanti, a volte aggressivi, impegnati tra edilizia, Par­lamento, Federcalcio, Antonio e quindi Vin­cenzo hanno retto il club come hanno po­tuto, mettendo insieme pure dodici cam­pionati in Serie A, schierando ogni tanto fior di giocatori, da Platt a Protti, da Boban a Jar­ni, da Joao Paulo a Cassano. E allenatori co­me Catuzzi, Fascetti, Conte e Ventura. Da letteratura il regno di don Vincenzo, un’arroganza tanto naif da renderlo simpa­tico. Una frase celebre al dì, del tipo: «È inu­tile piangere sul latte macchiato…». Singo­lari i suoi feeling, nati guardandosi negli oc­chi. Accadde con l’allenatore Lazaroni: «Non conosco la lingua brasiliana. L’ho guardato fisso e ci siamo capiti. È l’uomo giusto per il  Bari».Accadde con altri. Anche con un cer­to  Chukwu. Bufale.  Dalle intuizioni, via via, si passò ai disastri, tra Punta Perotti (l’ecomostro abbattuto), squadra sempre in crisi e tifosi inviperi­ti e offensivi («Matarrese, non sei un costruttore, sei solo un muratore»).  Una discesa sempre più disce­sa,  culminata con lo scan­dalo di Calciopoli, la ver­gogna, le penalizzazioni in classifica. I Matarrese volevano vendere, ma a Bari nessuno aveva un grammo di interesse.  Arrivò perfino un texano, Tim Burton, che si diceva ric­co  di soldi. Una presa per i fon­delli, da film di Lino Banfi. Ci fu­rono i tentativi a vuoto del sinda­co Michele Emiliano che organiz­zava cene carbonare con presunti  compratori russi. Insomma, niente di niente. In un momen­to non felice per Bari-città, in preda al de­grado e sottoculturata, tra focaccia, cozze crude e birra, la squadra restò sola, orfana di tutto e di tutti. E, come nelle favole, spuntò la fata turchina, con la bac­chetta magica. I giocatori, tra punti tolti, stipendi non pagati, diventa­rono bravissimi. Addirittura in liz­za per i play off.L’altra sera, al San Nicola, in uno stadio sini­strato dall’incuria, oltre trenta­cinquemila spettatori e un so­lo tifoso del Cittadella, immor­talato dai fotografi e dalle tv. Vittoria per 1-0. I tifosi ricon­quistati. Per la storia, il 21 apri­le 2002, Bari-Cittadella (3-2 per il Bari), al San Nicola, erano pre­senti 51 paganti, 622 euro di in­casso, record negativo. Cosa signi­fica? Lunedì, allo stadio c’era la fati­na turchina. Il 2002 non c’era.
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