martedì 5 marzo 2019
Il "Nobel dell'architettura" va al progettista giapponese. Suoi la Torre Allianz a Milano e il Palasport per le Olimpiadi di Torino del 2006. E la mai costruita pensilina degli Uffizi a Firenze
L'architetto Arata Isozaki, Pritzker Prize 2019 (Ansa)

L'architetto Arata Isozaki, Pritzker Prize 2019 (Ansa)

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Va ad Arata Isozaki il Pritzker Prize 2019, il premio considerato il "Nobel dell'architettura". Il progettista giapponese ha 87 anni ed è una delle grandi firme dell'architettura dal dopoguerra a oggi. È un premio in controtendenza rispetto agli scorsi anni, quando il Pritzker è andato a figure che lavorano su sostenibilità e sociale (Alejandro Aravena, 2016) o sul contesto locale (i catalani RCR Arquitectes, 2017) o ancora a un maestro di un'area "periferica" (l'indiano Balkrishna Vithaldas Doshi, 2018).

Tra l'altro, è la quinta volta che il premio va a un giapponese (il primo nel 1987 fu Kenzo Tange, un collega per approccio del più giovane Isozaki), ma soprattutto è il quarto in otto anni (Sanaa 2010, Toyo Ito 2013, Shigeru Ban 2014), segno di una particolare affezione della giuria verso il Sol Levante. Ma con Arata Isozaki non solo si torna alle archistar ma soprattutto si torna a una architettura dal forte impatto visivo e su grande scala.
Arata Isozaki è nato il 23 luglio 1931. Da bambino vive a Oita, sull'isola di Kyushu: una città non distante da Hiroshima e Nagasaki. Ha 12 anni, e l'evento segna tutto il suo futuro: «Quando ero abbastanza grande per iniziare a capire il mondo - ha raccontato - la mia città natale fu distrutta. Sulla sponda opposta era caduta la bomba atomica su Hiroshima, quindi sono cresciuto
nella zona zero".

Sul vuoto del Giappone raso al suolo cresce la sua immaginazione. Si laurea in architettura nel 1954, sposa la linea brutalista e visionaria del più anziano Kenzo Tange, a sua volta cresciuto alla scuola di Le Corbusier, nel dare forma all'immagine del nuovo Giappone con edifici visionari e radicali in cemento armato. Con il maestro collabora ad esempio al radicale Piano per la nuova Tokyo, uno degli esempi più clamorosi dell'architettura radicale degli anni Sessanta che in Giappone prende il nome di Movimento Metabolista. Tra le opere giovanili, la più nota è forse la biblioteca della prefettura di Oita, del 1966. Il progetto lo porta a essere invitato tra gli architetti dell'Expo di Osaka del 1970 sotto la guida di Tange.

Presto Isozaki rivela però una capacità quasi eclettica di mescolare suggestioni ed evitare etichette. Dopo gli esordi di linea più modernista incorpora idee che già virano vero il postmoderno, grazie anche a uno spiccato senso dell'umorismo: il Fujimi Country Club (1973) sempre a Oita, ha la forma di un punto interrogativo, segno dello sconcerto di Isozaki verso l'ossessione del suo paese per il golf.

La sua carriera esplode su scala internazionale quando negli anni '80 realizza il Museum of Contemporary Art di Los Angeles. Tra le sue opere più importanti ci sono il Palacio de San Jordi realizzato per le Olimpiadi di Barcellona del 1992, il quartier generale della Disney in Florida (1990), edificio emblematico del decò-pop postmoderno, il Centro Culturale di Shenzhen (Cina, 2007) e in fine il Qatar National Convention Center di Doha (2011) dove recupera una plasticità di forme di stampo organico. Rispetto agli esordi visionari bisogna dire però che Isozaki si è poi assestato su un gusto meno dirompente e allineato alla richiesta di una committenza internazionale attenta più alla visibilità che alla ricerca.

Isozaki ha lavorato più volte in Italia. La sua realizzazione più recente è la Torre Allianz a Milano, uno dei tre grattacieli di CityLife: alta 209 metri è il secondo edificio più alto d'Italia. Non è però forse tra i suoi progetti più felici. Suo anche il Palasport per le Olimpiadi invernali di Torino del 2006. Nel 2008 ha vinto il concorso per la sede della provincia di Bergamo con una sorta di grattacielo orizzontale il cui volume si scompone sviluppandosi perpendicolarmente nello spazio.

Il suo progetto tialiano più noto è però forse quello che non ha mai realizzato a causa di annose polemiche: la famigerata "pensilina" degli Uffizi a Firenze, una struttura che configura un'uscita funzionale e insieme degna del museo. Frutto di un concorso internazionale bandito nel 1998, disegnato con l'italiano Andrea Maffei, è un progetto tanto geniale quanto contestato, motivo per cui non è mai stato messo in opera: doveva essere completato nel 2003.

Sulla pensilina è ritornata recentemente l'attenzione in seguito al progetto dei Nuovi Uffizi. Isozaki ha rimesso mano al progetto, che è stato valutato molto positivamente dal direttore degli Uffizi Eike Schmidt. Si cercano ora i fondi la costruzione è prevista per il 2024.


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