martedì 7 maggio 2013
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Per quel suo fascino un po’ ambiguo e misterioso l’avevano definita la Garbo italiana che peraltro anche se di sfuggita aveva conosciuto personalmente. Dopo un’altra grande signora della nostra scena, Anna Proclemer, a poche settimane di distanza scompare Rossella Falk, morta domenica scorsa a Roma, dove era nata. E oggi a Roma alla 15.30, nella chiesa degli artisti in Piazza del Popolo, si celebreranno i funerali. Stessa generazione della Proclemer, quella degli anni Venti, stesso spirito libero e forte ma diverse le due leonesse nel modo di concepire l’arte e la vita. Anche per questo forse, i loro destini mai a incrociarsi. Regale, sofisticata, altera: questi da sempre gli aggettivi che le vennero accostati. Recitasse Pirandello, Diego Fabbri – che per lei scrisse La bugiarda, e lei per anni ne fece il suo cavallo di battaglia – o l’amato Tennessee Williams di cui fu amica e portò in scena i testi più insidiosi. Carriera strepitosa quella di Rossella Falk (all’anagrafe Antonia Falcazappa, anno di nascita 1926) che portava nel felice nome d’arte l’allusione al personaggio capriccioso quanto incrollabile e innamorato della vita di Via col vento, voluto dalla madre, e il cognome suggerito dal padre, troncato in Falk il poco divistico originale. Una carriera facilitata anche da quel suo portamento fiero, quel suo incedere da vestale, quegli occhi imperiosi che sarebbero piaciuti alla grande Caterina di Russia, quella statura che avrebbe fatto invidia alla Duse. La scelta di recitare non venne da un colpo di testa. Semmai come un gioco, cominciato con l’incontro con un bel giovane che le si avvicinò sul tram a Roma e che la convinse a tentare l’esame d’ammissione all’Accademia d’arte drammatica. Subito ammessa. Quel giovane si chiamava Giorgio De Lullo. Con lui avrebbe compiuto un lungo percorso della sua vita artistica iniziata peraltro alla grande scuola di Luchino Visconti dove fu in Goldoni ma anche in Un tram che si chiama desiderio e una "toccata e fuga" al Piccolo di Strehler. Con De Lullo e l’amico Romolo Valli ma anche la debuttante Anna Maria Guarnieri e Umberto Orsini, a dar vita a una formazione destinata a scrivere un capitolo importante della storia del teatro del dopoguerra: la "Compagnia dei giovani", la più famosa ditta teatrale fra gli anni 50 e 70 che nella vita si comportava come un clan o un club di amici. Presentarono i Pirandello più aspri e sconvolgenti (inimitabile la sua Figliastra), i Cechov realizzati con una visione nuova e sottilissima, i testi del barone Giuseppe Patroni Griffi che specchiavano l’anima nera della borghesia italiana. Anche le brillanti commedie di autori anglosassoni contemporanei. Dei copioni d’attualità l’attenta e curiosa Rossella del resto sempre fu innamorata. Per i classici invece Madame, come la chiamavano gli amici, non aveva mai fatto pazzie, anche se non mancò Shakespeare, il crepuscolare La Dodicesima notte. E non mancò Maria Stuarda di Schiller diretto con gran pompa da Zeffirelli e fu il suo massimo exploit di divismo teatrale con Valentina Cortese nel ruolo del titolo, lei la regale e terribile Elisabetta. Preferiva i personaggi più vicini alla sensibilità contemporanea «dove – diceva – si può mettere ironia». E lei, donna di gran classe, sulla scena come nella vita sempre elegantissima, portata a una vita mondana (due matrimoni alle spalle), l’attrice che fu ritratta dai maggiori pittori del Novecento, Carrà e De Chirico, l’ironia la spargeva a fondo con quella sua dizione spigolosa e personalissima, quella gestualità calcolatissima. Anche quando a partire dal 1974 terminata l’esperienza coi giovani (dissapori alle spalle) iniziò una sua avventura da capocomico. Presto interrotta ma poi ripresa nel 1981 con un tuffo anche nel musical, ecco Applause. Per quasi un ventennio sarà anche direttrice artistica dell’Eliseo e si dedicherà ancora ad autori stranieri sempre soprattutto d’area anglosassone (Kempinski, Frayn, Shaffer). Ma non mancherà anche di darci un monologo Vissi d’arte e d’amore, grande omaggio alla Callas che ben aveva conosciuto. L’ultimo appuntamento, in verità non proprio memorabile, anche se non mancava il guizzo della "regina", la commediola Est Ovest di Cristina Comencini, quattro anni fa, poco prima che una grave malattia la ferisse. Nel cinema più rari furono gli interventi, ma a lasciare, come la Proclemer, piccoli cammei. Il più celebre in Otto e mezzo di Fellini. «Protagonista di grandi stagioni innovative del teatro di prosa italiano – è stato il messaggio di commento di GiorgioNapolitano – è sempre rimasta fedele alla sua vocazione, confermando pienamente nel trascorrere dei decenni il suo straordinario talento». Unanime il cordoglio del mondo dello spettacolo e della cultura, da Franco Zeffirelli («Era una delle più grandi del teatro italiano») a Franca Valeri («Era una sorella. Una protagonista stupenda di un’epoca felice, attualmente scomparsa, ma che anche il suo ricordo aiuterà a farcela ritrovare») da Umberto Orsini («Ho sempre ammirato la sua ironia, la sua generosità anche materiale, e poi naturalmente l’intelligenza teatrale, la capacità di comprendere e dare vita ai personaggi») a Gabriele Lavia («Rossella era una persona molto generosa e molto semplice. In scena aveva un’insicurezza che velava con la sua grande eleganza»).
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