mercoledì 3 febbraio 2021
Classe 1930, allievo prediletto di Yves-Marie Congar di origini ebraiche, si è spento lunedì in Francia . Ha speso tutta la sua vita a rileggere il cristianesimo alla luce dei grandi scrittori
Jean-Pierre Jossua

Jean-Pierre Jossua - -

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La fede e la ricerca dell’assoluto attraverso la letteratura e avendo come compagni ideali di viaggio gli amati Bernanos, Rilke, Claudel o Camus ma anche Giovanni della Croce: questa è stata in fondo la “ragion d’essere” della lunga vita del domenicano e teologo, di origini ebraiche, Jean-Pierre Jossua 90enne, spentosi lo scorso primo febbraio in Francia a causa anche delle complicanze dovute al Covid-19.

E solo nel settembre scorso, sul quotidiano francese La Croix padre Jossua aveva rievocato quasi nello stile di un “testamento spirituale” l’importanza della letteratura per capire il cristianesimo anche da parte di chi non crede; tanti in quel lungo colloquio con il quotidiano francese erano stati i riferimenti alla sua opera più nota e monumentale: Histoire religieuse de l’expérience littéraire (edita nel 1985 da Beauchesne).

Ma padre Jossua deve forse essere ricordato oggi soprattutto per il suo profondo legame di discepolato “quasi filiale” con il pensatore e tra i padri nobili della Nouvelle Théologie perito al Concilio Vaticano II: Yves-Marie Congar; al suo maestro Congar (domenicano come lui e futuro cardinale) conosciuto alla scuola di “Le Saulchoir” (di cui dopo la morte, alcuni anni fa, di Claude Geffré era in un certo senso l’ultimo testimone) in Belgio padre Jossua dedicò infatti nel 1970 (edito da Queriniana) uno dei suoi saggi più riusciti a giudizio di Hervé Legrand: Yves Congar, profilo di una teologia.

Nato il 24 settembre del 1930 a Boulogne-Billancourt, da una famiglia ebrea rifugiatasi prima in Costa Azzurra e poi in Argentina durante la persecuzione nazista. Convertitosi alla fede cristiana in età adulta, dopo gli studi di medicina entra, nel 1953, nell’Ordine domenicano e frequenta la Facoltà teologica di Le Saulchoir dove conosce, tra gli altri, Marie-Dominique Chenu. Emette la professione solenne tra i domenicani nel 1960 e viene ordinato sacerdote nel 1962.

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Dopo il dottorato conseguito a Strasburgo si impegna in un ripensamento radicale della prassi teologica, fondato sulla coltivazione della scrittura nonché sull’ascolto dei poeti e della cultura contemporanea. Nasce così la cosiddetta “teologia letteraria”, un modello di ricerca teologica destinato a diventare un punto di riferimento a livello internazionale. Ha studiato in particolare opere di Victor Hugo, il poeta Yves Bonnefoy ma anche Gérard de Nerval, Alfred de Vigny, Alphonse de Lamartine e Paul Claudel.

I suoi diari (usciti in gran parte presso l’ Éditions du Cerf) rappresentano delle autentiche pietre miliari della teologia contemporanea. Non è un caso che proprio ieri in un tweet di cordoglio l’attuale direttore di “La Civiltà Cattolica” Antonio Spadaro abbia ricordato un’opera significativa proprio di Jossua (edita in Italia da Diabasis): “La letteratura e l’inquietudine dell’assoluto”. Come certamente di grande risonanza fu un “saggio - confronto” scritto e pensato a quattro mani sul finire degli anni Sessanta da Jossua con Jean Daniélou sul destino del cristianesimo in Francia.

Padre Jossua è stato inoltre tra i principali collaboratori (anche nella veste di condirettore) della rivista fondata proprio da Congar e Rahner Concilium dal 1970 al 1986, (carico di riconoscenza, a questo proposito, è stato il tweet scritto ieri dallo storico Alberto Melloni). Dal 1988 al 1996 padre Jossua è stato direttore anche della rivista di ascetica e mistica La Vie spirituelle, fondata nel 1919 dal domenicano Marie-Vincent Bernadot.

Padre Jossua nella sua lunga vita oltre a Le Saulchoir è stato anche professore nel prestigioso ateneo dei gesuiti di Parigi Centre Sevres (lo stesso frequentato da Michel de Certeau e da Henri de Lubac) fino al 2011. Nel 2001 per l’editore Desclée de Brouwer ha voluto pubblicare una piccolo racconto biografico del titolo sobrio ma significativo: “Une vie” (Una vita).

Con la sua perdita che arriva a pochi mesi del gesuita e ultracentenario Joseph Moingt scompare in un certo senso l’ultima generazione che si fece portatrice, in chiave teologica, del grande rinnovamento suscitato dal Concilio Vaticano II in Francia.

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