venerdì 4 settembre 2020
La scrittrice e regista al Lido con il documentario autobiografico «iSola» e il romanzo «Ama e fai quello che vuoi»
La scrittrice e regista Elisa Fuksas nel film "iSola"

La scrittrice e regista Elisa Fuksas nel film "iSola"

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«26 febbraio 2020, Mercoledì delle ceneri. Io scopro di avere un problema, un tumore maligno alla tiroide». Diretta, asciutta, coraggiosa la scrittrice e regista Elisa Fuksas apre così il suo documentario autobiografico iSola (Indiana Production/Rai Cinema), dove racconta senza filtri, con l’ausilio del cellulare, i complessi giorni della sua malattia sullo sfondo della pandemia e del lockdown. «Per questo prendo quello che mi sta succedendo come una prova di fede» racconta nel film, presentato ieri al Lido nella sezione Notti veneziane – L’isola degli autori.

In contemporanea è uscito anche il romanzo autobiografico della scrittrice, Ama e fai quello che vuoi, edito da Marsilio, nel quale lei stessa stimolata dalla proposta di matrimonio in chiesa del suo fidanzato, scopre la fede e decide di battezzarsi. Un racconto col passo del romanzo scandito in capitoli che seguono l’anno liturgico. Decisivo è stato l’incontro con il cardinale Giuseppe Betori che 5 anni fa ha sposato in chiesa i suoi genitori, gli architetti Massimiliano e Doriana Fuksas, e che ha affidato Elisa alla guida del giovane padre spirituale don Elia.

E proprio le immagini del cardinale Betori che presiede nel Duomo di Firenze la liturgia della luce durante la veglia pasquale in cui venne battezzata la scrittrice oggi 39enne, aprono questo sincero, forte ma anche ironico racconto dei giorni precedenti l’operazione alla tiroide avvenuta ad aprile. Giorni passati in isolamento dall’autrice tra una passeggiata col cane in una Roma svuotata, una visita di controllo in un ospedale semideserto, una chat con gli amici e le dirette tv di Papa Francesco «che per me è diventato un amico, l’unico con un’idea di futuro».

E’ la parabola di una ragazza di oggi, moderna, attiva, una scrittrice acuta sino a poco fa lontana dalla fede e che oggi invece porta tatuati sulla pelle i simboli cristiani delle antiche catacombe e che si avventura da sola a fare un pellegrinaggio verso un santuario mariano. Una giovane donna che non nasconde la sua paura ma che, ci spiega, trova nella scrittura la sua salvezza. E che anche in questo docufilm mostra come si possa parlare di fede in modo contemporaneo, come un approccio naturale e quotidiano, lontano da ogni agiografia.

«Il mistero è che Dio ti parla con la lingua che tu puoi capire. La cosa bella è che nessuno ti chiede di cambiare, ho scoperto un mondo meraviglioso – aggiunge -. Mentre nel libro parlo della conquista della fede, nel film la verifico attraverso la sofferenza improvvisa. La Pasqua dell’anno scorso mi sono battezzata e durante questa Pasqua ho scoperto di essere malata e in più è scoppiata la pandemia. Il mio film lo dedico a tutti quei malati “invisibili” che sono stati messi ai margini dalla pandemia e che necessitano di cure e di sostegno».

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