Addio a Ornella Vanoni, signora della canzone italiana
L'artista di 91 anni ha avuto un malore nella sua abitazione di Milano

«Che cosa c’è?». C’è che l’Ornella se ne è andata via, all’improvviso. La musica è finita, almeno per questa notte, e gli amici adesso se ne vanno, in giro per Milano, in cerca di una ragione di più per ricordare la Vanoni. «Musica, musica, sa di piacere sa…», potrebbe star chiusa tutta in questo verso, scritto per lei dal suo cantore di riferimento, Gino Paoli. Una lunga storia d’amore quella tra la musica e la signora della canzone italiana, che saluta con il bicchiere in mano, brindando a quella vita che gli ha concesso di stare con noi per 91 anni. La sua sembrava davvero una vita da un attimo Senza fine, titolo che aveva voluto anche per le due serate dell’estate scorsa alle Terme di Caracalla, in cui anche Roma si era inchinata dinanzi a questa straordinaria interprete del cantar leggero e dello spettacolo tutto. Storia di una passione cominciata settant’anni fa dall’allora ventenne, la rossa esuberante allieva dell’Accademia di arte drammatica del Piccolo Teatro che debuttava nel pirandelliano Sei personaggi in cerca d’autore. La giovane ribelle Ornella, musa ispiratrice del suo pigmalione Giorgio Strehler con il quale diede scandalo, in famiglia e non solo: lui sposato, lei 13 anni più giovane. Il Maestro e l’Ornella, una trama alla Bulgakov, superata con il piglio emancipato della donna indipendente e il talento dell’artista a tutto tondo capace di interpretare i classici teatrali e le Canzoni della mala milanese trascinando sempre il pubblico dalla sua parte. Potere de La voglia la pazzia l’incoscienza l’allegria con cui stregò anche i poeti brasiliani, Chico Buarque, Vinicius de Moraes e Toquinho, che qualche tempo fa ci confidava: «Quando nel 1976 abbiamo inciso quel disco venivamo già da cinque anni di “pazzeria” e di amicizia con Ornella. Poi lei è venuta in Brasile e non ci siamo più persi di vista. Quando torno a Milano è sempre bello riabbracciarla, stare a cena con lei e sentirla raccontare quelle storie divertenti di ieri ma anche quelle di oggi». Simpatica, irriverente, capricciosa, ma sempre elegante, come la disegnava con in dosso i suoi abiti l’amico Giorgio Armani, il re della moda che l’ha preceduta di un amen nel mondo dei più. Regina di vendite la Vanoni: 55 milioni di dischi smerciati in tutto il mondo con i suoi 100 album e forse più che hanno incantato una generazione dopo l’altra. Carismatica e autoironica, come quando giocava a fare l’anziana decrepita giunta ormai alla fine davanti all’acquario di Fabio Fazio a Che tempo che fa. Storie di pochi giorni fa, annotate nel suo diario degli errori, ma anche nel taccuino dorato, come i dischi, dei tanti successi, condivisi anche con i colleghi più giovani. Suona triste ora quel Sorriso dentro al pianto scritta apposta per lei da Francesco Gabbani. Ornella amava indossare idealmente la tuta gold di Mahmood, che con Gabbani, Emma, Calcutta, Elisa e molti altri aveva voluto alla sua “festa” agli Arcimboldi per abbracciare essenzialmente la gente di Milano. La città che non ha mai lasciato e che ha amato fino all’ultimo respiro, facendosi interprete anche dei sogni e delle speranze delle persone comuni, con le quali si sbottonava quando la incontravano per le strade del centro. Amica del popolo e della cultura, Ornella la rossa, socialista e compagna di lotte civili delle donne coraggiose, come la sua quasi coscritta Liliana Segre, la senatrice che non mancò di andarla ad applaudire al suo concerto all’Arcimboldi. La Vanoni cantava con quel timbro unico, come uno strumento nasale. La musica è stato il suo divertimento per divertire. Delle tante perle infilate era riconoscente a quei parolieri come Sergio Bardotti e Mario Lavezzi che gli hanno confezionato musica e parole sempre su misura. Dopo Paoli, le più belle canzoni d’amore glie le ha scritte lui il Mario, (riascoltate ora la splendida Perduto) altro amore diventato poi un fraterno pezzo di «famiglia». L’incantatrice scalza ha fatto innamorare le coppie di ieri e di oggi, e forse gli riuscirà ancora la magia con i ragazzi di domani, quando ascolteranno questa voce portata dal vento che narrava storie al femminile. Con la Vanoni la donna non è mai stata una comprimaria dell’uomo e tanto meno una sconfitta, anche quando rimane da sola. Con la sua grinta scanzonata è rimasta sempre fedele a se stessa e a quell’idea romantica e combattiva di di Ah! L’amore l’amore, quante cose fa fare l’amore! Titolo del recital che nel 1971 andò in scena al Teatro Lirico di Milano consacrandola messaggera della nostra canzone d’autore. I primi ad accorgersene furono i francesi che in quel tempio poetico dell’Olympia di Parigi prima gli contestarono l’interpretazione di Albergo a ore della loro eroina nazionale Edith Piaf, ma poi salutarono l’Ornella con una memorabile standing ovation. La stessa standing ovation che ora gli tributerà la sua Milano, che non potrà mancare a L’appuntamento per l’ultimo saluto. Del resto lei agli appuntamenti è sempre arrivata in anticipo, da pioniera. Per prima ha cantato i poeti brasiliani, contagiata dalla vitalità e le traduzioni del nostro sommo Giuseppe Ungaretti, con il quale il critico musicale Walter Mauro giurò di «averla vista ballare la samba». Fino alla fine l’abbiamo sentita intonare la struggente Almeno tu nell’universo. Canzone capolavoro che scrisse Bruno Lauzi (con Maurizio Fabrizio) uno dei poeti prestati alla nostra canzone d’autore, ingiustamente dimenticato. Destino ingiusto e affine a quello di Sergio Endrigo, che la Vanoni abbracciava e stringeva forte idealmente anche nel suo ultimo concerto milanese dedicandogli una versione rara di Io che amo solo te. Viene un po’ di tristezza al pensiero che Lauzi e Endrigo, ma anche la stessa Mia Martini, così come Umberto Bindi e Franco Califano (i duetti degli anni ‘70 con il “Califfo” e la Vanoni sono da vedere e rivedere su Youtube) siano volati via nell’indifferenza di un Paese ormai senza memoria. Tanto si cancella ogni giorno e tutto è cambiato nella sua Milano, ma una cosa è rimasta uguale, quel calore che all’Ornella ha continuato a far spalancare le braccia dell’Eternità.
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