martedì 15 novembre 2011
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Più bravo nelle materie umanistiche che in quelle scientifiche ma comunque, al di sopra della media, con una sola pecca: essere poco portato e incline all’attività sportiva durante le lezioni di ginnastica.

È il ritratto che emerge e affiora dall’album dei ricordi dei compagni di classe e dei professori sui dieci anni trascorsi dal neo senatore a vita e presidente del Consiglio incaricato Mario Monti all’Istituto Leone XIII di Milano (1951-61).

Sono trascorsi cinquant’anni dalla maturità di Mario Monti (estate 1961) ma i ricordi, le istantanee del suo docente di religione il gesuita Uberto Ceroni rimangono uguali a quelle di allora: «È rimasto il Mario di sempre, serio tranquillo e gentile con tutti. Il potere non lo ha certo cambiato».

Padre Ceroni, rievoca i tanti incontri avuti con l’ex rettore della Bocconi in occasione dei raduni degli ex-allievi del Leone: «Mi è rimasto impresso come recentemente ha ammonito gli studenti che si laureavano a non presentarsi come "bocconiani", ma farsi apprezzare per la propria professionalità».

Un legame quello di Monti con la scuola di via Leone XIII di Milano mai spezzato ma sempre riannodato attraverso incontri, ricordi e stile di comportamento, tipici della pedagogia ignaziana che ha contraddistinto, in modo del tutto simile, anche due illustri ex allievi delle scuole della Compagnia di Gesù gli economisti e futuri governatori di Bankitalia Carlo Azeglio Ciampi (al San Francesco Saverio di Livorno) e Mario Draghi (al Massimo di Roma).

E solo pochi anni fa fu lo stesso Monti a rivelare la sua riconoscenza per questo storico istituto e i suoi leggendari padri: «Al Leone XIII dove ho studiato per dieci anni ho appreso semmai altre capacità. Se ne accorse una volta anche il cancelliere Schröder che alla fine di un’estenuante trattativa in cui io non potevo concedere ciò che voleva, mi chiese: "Lei ha studiato dai gesuiti? Si? Ah, ecco perché argomenta, argomenta e non concede mai niente…».

La puntualità, il suono della campanella, la ferrea ratio studiorum appresa dai padri della Compagnia di Gesù ma anche una certa goliardia e spensieratezza.

Sono i ricordi che affiorano nella mente di Carlo Ortolani, compagno di classe di Mario Monti e oggi docente al Politecnico: «Rammento la serietà che ci mettevamo nello studiare. Il debito maggiore mio e di Mario con la scuola? Quello di aver imparato a studiare e a prendere appunti».

Vengono alla memoria dei compagni di classe i tanti sabati trascorsi nelle periferie di Milano ad aiutare le famiglie indigenti: «Mario Monti come me faceva parte della Congregazione mariana – rivela un altro compagno di classe, divenuto poi gesuita e missionario in Africa Umberto Libralato – mi torna in mente, come se fosse oggi, tra le cose che ci insegnavano i padri di quel tempo vi era l’impegno di trascorrere alcuni dei nostri pomeriggi a visitare e dare una mano alle famiglie povere della città con la consegna dei pacchi». Una lezione rimasta viva ancora oggi. «Penso che quei pomeriggi hanno messo per la prima volta in contatto noi della cosiddetta "Milano bene" – racconta ancora Carlo Ortolani – con il duro mondo della povertà e indigenza».

Ma di quella scuola, «dove si entrava in classe in giacca e cravatta», frequentata dalla buona borghesia milanese tornano alle mente frammenti, flash di vita quotidiana a un altro compagno di classe di Monti, Agostino Marioni, oggi imprenditore: «Non ne farei, di Mario, un santino, era uno studente esemplare è vero ma non un secchione capace di divertirsi come ogni altro ragazzo della sua età. Ricordo come fosse ieri le tante gite ciclistiche dove inforcavamo le nostre bici con un pizzico di velleità agonistica tra noi due... ».

Ma chi è convinto che il giovane e imberbe Mario Monti sarebbe diventato l’economista di fama che conosciamo è padre Umberto Libralato: «Fu lui a diplomarsi col voto più alto. Un numero uno nato. La sera della festa della maturità scommettemmo su chi di noi si sarebbe laureato prima: ha vinto lui, si è laureato a 22 anni».

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