lunedì 10 marzo 2014
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La provincia di Cremona revoca la sua adesione alla Re.a.dy (Rete nazionale delle pubbliche amministrazioni anti discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere). E l’arcigay nazionale insorge e in una nota pubblicata sul suo sito nazionale definisce l’atto della Provincia di Cremona «uno schiaffo», «un sopruso gratuito, un gesto senza precedenti». Ma non è così. Per comprendere la delibera proposta da Salini alla sua Giunta, e approvata all’unanimità, bisogna innanzitutto capire cos’è la Re.a.dy: una rete tra Comuni, Province e Regioni che hanno dichiarato di voler «promuovere, sul piano locale», politiche dedicate «ai bisogni delle persone Lgbt». Vale a dire lesbiche, gay, bisessuali e transessuali/transgender. Tutto ciò, nell’ottica di contribuire a «migliorarne la qualità della vita» e creare «un clima sociale di rispetto e di confronto libero da pregiudizi»: così recita il volantino del sodalizio nato a Bologna nel maggio 2006, facilmente consultabile anche su internet. Ebbene, Salini rispetta tutti. Ma la faccenda della «rete proprio non gli piace. Perché dunque solo ora l’uscita dalla community? Semplice: «Perché nemmeno sapevamo di avervi aderito». La delibera, ricostruisce, era stata infatti adottata dalla precedente amministrazione, «nel 2009, a pochi mesi dalle elezioni. E in questi 5 anni – prosegue il presidente – mai ci è arrivata comunicazione di idee, iniziative o attività di sorta. Solo recentemente, alcuni partecipanti a un convegno milanese hanno visto che la nostra realtà figurava tra le pubbliche amministrazioni aderenti. Allora ho espresso alla Giunta tutte le mie perplessità, ottenendo la decisione unanime di interrompere quest’esperienza».Ed eccone i motivi. «Innanzitutto – argomenta Salini – il fatto che dall’adesione non ci sia mai stato dato nessun segnale» indica «l’assoluta inutilità di iniziative come queste», che si configurano «di facciata» e dunque «fuori dall’impostazione concreta e operativa della nostra amministrazione». Ma vi è un’ulteriore ragione, forse ancor più profonda della prima. Aggiunge il presidente: «Per noi, la difesa dei diritti riguarda in maniera integrale la persona, nella sua qualità di essere umano. Non ha dunque alcun senso creare una rete contro certi tipi di discriminazione, come se altri fossero meno importanti». E, proprio da qui, Salini fa emergere la «vera» intenzione della rete: «Divulgare un tipo di ideologia che oggi è ben rappresentata da esempi come il disegno di legge "Scalfarotto", per cui il fatto di non essere in linea con il riconoscimento dei matrimoni omosessuali può essere visto come una discriminazione da punire». Inaccettabile. Per questo, oggi, il presidente sarà tra le centinaia di persone che in piazza Duomo a Cremona manifesteranno silenziosamente con le “Sentinelle in piedi” per chiedere la tutela della famiglia naturale. Peccato che l’arcigay organizzi lì una contromanifestazione d’intralcio. Alla faccia dei diritti.
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