sabato 12 gennaio 2013
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"Nel dibattito - che spesso assume i toni dello scontro - tra chi nega e chi afferma che le coppie omosessuali abbiano i medesimi diritti riconosciuti alla famiglia, il vero pericolo è la logofobia, cioè la paura di argomentare serenamente intorno a uno snodo teorico e pratico molto rilevante, sia sul piano culturale sia su quello sociale". Lo scrive sull'Osservatore romano Adriano Pessina, aggiungendo che "l'interpretazione della recente sentenza della Corte di Cassazione italiana, che conferma l'affido di un minore alla madre, anche se convivente con un'altra donna, ne è un esempio. Tra chi esulta, parlando di riconoscimento dell'equiparazione tra coppie omosessuali e famiglia, e chi si scandalizza, - commenta Pessina - pochi notano che si è semplicemente confermata la linea che, nei casi di separazione, tende ad affidare alla madre il compito di educare il figlio". "Persino la questione che un bambino possa svilupparsi in modo equilibrato anche all'interno di una coppia omosessuale - afferma il giornale vaticano - è male impostata e non è il cuore del problema etico e giuridico. Di fatto un bambino può maturare in situazioni difficili e problematiche, cioè non di per sè auspicabili e programmabili: ci sono bambini allevati soltanto dalla madre o dal padre, per la morte di un genitore, o che hanno affrontato l'esperienza dell'orfanotrofio, o sono cresciuti in contesti poligamici. Ma nessuno ritiene che si debbano creare queste situazioni soltanto perchè in alcuni casi non si provocano danni"."La peculiarità della genitorialità come espressione del matrimonio eterosessuale - rimarca Pessina - deve essere ribadita: non basta il desiderio o la volontà di avere figli a costituire un diritto, anzi, bisogna salvaguardare, come patto con le future generazioni, la custodia sociale e culturale di quell'unità nella differenza tra maschile e femminile che è dimensione costitutiva della condizione umana. Nati da uomo e da donna. Se si esce dalla logica della polemica, e si rinuncia a creare nell'altro la figura del nemico da sconfiggere, - è la conclusione dell'Osservatore romano - questa evidenza antropologica potrà essere custodita in una società in cui il diritto di cittadinanza non discrimina, senza confondere e annullare le differenze".
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