martedì 21 agosto 2012
Approfondimento, etica della responsabilità, inchiesta: per i direttori di Avvenire, Sole 24Ore e Radio Uno, il cinico non è adatto a questo mestiere. ​IL MESSAGGIO DEL PAPA  
LA RUBRICA Vagando tra tutti questi "ii" di Davide Rondoni
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Un particolare ci salverà. Il "ci" è, nella fattispecie, particella professionale, riferita ai giornalisti. Mestiere un tempo leggendario, oggi ampiamente scaduto nella considerazione pubblica. Il reporter prova a consolarsi ripentendosi che è colpa delle nuove tecnologie, ma sa di non avere la sua parte di torto. È una storia che assomiglia a quella dello spread: il problema sarà pure annoso, ma ormai è sotto gli occhi di tutti. La conferma viene dal portavoce di Cl, Alberto Savorana, che a conclusione dell’incontro riminese su "Raccontare la realtà" ricorda una battuta di don Giussani agli amici cronisti: non importa quante volte avete sbagliato, scegliete un particolare, descrivetelo con passione, fatene tesoro per illuminare la totalità degli eventi.Entusiasmante, ma funziona? Sì, e oggi meglio di ieri, come dimostrano le esperienze dei tre direttori chiamati a misurarsi con interrogativi classici e attualissimi. Come coltivare uno sguardo che non trasformi fatti in fattoidi? E ancora: come evitare la continua confusione tra vero e verosimile, lamentata di recente anche dal cardinale Scola? Tornando a esercitare un’etica della responsabilità, suggerisce il direttore del Sole 24 Ore, Roberto Napoletano. Anche e specialmente quando il quadro è complesso, perché chiama in causa poteri fin troppo forti (la finanza internazionale) e altri terribilmente indeboliti (la politica, e non solo quella italiana). Si parla della crisi economica, ovvero della "grande guerra " finanziaria in corso sulle teste e sulla pelle dei popoli, definizione e analisi cara ad Avvenire, e alla quale Napoletano attribuisce, tra l’altro, il merito di rendere intellegibile un processo che riguarda tutti, ma pochi riescono a comprendere. Il che, a pensarci bene, offrirebbe un’ottima occasione per riscoprire l’altrimenti desueta inchiesta alla vecchia maniera. «Prima erano i cronisti ad anticipare il lavoro della magistratura – osserva il direttore del Sole 24 Ore –, adesso ci si accontenta di fare da cassa di risonanza alle inchieste giudiziarie».La trappola della notizia quasi vera è terribilmente insidiosa per chi si trova a raccontare la realtà "minuto per minuto", com’è nella missione del Gr Rai diretto da Antonio Preziosi. Ma anche qui si può evitare il peggio rispolverando qualche regola di antica saggezza. «Di frequente si rinuncia alla verifica delle fonti per la smania di arrivare primi – lamenta Preziosi, responsabile anche della programmazione di RadioUno –, mentre è preferibile piazzarsi ultimi anziché diffondere un’informazione sbagliata. Era Enzo Biagi a ripetere che il giornalista è un testimone dei fatti, non un protagonista. Né un profeta, nonostante la tendenza di molti colleghi a sbilanciarsi in previsioni eclatanti».Divinare il futuro no, ma coltivare una visione che permetta di cogliere l’importanza dei fenomeni sì: è la posizione del direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, molto esplicito nel denunciare la sostanziale pigrizia dei media attuali. «Si è diffusa la convinzione – spiega – che un fatto, quando avviene da troppo tempo, non è più una notizia. Ma le campagne condotte dal nostro quoditiano, compresa quella sulla cosiddetta "terra dei fuochi" tra Napoli e Caserta, dimostrano che il giornalismo d’inchiesta è ancora capace di combattere la rassegnazione e di infondere speranza». Insomma, l’esatto contrario del dominante catastrofismo a mezzo stampa («Se il mondo fosse veramente come lo presentano i giornali, sarebbe finito da un pezzo», sintetizza Tarquinio). E l’obiettività? «Forse non si può essere imparziali – risponde il direttore di Avvenire -, però di sicuro si deve essere onesti. Del resto, questa è la realtà che ci è data. Tanto vale farne buon uso».
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