sabato 11 agosto 2012
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Tutto previsto. Quattro precisi allarmi. Autorevoli ma inascoltati. E un metodo che invece di combattere gli incendiari li favorisce. Anche questo denunciato per tempo. Insomma, di fronte al dramma degli incendi che imperversano su tutta la penisola, non si può parlare di emergenza (nel senso di evento imprevisto), non si può dire "nessuno aveva avvertito". Anzi, mai come quest’anno il dramma  ambientale, economico e umano (tra vite bruciate e case distrutte)  è davvero un dramma annunciato. Il primo allarme l’hanno lanciato meteorologi e climatologi, avvertendo che un autunno e un inverno così poco piovosi e nevosi (la neve a Roma non tragga in inganno...) avrebbero avuto conseguenze evidenti in estate: siccità e alto rischio di incendi. Due eventi, matematicamente potremmo dire, concretizzatisi. Meno piogge, più incendi. Quasi ovvio. Allarme inascoltato. Anche dopo i primi preoccupanti eventi. All’inizio di primavera il Corpo forestale dello Stato aveva fornito i dati degli incendi invernali. Un vero e proprio boom, più che raddoppiati. Non solo in Liguria dove, regolarmente, le fiamme scoppiano nei mesi invernali. Quest’anno il fenomeno è stato nazionale. Un vero campanello d’allarme che confermava le analisi meteo. Invano. Eppure poco dopo i Forestali, custodi dei nostri boschi, era sceso in campo chi coordina le attività antincendio, il capo della Protezione civile Franco Gabrielli. Non solo una conferma dell’incremento degli incendi, ma anche l’invito alle regioni a usare meglio risorse e strumenti propri e a non richiedere sempre l’intervento dei mezzi aerei. Più organizzazione a terra, soprattutto prevenzione, e meno Canadair. Oltretutto costosissimi. Gabrielli aveva anche avvertito sul fatto che, grattando il fondo del barile, quest’anno era riuscito a trovare i fondi per la flotta antincendio ma che per il prossimo anno le casse erano vuote. «E non si dica che non lo avevo detto...», si era sfogato.L’ultimo allarme risale a quasi due mesi fa e arriva dal presidente del Consiglio, Mario Monti, nell’ "Atto di indirizzo" relativo alla stagione estiva 2012 inviato a tutte le Regioni. Il premier ricordava come dopo gli incendi «gravi e devastanti del 2007, si stava registrando una diminuzione, che tuttavia nel 2011 ha visto un’inversione di tendenza, con un incremento percentuale molto significativo». Una tendenza confermata nel 2012. «L’anno in corso - proseguiva Monti - evidenzia ancora una forte recrudescenza del fenomeno sia in termini di numero di incendi che di superficie complessiva percorsa dal fuoco, anche dovuta alle condizioni meteo climatiche favorevoli». Esattamente come avevano avvertito, all’inizio dell’anno, i meteorologi. Alla luce di questa situazione, assicurava Monti, «il sistema Paese» non può «permettersi di non affrontare, con la dovuta attenzione, il fenomeno». Proprio per questo seguiva tutta una serie di indicazioni invitando le Regioni a «razionalizzare» gli interventi e spese. Una sorta di spending review dell’anticendio. Così, ad esempio, Monti parlava di «forme di incentivazione per il personale stagionale utilizzato, strettamente correlate ai risultati ottenuti in termini di riduzione delle aree percorse dal fuoco». È il principio "meno incendi scoppiano e più ti pago, più scoppiano e meno ti pago" per evitare, come avvenuto, che siano proprio uomini dell’antincendio ad appiccare le fiamme. Oggi, infatti, i gruppi antincendio regionali (società o associazioni, privati e dipendenti pubblici) vengono pagati sul numero degli interventi svolti, sulle ore impiegate, sull’uso dei mezzi. Inoltre se gli incendi aumentano saranno giustificate spese aggiuntive il prossimo anno. Più fiamme più affari. Eppure non mancano esempi nel senso indicato dal premier. E proprio in una delle regioni più colpite quest’anno, la Calabria. Nel Parco nazionale dell’Aspromonte, alcuni anni fa il presidente Tonino Perna, economista dell’università di Messina, inventò un sistema virtuoso: assegnava a imprese e associazioni il 50% dei fondi a inizio stagione, il resto a fine stagione, ma a scalare, sulla base degli incendi scoppiati. Risultato? Incendi quasi scomparsi nel Parco. Esempio rimasto quasi isolato. Così, malgrado i quattro allarmi, anche quest’anno gran parte delle Regioni hanno approvato i piani antincendio all’ultimo minuto, spesso a estate iniziata, e sempre secondo la tradizionale metodologia. Così tra meteo favorevole e incapacità (o peggio...) delle istituzioni locali, gli incendiari e chi fa affari sulle fiamme ne ha approfittato. E non poteva che essere così. Davvero non si dica che non era stato detto.
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