martedì 17 febbraio 2015
COMMENTA E CONDIVIDI
Lo scandalo del male, di cui la sofferenza dei minori è l’aspetto più inquietante, continua a lacerare le 'periferie geografiche ed esistenziali del nostro tempo. Aberrante e al contempo emblematica è la follia suicida di una giovane adolescente nigeriana che, domenica scorsa, si è fatta esplodere in un’affollata stazione degli autobus a Damaturu, in mezzo a ragazzini e ragazzine che vendevano noccioline, cercando così di racimolare qualche centesimo per sbarcare il lunario. La scena che si è presentata agli occhi dei soccorritori è stata raccapricciante: brandelli di carne dappertutto, pezzi di una umanità dolente dispersi ai quattro venti, per il delirio di onnipotenza di menti perverse, fautrici di morte e distruzione. Almeno 16 i giovani corpi straziati e senza vita, mentre i feriti sarebbero una trentina e alcuni di loro in bilico tra la vita e la morte.  Un orrore come questo non si esorcizza soltanto con le lacrime di cui è imbevuta la lontana terra africana. Occorre piuttosto discernere la verità dei fatti, a ogni livello di responsabilità e di partecipazione solidale.  Rinnovando, soprattutto, lo sforzo di uscire insieme da un abisso sul quale non si affacciano solo le vittime sacrificali, ma al cui ciglio stiamo tutti, pensanti e benpensanti, in questa tormentata società planetaria, ogni qualvolta rinunciamo a voler capire perché la mente umana possa concepire e realizzare simili misfatti. Ma al di là del dilemma angoscioso di tanta gioventù bruciata dall’odio, colpisce anzitutto il martirio rovesciato a cui si è sottoposta (se libera è davvero stata) la ragazza suicida. Essa stessa aveva di fronte un’esistenza, concretamente e diabolicamente soffocata, è proprio il caso di stigmatizzarlo, dai vaneggiamenti del jihadismo crudele.  Non possiamo pertanto rintanarci nella fatalità di un destino sordo e cieco, per farcene una sorta d’alibi, utile ad acquietare, se non addirittura narcotizzare la coscienza. Il Vangelo di Nostro Signore ci impegna, nella fede, a «far nuove tutte le cose», e dunque non possiamo sottrarci al dovere, anzitutto, di difendere la dignità della vita da chi la calpesta nei modi più turpi e blasfemi. La nostra educazione civica e religiosa ci ha portato alla comprensione, almeno ideale, dell’uguaglianza, proponendoci la massima del 'non fare agli altri quello che non vorremmo fosse fatto a noi stessi'. Questa verità è sancita dallo spirito dei nostri dettati costituzionali, della stessa dichiarazione universale dei diritti umani. Eppure, c’è una porzione di mondo, quella dei famigerati Boko Haram o dei perversi miliziani dell’Is, che ha perso del tutto i freni inibitori del cuore e della ragione.  Per questi estremisti, la rivelazione originale dell’islam è esclusiva. Dunque, sulla faccia della terra, secondo costoro, vi sono persone umane diverse tra loro, alcune accette, altre indegne: fedeli e infedeli; blasfemi e apostati; uomini e donne. Tra coloro che non meritavano il dono del respiro, secondo costoro, c’erano anche i ragazzi di Damaturu. E allora se da una parte chiediamo a Dio, con Dostoevskij, «Perché, Signore, la sofferenza dei bambini?», dall’altra parte non possiamo fare a meno di porci una questione ancora più pungente: in questo inferno di dolore, dov’è finito l’uomo? La furia jihadista, allora, non dovrà forse generare un’intesa, tra Occidente e Oriente, che condanni 'senza se e senza ma' la strumentalizzazione della religione per fini eversivi? La risposata è impellente e nessuno può farsi indietro.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: