giovedì 30 marzo 2023
Anche le start-up entrano nel settore, mentre gli influencer ordinano figli su misura. E la pratica si “normalizza
La coppia gay con madre surrogata

La coppia gay con madre surrogata - @Miracle Surrogacy

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L’ultima in ordine di tempo è Paris Hilton. Ma la lista delle celebrità del firmamento americano che hanno preso in affitto un utero per avere un bambino si allunga a Elon Musk, Sarah Jessica Parker, al giornalista star della Cnn Anderson Cooper e molti altri. Non è che un segnale dell’esplosione del mercato della maternità surrogata negli Stati Uniti, che diventa sempre più disumano, rivelando esplicitamente il lato commerciale e utilitaristico del business. A inizio mese ha fatto discutere online il video con il quale una coppia di YouTuber gay ha documentato la difficile scelta fra i 12 embrioni che avevano ricevuto da una clinica per l’impianto in una madre surrogata. Nel video, che ha raccolto oltre 4,5 miliardi di visualizzazioni, Shane Dawson e Ryland Adams, descrivono serenamente gli embrioni come «prodotti con un codice a barre». Secondo l’agenzia federale Usa per la sanità Centers for disease control, più di 18.000 bambini sono nati negli Stati Uniti da madri surrogate tra il 1999 e il 2013, e il numero sarebbe quadruplicato negli ultimi dieci anni, arrivando, si stima, a circa 5mila l’anno.

L’odore di affari ha attirato imprenditori e aspiranti tali. Sono almeno tre le società tecnologiche startup che stano sviluppando uteri artificiali (la più avanzata si chiama Gameto). A settembre è apparsa la prima applicazione telefonica, Nodal, che connette potenziali surrogate a futuri acquirenti. E le agenzie intermediarie si moltiplicano, promettendo con sfrontatezza sui loro siti bambini perfetti, del sesso prescelto e alto quoziente d’intelligenza. Una di queste, il ramo Usa dell’agenzia per la maternità surrogata a basso costo di maggior successo al mondo, New Life, sullo sfondo visivo di coppie raggianti che abbracciano bambini bellissimi (sempre bianchi), prometteva «una soluzione per tutte le aspirazioni» per soli 40.000 — meno di un terzo dei costi medi della maternità surrogata commerciale abituali negli Stati Uniti. Il sito è oscurato da un paio di settimane, dopo che un’inchiesta giornalistica ha portato alla luce violazioni etiche riguardanti il reclutamento e il trattamento delle madri e una struttura aziendale opaca che emette contratti senza valore.

Ma, nonostante le crepe che vengono periodicamente alla luce, il boom negli Usa continua, alimentato da un numero apparentemente infinito di coppie non fertili o gay senza limiti economici e grazie all’assenza di una vera regolamentazione. La legge federale Usa ignora la maternità surrogata, lasciando la materia agli Stati. Pochi di questi la vietano esplicitamente, come Michigan, Louisiana e Nebraska, mentre la pratica è consentita in California, Illinois, Arkansas, Maryland, Oregon e New Hampshire, lista alla quale si è appena aggiunto lo Stato di New York. Dove non ci sono leggi, spesso è tollerata. Ma la maggior parte dei bambini di committenti americani nascono all’estero, dove costa meno, grazie anche a un recente cambio nelle legge che riconosce la cittadinanza americana a bambini nati fuori dai confini Usa da madri surrogate se almeno uno dei due committenti ha un legame biologico con il nuovo nato. Le destinazioni più comuni sono India e Nepal, seguite da Thailandia, Russia e Georgia. Anche il Messico e parti dell’America Latina hanno registrato un’impennata.

In Georgia, come in Ucraina, i programmi di maternità surrogata commerciale costano dai 40.000 ai 50.000 dollari, mentre i prezzi in Messico salgono a circa 60.000. « In Messico stiamo vivendo di nuovo il boom della maternità surrogata, perché l’Ucraina è chiusa», spiega Ernesto Noriega, amministratore delegato e fondatore di Egg Donors Miracles, un’agenzia per la fertilità con sede a Cancun. L’industria globale della maternità surrogata commerciale valeva circa 14 miliardi di dollari nel 2022, secondo la società americana di consulenza per ricerche di mercato Global Market Insights. Entro il 2032 si prevede che tale cifra salirà a 129 miliardi di dollari. « La forza di questa industria e le sue ramificazioni internazionali non sono una novità negli Stati Uniti — spiega Katy Faust, fondatrice dell’organizzazione non profit per i diritti dei bambini Them Before Us — quello che è nuovo è che è caduto il velo dell’ipocrisia e ormai si parla senza vergogna di bambini come di prodotti di consumo e di diritti degli aspiranti genitori prima di quelli dei bambini ».

È di pochi mesi fa il caso di una coppia gay di Pasadena, in California, che ha fatto causa all’agenzia HRC Fertility perché la madre surrogata aveva partorito una bambina invece del maschio che aveva ordinato. Persino il comitato etico dell’American College of Obstetricians and Gynecologists ha assunto una posizione più sfumata sulla maternità surrogata negli ultimi anni. Dopo aver condannato l’aspetto commerciale della transazione, in una dichiarazione del 2019 ha osservato che «è importante capire che un determinato importo di compensazione può essere appropriato in alcuni scenari sociali, economici e geografici e può essere effettivamente coercitivo negli altri». La pandemia sembra aver accentuato questo rischio.

Come fa notare Debora Spar, rettrice della Harvard Business School online e autrice del libro “The Baby Business”, un prerequisito per molte agenzie è che le aspiranti surrogate siano vedove o single e che siano già madri. « A causa della pandemia, molte donne poco qualificate hanno perso il lavoro — spiga Spar —. Le agenzie cercano donne non sposate con bambini che hanno un disperato bisogno di sostegno economico e sono vulnerabili. Se i bambini sono sempre di più oggetti, le donne sono sempre di più vittime». ©

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