venerdì 2 maggio 2014
Esperti a confronto dopo il caso del romanzo con descrizioni esplicite di sesso imposto in classe. VAI AL DOSSIER
IL DIRETTORE RISPONDE Quei (doppi) sganassoni di parole
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«Sarebbe meglio lasciare da parte il protagonismo basato sulla trasgressione, per impostare con i ragazzi un lavoro serio, improntato a una progressiva e meditata informazione sul corpo, la sessualità, l’eros e l’amore». Alessandra Graziottin – quel che più diverso c’è da un’oscurantista omofoba e bigotta – critica, e anche duramente, la strategia degli insegnanti del Giulio Cesare. Che hanno imposto alle matricole un percorso formativo attraverso la lettura di testi diversi, uno dei quali ha attirato sui docenti gli strali dell’associazione Giuristi per la Vita e dell’associazione Pro Vita Onlus, che hanno denunciato i professori per diffusione di materiale osceno. Non è un’azione ragionata – e neppure ragionevole – infliggere a un quattordicenne testi espliciti sul sesso. Omosessuale o etero. E poco importa – come ha sostenuto l’autrice del testo sotto accusa, Melania Mazzucco – che su internet i ragazzi possano, e sappiano, trovare di tutto. «Conoscono tutto e non capiscono niente. Vivono una promiscuità esagerata ma senza sapere nulla dei fondamentali. L’educazione alla sessualità e alla diversità sono un’altra cosa. Leggere in classe brani trasgressivi senza prima aver dato ai ragazzi gli strumenti per comprenderli – prosegue Graziottin, direttore del centro di ginecologia San Raffele-Resnati, a Milano – equivale a consegnare loro una Ferrari senza le doverose istruzioni su come si usa il freno. Senza spiegare che cos’è un semaforo, uno stop, una precedenza». La ginecologa racconta la sua esperienza decennale di incontri sulla sessualità nelle scuole, «sempre coinvolgendo i genitori. Quel che il giorno dopo avrei presentato in classe, lo facevo vedere e ascoltare alle famiglie. Prima di tutto per ottenere un consenso veramente informato e consapevole, ma soprattutto perché riconoscevo a quelle mamme e a quei papà un ruolo educativo cardinale, e volevo che fosse possibile per loro riprendere il discorso con i figli, a casa. Consegnavo ai genitori gli strumenti per un’autorevolezza completa, perché potessero rinforzare e integrare quel che era stato detto in classe».Di tutto questo gli insegnanti del Giulio Cesare, con i quali si è schierata a spada tratta il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, se ne sono fatti un baffo. Poco importa al ministro, che confessa di non aver letto il libro ma si dice convinta – in un’intervista su Repubblica – che quei docenti abbiano agito «in modo assolutamente corretto» mettendo in campo un lavoro «approfondito e serio». «Il rapporto tra compito educativo dei genitori e missione degli istituti scolastici – sostiene Alberto Gambino, direttore del Dipartimento di Scienze Umane dell’Università Europea di Roma – si regge su un rapporto fiduciario delicato e condiviso, che richiede la compartecipazione delle famiglie ogniqualvolta verta su contenuti pregni di valenze morali, fondamentali nella definizione della personalità degli studenti». Diritti dei genitori, diritti degli insegnanti. E i diritti dei ragazzi a veder rispettato il proprio personale tempo di crescita? A 14 anni ci sono intensità di maturazione diverse, sempre che di maturazione a quell’età si possa parlare. «Viene da chiedersi, a questo punto, quali siano le minoranze da non discriminare»: da educatrice qual è, impegnata da sempre con i ragazzi, suor Roberta Vinerba va al cuore della questione. «Un conto – spiega – è sapere che i ragazzi cercano e trovano su internet materiale di ogni genere. Un altro è che sia un professore a mettergli davanti una scena esplicita di sesso». Perché un docente dovrebbe mirare in alto, optare per una cultura del bello e del buono – da non confondersi con lo zuccheroso e il gradevole –  capace di stimolare la crescita interiore. «Se il docente si allinea alle situazioni che i ragazzi vivono tra pari – continua suor Vinerba – è perdente. Deve essere mantenuta l’asimmetria del rapporto tra insegnanti e studenti, senza ammiccamenti. C’è un tipo di linguaggio che come scuola non è opportuno passare ai ragazzi perché l’ambito educativo deve sempre distinguersi dall’ambito dei pari». La scuola, quindi, ha il dovere di proporre una parola differente, altra e alta: è una sua precisa responsabilità. Secondo la psicoterapeuta Maria Rita Parsi «la prima precauzione è formare i formatori, genitori, educatori e operatori della comunicazione di massa. La lettura può educare alla sessualità ma l’approccio con il libro della Mazzucco doveva essere diverso. È l’ennesima opportunità educativa che va sprecata».
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