martedì 10 gennaio 2017
Il caso giudiziario legato al disagio di un preadolescente cresciuto in una famiglia fortemente conflittuale diventa pretesto per parlare di «diritti gay». Ma la presidente del Tribunale frena
13enne allontanato da famiglia. «Ma l'omosessualità non c'entra»
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«Un attentato ai diritti gay». Una deputata Pd, Ileana Argentin, pronta a fare lo sciopero della fame e a costituirsi parte civile perché «la diversità venga riconosciuta come uno status e come una colpa». Un altro deputato, sempre Pd, Alessandro Zan, che presenta un’interrogazione urgente al governo.

E la senatrice Monica Cirinnà – non c’è bisogno di presentazioni – che se la prende addirittura con Padova, «dove c’è un ambiente particolarmente ostile, negativo, un po’ bigotto, un po’ moralista».

Perché a Padova è il teatro di una vicenda spiacevole, anche se tutt’altro che inconsueta. Una separazione conflittuale di cui la vittima autentica, come spesso capita, è diventato un ragazzino tredicenne che chiameremo Marco, conteso dai genitori a colpi di atti giudiziari. La vicenda va avanti da alcuni anni, tortuosa e complessa, con tutto il carico di sofferenza e di incomprensioni.

L’ultimo atto, per ora, è un decreto del Tribunale per i minorenni di Venezia che dispone l’allontanamento del tredicenne dalla famiglia in cui vive con la madre e due sorelle più grandi, già laureate. Il padre, dopo la separazione avvenuta nel 2007, abita altrove. I giudici ordinano «il collocamento del minore in idonea comunità, preferibilmente terapeutica, lontano dal territorio di appartenenza» e la sospensione dei rapporti con i genitori. Proprio contro questo atto giudiziario si sono scatenati gli attacchi politici, nella convinzione che il tredicenne abbia subito il provvedimento per il suo orientamento omosessuale.

L’avvocato difensore della madre di Marco, Francesco Miraglia, legale di grande esperienza, ha dato fuoco alle polveri sottolineando un passaggio del decreto che, descrivendo i problemi del ragazzino, parla di «difficoltà di identificazione sessuale, tanto che in alcune occasioni era andato a scuola con gli occhi truccati, lo smalto sulle unghie o brillantini sul viso». Nessun accenno ai contenuti delle altre cinque pagine.

Ma l’avvocato fa il suo mestiere e sa che arrivare alla nuova udienza, fissata il 17 gennaio, sulle ali di una polemica costruita su un tema come quella dei diritti gay, non potrà che giovare ai suoi fini.

Basta però leggere il testo integrale del provvedimento firmato dalla presidente del Tribunale. Maria Teresa Rossi, per rendersi conto che i problemi di Marco sono ben altri. La relazione dei Servizi sociali, citata ampiamente nel testo, parla di «problematiche relazionali profonde, segnali di disagio psichico, seri problemi di inserimento sociale, limitate competenze relazionali, cali di attenzione e concentrazione, alta suggestionabilità, aspetti regressivi e aggressivi, stato generale disadattivo e disfunzionale».

In questo quadro preoccupante, il fatto che il ragazzo mostri «atteggiamenti effeminati in modo provocatorio» si deve attribuire a un orientamento sessuale già definito (a 13 anni?) oppure una personalità disturbata di un minore che – come scrivono i giudici – è «usato come strumento del conflitto di coppia»?

A troncare le polemiche è intervenuta anche la presidente del Tribunale: «Non allontaniamo un minore dalla famiglia perché ha un atteggiamento effeminato. Non facciamo discriminazioni di natura sessuale. Il nostro interesse riguarda il comportamento complessivo di un minore e l’adeguatezza dei genitori a svolgere il proprio ruolo».

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