giovedì 20 dicembre 2012
​Da Parigi a Londra, da Berlino a Sydney a Dublino, camere elettive e corti penali si stanno confrontando con domande sul fine vita che sembrano portare verso la legalizzazione della morte a richiesta.
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In Europa i battistrada Belgio e Olanda proseguono la loro marcia nel solco, sempre più ampio, tracciato con la legalizzazione dell’eutanasia nel 2002. Recenti statistiche relative all’applicazione delle rispettive leggi mostrano numeri in costante aumento. In Belgio si sta ora discutendo in Parlamento la proposta del Partito socialista di porre volontariamente fine ai propri giorni per minori e malati di Alzheimer. L’idea è quella di «tenere conto in modo migliore di situazioni drammatiche per le quali si deve trovare una risposta». Le discussioni sulla fine della vita sono da tempo molto accese anche al Bundestag in Germania. L’eredità dell’epoca nazista, l’eliminazione seriale di disabili e malati di mente attuata con il famigerato programma Aktion T4, è pesantissima, ma non costituisce un freno per l’attività nelle aule parlamentari e di tribunale. Nel 2010 fu il caso di Erika Küllmer, anziana in stato vegetativo, ad animare il dibattito. La vicenda si concluse con l’assoluzione di Wolfgang Putz, l’avvocato che aveva consigliato alla figlia della donna di recidere il sondino dell’alimentazione per far morire la madre. Quest’anno, a fine luglio, la Corte europea dei diritti umani ha riconosciuto i danni procurati a Ulrich Koch, un uomo che aveva denunciato il governo tedesco per la mancata fornitura delle dosi letali di medicinali con le quali la moglie intendeva uccidersi. Adesso si discute della proposta di legge promossa dal ministro della giustizia dei liberali del Fdp Sabine Leutheusser-Schnarrenberger. Se dovesse passare la legge, verrebbe depenalizzato il suicidio assistito in forma privata, fermo restando il divieto per i medici di procurare la morte per i pazienti.
 
In Francia il presidente Hollande aveva inserito nel proprio programma elettorale il diritto all’assistenza medica per una morte dignitosa in determinate condizioni. Ora – come ha riferito ieri Avvenire, è stato pubblicato il rapporto della Commissione nominata dallo stesso Hollande per occuparsi di eutanasia e suicidio assistito e presieduta da Didier Sicard. I contenuti del documento destano preoccupazione soprattutto per quanto riguarda la «sedazione terminale» in caso di interruzione delle cure, pratica che potrebbe aprire le porte al suicidio assistito. La Commissione conferma l’importanza della legge Leonetti, testo in vigore in Francia e che non consente di praticare l’eutanasia, definita nello stesso testo elaborato da Sicard e dagli altri membri un atto «radicale» da evitare.
Anche oltremanica l’impegno a favore dell’eutanasia non conosce sosta. In Inghilterra sono in vigore da tempo le linee guida varate dal direttore della Procura generale, Keir Starmer, secondo le quali l’aiuto a morire costituisce reato solo se si trae vantaggio economico dalla morte del suicida. Di tali misure hanno beneficiato i parenti di coloro che hanno deciso di recarsi in Svizzera per essere assistiti durante il suicidio: tra essi, nessuno è stato oggetto di indagini. Ha recentemente destato stupore, poi, quanto emerso da un’indagine condotta in 178 ospedali pubblici relativamente al Liverpool Care Pathway, un protocollo medico applicato nell’ambito della fine della vita: a migliaia di pazienti sarebbero stati interrotti i sostegni vitali e per molti di loro si sarebbe proceduto a sedazione fino a causarne la morte. Secondo i critici, si tratterebbe di un modo clandestino di praticare l’eutanasia.
In Irlanda è la battaglia di Marie Fleming a costringere le istituzioni a prendere in considerazione la legalizzazione del suicidio assistito. La signora, affetta da sclerosi multipla dal 1986, si sta battendo affinché le sia riconosciuto il diritto di morire aiutata dal compagno senza che quest’ultimo incorra in sanzioni penali. Marie Fleming sostiene che la legge che vieta il suicidio assistito sarebbe incostituzionale, poiché discriminatoria nei confronti dei disabili. Anche Canada e Australia sono alle prese con vicende che potrebbero portare al via libera all’eutanasia. In Canada è il caso di Hassan Rasouli ad essere al centro dell’attenzione. L’uomo respira grazie a un ventilatore che i medici vorrebbero staccare contro la volontà della famiglia. I giudici si dovranno esprimere circa la possibilità di interrompere trattamenti anche senza il consenso del diretto interessato e dei familiari. In Australia due Stati federali, il Territorio del Nord e l’Australia del Sud, si apprestano a discutere leggi che intendono introdurre l’eutanasia legale, mentre in Tasmania è atteso un rapporto ufficiale che pare indirizzato a sostenere la necessità di aprire alla "buona morte". Negli Stati Uniti, infine, dopo l’apripista Oregon nel 1998 sembra il turno del Vermont. Il governatore democratico Peter Shumlin ha annunciato che nel 2013 il suicidio assistito diverrà legale.
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