sabato 22 settembre 2012
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Fin troppo facilmente prevedibile: «Il 78% dei familiari di chi ha una grave cerebrolesione acquisita non ha mai pensato che sarebbe stato meglio morisse». E a chi è successo, l’ha pensato «quando ha capito che sarebbe rimasto gravissimo o quando lo vedeva soffrire». Lo raccontano i risultati del Questionario sulle problematiche delle gravi cerebrolesioni acquisite, una ricerca unica del suo genere e fatta realizzare dalla "Fondazione don Carlo Gnocchi" con la "Rete - Associazioni riunite per il trauma cranico e le gravi cerebrolesioni acquisite" e con la "Federazione nazionale associazioni trauma cranico". Si basa sulle risposte di 470 famiglie (299 residenti al Nord, 120 al Centro e 51 al Sud).Boom delle spese mediche. Il quadro è a tinte abbastanza fosche e nemmeno troppo differenti dal punto di vista geografico. «Il costo economico maggiore» sostenuto da queste famiglie «sono le spese mediche e per farmaci», che però va messo insieme alla «perdita di guadagno del familiare o del paziente» e a diverse altre spese. L’80,95% di queste famiglie, ad esempio, ha dovuto realizzare grossi «adattamenti alla casa».Si resta da soli... Le relazioni sociali «si sono ridotte o perse in più del 60% dei casi», annota la Ricerca. E «sono gli amici e le associazioni che offrono più opportunità di socializzazione», seguite dalle «parrocchie» e dal «territorio».E preoccupati. Ma quali sono gli stati d’animo prevalenti nei familiari? «Affaticato» e «preoccupato», rispondono soprattutto. Risposte che sono l’amara conseguenza di quelle ad un’altra domanda precedente: qual è la preoccupazione maggiore? «La sorte futura del nostro caro» e «la sensazione di abbandono».Buone informazioni, ma scarse. Secondo le famiglie «migliorano le informazioni alla dimissione» del loro caro dall’ospedale, però «sono insufficienti sul territorio» e così «il 57% sente il bisogno di cercare altre fonti». Nel frattempo, i mezzi di trasporto «sono garantiti da famiglia e volontari» (con questi ultimi che però «prevalgono nettamente al Nord). Tocca a famiglia e paziente. L’amore e la reattività (almeno quando questa è possibile) continuano a sembrare la terapia decisiva, poiché «l’impegno dei familiari e di chi ha una grave cerebrolesione acquisita sono considerati più rilevanti nel recupero», che è «solo favorito dalla riabilitazione».Sebbene una «ridotta percentuale riprenda una attività produttiva (il 7,8%) e una attività parziale (il 6,7%)», mentre «l’80% rimane inattivo».Il nucleo familiare tiene. La famiglia «"tiene" sufficientemente" – raccontano infine i risultati del Questionario –, ma nei lunghi periodi quella "acquisita" perde terreno».Supporti assistenziali sufficienti. Sul fronte dei «supporti assistenziali» ci sono invece alcune luci, poiché le famiglie li giudicano «sufficienti, molteplici e prolungati nel tempo» e includono «anche gli ausili». E più del 90% di chi ha subito una grave cerebrolesione «percepisce una pensione d’invalidità».
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