giovedì 13 ottobre 2022
Fare crescere un mini-organo in laboratorio e inserirlo in un topo aiuta a studiare le malattie, ma può "umanizzare" l'animale. Neuroni collegati a un software possono imparare da soli a guidarlo...
Un organoide di topo

Un organoide di topo - Wikimedia Commons

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Le chimere sono leggendarie creature mitologiche formate da parti di animali diversi. La ricerca biomedica che ha fatto proprio questo termine sperimenta l’inserimento di cellule umane in altre specie per studiare i meccanismi di sviluppo e cercare nuove cure laddove tale procedura non può essere condotta sui nostri simili.

Una delle frontiere più promettenti ma anche più dibattute dal punto di vista etico è quella che coinvolge gli organoidi cerebrali. Si tratta di modelli tridimensionali dell’encefalo fatti crescere in laboratorio (per la prima volta nel 2013), fino alla dimensione di alcuni millimetri di diametro. Dopo alcuni mesi, questi “mini-cervelli” riproducono con una discreta approssimazione i diversi tipi di cellule nervose e l’architettura dell’encefalo. Ma non sviluppano i vasi sanguigni né gli apparati sensoriali. Ciò ne abbrevia la vita e li limita come modelli di ricerca.

Di qui l’idea di impiantarli in topi e scimmie, per fare sviluppare la vascolarizzazione e verificare la potenziale integrazione con le cellule del ricevente. I primi tentativi hanno dato buoni risultati, dimostrando che le cellule umane possono prosperare nel nuovo ambiente e sopravvivere per l’intera esistenza dell’animale. Dal gruppo di Sergiu Pasca, a Stanford, uno dei più attivi in questo settore, si segnala ora che organoidi cerebrali umani inseriti nella corteccia somato-sensoriale del cervello di un topo appena nato sono maturati e divenuti parte integrante dei circuiti neuronali deputati a ricevere ed elaborare informazioni sull’ambiente. E sono arrivati a costituire oltre il 15% dei tessuti complessivi.

Sembra dunque che le cellule umane siano in grado di modulare l’attività dell’organismo ricevente e di guidarne, almeno parzialmente, il comportamento. Questo risultato, pubblicato su Nature solleva interrogativi circa l’“umanizzazione” dei modelli animali, con la possibile creazione di entità biologiche dallo status morale e legale sempre più incerto secondo i criteri attuali.

Tanto più che la ricerca sugli organoidi va sempre più veloce. Un agglomerato di 800mila neuroni umani e murini (il nostro cervello conta circa 86 miliardi di cellule nervose) fatti crescere su microelettrodi ha “imparato” a giocare a Pong, noto videogame di prima generazione che simula una partita a ping pong. L’“organoide” collegato con un computer riceve input diversi secondo il successo nel colpire la pallina e di conseguenza migliora la propria prestazione nella partita.

Nell'esperimento, detto DishBrain, condotto nei Cortical Labs di Melbourne, le reti neurali in vitro di origine umana o murina sono integrate con l'elaborazione in silico. Attraverso la stimolazione e la registrazione elettrofisiologica, le colture sono inserite in un ambiente di gioco simulato. I ricercatori hanno riscontrato un apprendimento evidente già dopo cinque minuti di collegamento con il Pong, un apprendimento non osservato in condizioni di controllo. Le colture di neuroni (non organoidi in senso pieno) mostrano la capacità di auto-organizzare l'attività in modo mirato in risposta alle scarse informazioni sensoriali ricevute sulle conseguenze delle loro azioni.

La modificazione della propria attività per uno scopo, pur in assenza di consapevolezza, è uno dei marchi dell’intelligenza. E organoidi “intelligenti”, come quelli descritti nell’articolo apparso su Neuron, chiedono probabilmente una riflessione etica aggiuntiva. Se da un lato si tratta solo di un agglomerato di cellule, che non simula nemmeno l'organizzazione del cervello, dall'altra, un'entità che realizza un comportamento intelligente e che può potenzialmente interagire in modo finalistico con l'essere umano si candida ad avere uno status particolare. Programmi di computer fanno già questo, quindi l'analogia potrebbe essere con macchine sempre più sofisticate, anche se qui stiamo parlando di un'entità organica "vivente" e molto semplice. ​

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